Possono le gestanti re parte delle giurie?

Possono le gestanti re parte delle giurie? Interessante questione sollevata a Napoli da un penalista Possono le gestanti re parte delle giurie? Dopo un processo per assassinio (conclusosi con una condanna all'ergastolo e due a trenta anni) la Difesa sostiene essere nullo il giudizio perché una delle due giurate èra prossima U diventare madre - Questo stato, secondo la scienza medica, determinerebbe alterazioni della sfera intellettiva e affettiva - Della questione investiti i giudici delle Assise d'Appello ed eventualmente la Corte Costituzionale - Una arguta battuta attribuita a De Nicola Onl nostro cofrisfionUcntc Napoli, lunedì mattina. In piena opposizione a quanto è stato recentemente sostenuto innanzi a talune Assise (per esemplo a Milano e a Pavia) ove si è sollevato il problema della incostituzionalità dell© norme che regolano il funzionamento di quelle Corti, in quanto la limitazione dei giudici di sesso femminile è ih contrasto con la lettera e lo spirito degli articoli 3 e 51 della Carta Costituzionale, un interessante quesito è stato posto ai giuristi da un avvocato, il penalista Vincenzo Siniscalchi, che sostiene, invece, un principio esattamente diverso, condensato nell'arduo quesito: può una donna chiamata a giudicare assolver© normalmente tale delicato, difficile compito, se si trova in stato interessante? il problema impostato dal penalista costituisce uno dei motivi nell'appello da lui fatto dinanzi alle Assise di secondo grado per un grave e sensazionale processo: quello che vide sul banco degli imputati la banda responsabile degli agguati agli emigranti, organizzati in una villa affittata per questo macabro scopo a Santa Maria La Bruna, contrada di Torre del Greco. Un emigrato, Luigi Sorrentino, espulso come < indesiderabile » dagli Stati Uniti (ove aveva scontato, fra l'altro, vent'anni per omicidio nel penitenziario di Sing Slng), allo scopo di accumulare una grossa somma, mise su una gang che doveva attirare nelle sue spire quanti, impossibilitati ad espatriare legalmente, desideravano andare in America come clandestini. Nella villa fu preparato un autentico laboratorio con seghe, coltelli e preparati chimici per sezionare e successivamente dissolvere i cadaveri delle, vittime. Fu così che un giovane ventenne, Antonino Passalacqua, da Cinisl (Palermo) venne ucciso. La stessa fine avrebbero fatto suo fratello Rosario e il cugino Paolo Ventimiglia, se quest'ultimo, colpito per errore da una martellata alla spalla, che doveva, invece, sfondargli 11 cranio, non fosse riuscito a fuggire, dando l'allarme e facendo accorrere i carabinieri. Il processo si concluse il 28 aprile scorso con la condanna all'ergastolo dt Luigi Sorrentino e del suo principale complice Ciro Condito, mentre venivano inflitti trent'enni ad Antonio Romagnuolo, difeso appunto dal Siniscalchi. La Corte, in cui erano due donne, stette undici ore in camera di consiglio. Una delle , due giurate era la professoressa Luisa Grazioso, che era in stato di avanzata gravidanza, tanto che non molto tem po dopo, ad Acerra, dove abita in via Annunziata 58, dette alla luce un bambino. E questo è proprio il principale motivo che ha avanzato la difesa per sostenere la nullità di giudizio, ai sensi dell'art. 185 del Codice di procedura penale che stabilisce, fra le nullità insanabili e assolute, quelle che riguardano « i requisiti di capacità del giudice ». Riferendosi alla norma che, modificando il funzionamento della Corte d'Assise, vi intro duceva come giudici popolari le donne, la difesa osserva « La legge in questione prevede sì questo caso (cioè quello della gravidanza) ma sólo come legittimo motivo di asten sione, a facoltà della persona interessata; ma il problema che occorre risolvere è un al tro: « Può la donna in cui sia cominciato il travaglio della gestazione, seguire normalmente un processo, specie quando esso sia particolarmente macabro, e dare un regolare giudizio? ». E così prosegue: «La letteratura medica, e precisamente ostetrico-ginecologica, dice concordemente che, nel periodo antecedente di tre mesi il parto, si determina nella gestante una alterazione dell'ideazio ne e della sfera affettiva, che si traduce in un orientamento quasi esclusivo verso il nascituro, con la conseguente preoccupazione derivante dalla prodigiosa evoluzione che com. pie il feto nel corpo della don na. Ciò indipendentemente dal fatto che queste alterazioni della sfera intellettiva e affettiva giungono, a volte, a forme patologiche per l'insorgere di tossicosi. Come,, dunque, è possibile che una donna in stato di gravidanza possa normalmente giudicare quando poi viene sottoposta ad autentico trauma psichico col dover rivivere una vicenda criminale di particolare efferatezza dovendo talvolta esaminare per l'indispensabile conoscenza dei fatti, delle documentazioni fotografiche eseguite dagli uffici segnaletici e di polizia scientifica?». Nel documento esibito ai giudici delle Assise di appello, la difesa chiede che qualora la Corte non si ritenga competente a decidere la grave questione, riflettente non soltanto una nullità processuale, ma addirittura una lacuna del. la legge costituzionale, il quesito stesso sia trasmesso alla Corte Costituzionale, per pren dere in esame e giudicare il caso sollevato. Il problema posto viene se gulto con il più vivo interesse dagli ambienti giudiziari napoletani, ove si ritiene che es so potrebbe portare all'esclusione definitiva delle donne dalla «magistratura togata» e, comunque, a una modifica della loro partecipazione alle giurie popolari, nel senso, cioè, che, se oggi un giudice popolare di sesso femminile; in stato interessante, può declinare l'invito, domani esso, trovandosi in quelle condizioni, dovrebbe astenersi di rigore. E ciò perché l'accertamento, sia pure posteriore, che una sentenza fu emessa da una Corte in cui vi erano più donne, o una sola donan, in condizioni di gravidanza, potrebbe essere causa di nullità. Analizzando la interessante questione, un settimanale specializzato, La Corte, intitolalo scritto: < De partu judlcis »,' e vale la pena di riferire l'ironica battuta attribuita in merito a Enrico De Nicola. L'illustre giurista, richiesto di un parere sul problema, avrebbe detto: «Una volta nelle aule di giustizia sì andava solo con 11 Codice. Ma il progresso ha le sue esigenze, e adesso bisognerà munirsi anche un'altra cosa: la provetta del laboratorio ». • Crescenzo Guarino

Luoghi citati: Acerra, America, Milano, Napoli, Palermo, Pavia, Stati Uniti, Torre Del Greco