Fabbrica di gomma in fiamme a Genova
Fabbrica di gomma in fiamme a Genova Fabbrica di gomma in fiamme a Genova L'incendio, scoppiato a mezzogiorno, ha tenuto impegnati i pompieri fino a sera inoltrata - 200 milioni di danni: tra l'altro sono state distrutte 100 tonnellate di caucciù Genova, lunedì mattina. Danni valutati a circa duecento milioni sono stati provocati da un gigantesco incendio scoppiato ieri intorno a mezzogiorno in una grande fabbrica di prodotti di gomma, la Soc. An. « Gamberini », che ha sede in un edificio di sei piani sito sulla collina di Nostra Signora del Monte, nel quartiere di San Fruttuoso: per fortuna non si lamentano danni alle persone, anche se la polizia, per norma prudenziale, ha fatto sgomberare gli inquilini di quattro stabili adiacenti la fabbrica. Alle 12,15 di ieri il guardiano della « Gamberini » aveva appena terminato di compiere il suo giro di ispezione nei sotterranei dell'edificio, quando veniva avvertito da due ragazzi che un sottile filo di fumo denso e scuro stava uscendo da uno dei finestroni dell'ultimo piano: il guardiano si precipitava a telefonare ai vigili del fuoco, mentre altre chiamate giungevano alla caserma di corso Maurizio Quadrio da parte di alcuni abitanti della zona, che avevano notato il fumo allargarsi nel cielo e salire verso l'alto formando un allarmante «fungo» già visibile da diverse parti della città. La fabbrica della società « Gamberini » (l'unica in Liguria a compiere la completa lavorazione della gomma, dalla materia prima al prodotto finito) è sita in via Berghini; si tratta di un edificio lungo 60 metri e largo 25 con una cubatura di 14.000 me. e il retro dello stabile si allunga su via del Rovare. Quando tre squadre di vigili del fuoco (complessivamente trentacinque uomini agli ordini dell'ing. Boccardo e del maggiore Lo Basso) giungevano sul posto, il grosso edificio era già completamente avvolto da un fumo nerastro, mentre lingue di fuoco si scorgevano a tratti paurosamente oltre i cristalli dei finestroni dell'ultimo piano: lassù infatti era stata sistemata di recente parte del materiale grezzo, circa 100 tonnellate di caucciù. I vigili del fuoco mettevano subito in azione le pompe: purtroppo, dato che la zona è in collina, l'acqua giungeva a mala pena e l'opera di spegnimento veniva resa assai difficoltosa. Una squadra di pompieri intanto cercava di sgomberare i diversi piani dello stabile, liberandoli in fretta di scaffalature e macchinari, ma le fiamme riuscivano ugualmente in breve a diffondersi a tutto il deposito di caucciù e, mentre il «fungo» di fumo saliva ancora più paurosamente verso il cielo, ormai visibile da ogni punto di Genova, crollava il tetto dell'edificio travolgendo anche i muri del penultimo piano. L'opera di spegnimento proseguiva per tutto il pomeriggio; i pompieri combattevano a lungo contro il fumo e il calore intenso e riuscivano, a prezzo di durissimi sforzi, a circoscrivere le fiamme, data la materiale impossibilità di estinguerle; verso le 16 l'incendio si propagava anche a parte del quarto piano, ove erano sistemati macchinari e scaffalature, e al tempo stesso carabinieri e agenti del pronto intervento, agli ordini del vicequestore' dott. Naccarato, giungevano sul luogo e si disponevano in cordone attorno a tutta la zona mantenendo un accurato servizio d'ordine. La opera di spegnimento proseguiva con alterne vicende fino a sera inoltrata. I vigili del fuoco rimarranno sul posto anche stanotte. Da un primo, affrettato bilancio i danni dell'incendio si fanno ascendere, come si è detto, a circa duecento milioni di lire: a novanta milioni ascenderebbe il valore del caucciù andato distrutto dalle fiamme, mentre in un centinaio di milioni si calcolano I danni riportati dall'edificio, che era di proprietà della società « Gamberini », la più grossa azienda del genere in Liguria, che dà lavoro a ottanta operai ed a diciotto impiegati. Risulterebbe che i proprietari dell'azienda siano soltanto parzialmente assicurati; non si conoscono ancora i risultati dell'inchiesta immediatamente aperta per stabilire le causa dell'immane rogo, ma si ritie ne che l'incendio debba essere attribuito a un corto circuito.
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