Un ingegnere massacra due dei snoi bimbi e con l'ultimo in braccio si getta dal 6° piano

Un ingegnere massacra due dei snoi bimbi e con l'ultimo in braccio si getta dal 6° piano Orrendo dramma della pazzia: un padre ha ucciso I tre figli e si è dato la morte Un ingegnere massacra due dei snoi bimbi e con l'ultimo in braccio si getta dal 6° piano Non uno si è salvato dalla strage: anche il figlioletto maggiore raccolto agonizzante è spirato dopo due ore - Il professionista da luglio aveva lasciato il lavoro per disturbi nervosi - Ieri mattina l'improvviso ritorno dalla campagna - Alle 10 entra nell'alloggio di via Oialdini mentre la moglie è dalla pettinatrice - Allontana la cameriera, scende a prendere l'estintore dell'auto e con esso infierisce sui figli - Poi toglie dalla culla il più piccolo dì sette mesi e con luì si lancia dalla finestra - La giovane madre apprende la tragedia mentre torna a casa ed è colta da collasso Verso le 10 di ieri l'ing. Michele Poliedro dì 33 anni tornava in macchina dal suo paese natio, Piova Massaia, dove aveva trascorso un periodo di riposo. Fermava l'auto davanti alla casa di via Cialdini 26, angolo via Saffi e scendeva con aspètto normale e disinvolto. La custode, signora Merlo, lo salutava e l'ingegnere rispondeva con un cenno della testa e . un lieve sorriso. Aveva la faccia di un uomo triste, ma tranquillo. La custode lo vedeva sparire nell'ascensore. Il Poliedro un minuto dopo entrava nel aignorile alloggio al sesto piano e gli correvano incontro due dei suoi tre figli: Alberto d'i cinque anni e Franco di due e mezzo che lo chiamavano festosamente, mostrandogli alcuni giocattoli e spiegandogli, tra strilli e risate, cosa stessero facendo. Il terzo figlio. Giancarlo di sette mesi dormiva nella culla. — La signora non c'è? — domandava l'ingegnere. — E' uscita alle nove, è andata dalla solita pettinatrice di via Palmieri — rispondeva la cameriera, Marta Deiana di vent'anni — tra un'ora dovrebbe esser qui. — Bene bene — diceva il Poliedro. Si .levava la giacca, la' deponeva su una poltrona, restava per un attimo pensieroso. Poi si rivolgeva alla Deiana e con estrema gentilezza la pregava di scendere e di comprargli due carte da bollo da 100 lire. Si frugava in tasca, porgeva gli spiccioli. Era calmo, le mani non gli tremavano. La cameriera usciva. Subito dopo usciva anche l'ingegnere. Scendeva in istrada, apriva l'auto, prendeva l'estintore. Quando passava davanti alla portineria aveva il viso aggrottato. Risaliva nell'appartamento. Alberto e Franco erano presumibilmente sul balcone della camera da letto che si divertivano a far correre un pàio di pattini a rotelle, una locomotiva di latta e tre o quattro automobiline a molla. Il padre li faceva rientrare. I bambini obbedivano e dal balcone passavano nella stanza da Ietto e poi nel corridoio, se guendo il papà e sempre te nendo i giocattoli in mano. In corridoio, davanti alla porta del bagno l'ingegnere colpiva Alberto al capo, servendosi dell'estintore: il colpo tremendo spaccava il cranio del bimbo con fuori-uscita di mate ria cerebrale. Mentre Alberto si accasciava sul pavimento in una pozza di sangue, il padre si scagliava con furia selvaggia sull'altro, su Franco. Gli schiac ciava la testa usando l'estinto re come una clava; dopo di che gli strappava di dosso il golfi no. glielo attorcigliava attorno al collo e lo strangolava. Infine prelevava dalla culla Giancarlo e stringendoselo contro il petto correva nel bagno, montava sul bidè, scavalcava il davanzale e si gettava nel vuoto, senza un grido. Padre e figlio si sfracellavano nel cortile, di fronte alla porta a vetri dell'androne. Il tonfo veniva inteso da un operaio, Renzo Mocca di 20 anni che Btava lavorando nell'attiguo cortile di via Saffi 8. Il Mocca — la cui madre, quattro mesi fa è morta per una ciduta dal balcone — guardava tra le sbarre dell'inferriata e subito dava l'allarme, a gran voce. Seguiva una confusione indescrivibile. Grida, esclamazioni di raccapriccio, sbattere di porte e di finestre. Arrivavano dieci telefonate alla Croce Rossa, alla Croce Verde, alla polizia. I.i per li si pensava ad una disgrazia, « S'è affacciato col bambino in brac-1 ciò, s'è sporto troppo!...». Ma' in quello rientrava la cameriera. La informavano, le dicevano: «Corra su, vada a tener compagnia agli altri due bambini... soprattutto che non vedano! ». La Deiana s'avventava nell'alloggio e di lì ad un attimo ne usciva barcollando e urlando, bianca in faccia, con gli occhi stralunati. «Morti... i bambini morti... tutti e due... tanto sangue...». Non c'è .persona che riesca I a tenere la testa a posto. Molti | scappano, con il viso tra le l mani. La casa risuona di grida strazianti. Dall'ufficio di P. S. di zojia giunge il commissario dott. Puma, che rie-1 sce in breve a prendere il con-1 trollo della situazione. Ecco vbrtzsVdsrmdsi una macchina della Mobile con il dott. Valerio e il brigadiere Ali. In quello rientra nello stabile un inquilino, il dott. Della Valle, che è medico e che compie un rapido esame dei quattro corpi. Franco e Giancarlo sono morti; Alberto respira debolmente; il padre è agonizzante. Il dott. Valerio non perde tempo: avvolge Alberto in una coperta e si fa portare alla massima velocità al Maria Vittoria. Lo segue il sottufficiale Ali che regge il corpo di Franco che qualcuno ha ritenuto ancora in vita. Il dott. Morbidelli del pronto soccorso fa ricoverare Alberto al reparto ortopedia: per Franco non c'è più nulla da fare. Accorrono il primario prof. Re, il dott. VassoneJ, la dott.ssa Bruno e il dott. Rossi. Si tenta un intervento chirurgico. Ma pochi minuti prima delle 13 il bimbo muore in camera operatoria. Nella macchina della polizia è rimasta la coperta insanguinata e un'automobilina rossa che il piccolo, durante il tragitto, stringeva ancora nella mano destra. Anche il padre, con un'ambulanza, viene portato al Maria Vittoria: frattura del cranio, rottura della spina dorsale, lesioni interne. Muore un quarto d'ora dopo. Sul posto, intanto, è arrivato il vice-questore dott. Leone, il dott. Maugeri capo della Mobile e il dott. Sgarra. E mentre si iniziano le prime indagini e la folla davanti alla casa aumenta sempre più, rincasa la signora Rinalda Vitagliani in Poliedro di 29 anni. La signora è uscita da un quarto d'ora dal negozio della pettinatrice Maria Novero di via Palmieri 24. E' una giovane, graziosa donna e cammina in fretta. Alla pettinatrice ha detto: «Devo sbrigarmi. Alle undici Giancarlo reclama la pappa ». Da corso Francia svolta in via Saffi. Comincia a scorgere la folla che ingombra l'incrocio di via Cialdini. Turbata, crede ad un incidente stradale. Man mano che s'avvicina, s'accorge che c'è qualcosa di strano: tutti la guardano con spavento, con pietà, con dolore. Accelera il passo. Le viene incontro il coinquilino dott. Della Valle, la circonda no funzionari e agenti di P. S. « Signora, cerchi di farsi forza —, le dicono — è accaduta una cosa molto, molto gra ve... ». La Poliedro grida « Dove sono i miei bambini? Dov'è mio marito? ». A brandelli faticosamente, le rivelano la verità. Geme, singhiozza, sem bra che stia per svenire. Poi si riprende. Trema convulsamen te, ma non pianga più. A mez zogiorno è mezzo chiede di essere accompagnata al Maria Vittoria. In quel momento medico di turno al pronto soccorso è il dott. De Nardo. Dottore — dice la signora in tono soffocato ma fermo — so che mio marito e due dei miei figli sono morti... Ma so anche che Alberto è ancora in vita. Dov'è? — Nel reparto ortopedia — risponde il dott. De Nardo — lo stanno operando. — Vogii0 vederlo. Sono forte, resisterò a qualunque cosa. Ma voglio vederlo mentre è vivo. La signora corre al reparto ortopedia. Non la lasciano en¬ trare nella sala operatoria, la fanno passare in una stanza d'aspetto. Il bambino è mjrto da un minuto o due. Le tre salme (la quarta, quella di Giancarlo è stata direttamente trasportata da via Cialdini agli Istituti del Valentino) vengono pietosamente composte nella camera mortuaria del pronto soccorso. Più tardi, nel corso del pomeriggio, la signora Poliedro, assieme al padre e alla sorella, si reca a visitarle. | Pallidissima, con gli occhi spenti, senza lacrime, sosta a lungo; e prima di uscire fa | una carezza al marito. Sino a ■..Tda sera è un continuo pellegrinaggio: centinaia e centinaia di persone che sfilano nella camera mortuaria. Inginocchiate sul pavimento le suore pregano sommessamente. La signora Poliedro, prima delle 20, vorrebbe tornare. Ma i congiunti, dolcemente, si oppongono. Ed essa li segue nel¬ l'alloggio dei genitori, disfatta, muta, incapace di parlare e di pensare. L'inchiesta condotta dal dott. Puma cerca di chiarire il perché della tragedia. Esplosione di follia, su quésto punto, evidentemente, non può esistere dubbio. M_ "ime è anùcta maturando la p'_.zia. quali sono i precedenti? Michele Poliedro, nato a Piova Massaia, un paese sulla strada Chivasso-Asti, il 23 giugno 1925, si laurea a Torino nel 1949. E' iscritto all'albo degli ingegneri come professionista nel 1950. Verso la fine del 1953 va ad occupare il posto di capo dell'ufficio tecnico del comune di Moncalieri ed abita con la moglie e il primo figlio in un appartamento del municipio. Chi lo conosce in questo periodo dice che è un ottimo elemento, onesto, laborioso, equilibrato, pieno d'iniziative, sempre allegro. Insieme con l'ing. Viotto di Torino redige un piano regolatore per la città di Moncalieri. Durante la sua permanenza a Moncalieri compera un piccolo terreno. A un certo momento egli vuole lavorare per proprio conto, come libero professionista o come imprenditore. Il 5 aprile 1955 dà le dimissioni da capo dell'ufficio tecnico e vende il terreno. Suo padre che fino a quel periodo ha gestito una bottiglieria-trattorie in corso Regina Margherita n. 214 vende l'esercizio. Il giovane ingegnere affronta il primo lavoro edile, fa il progetto, dirige i lavori aiutato dal padre Questa attività prende sempre più sviluppo. Qualche tempo dopo il Poliedro, insieme con amici genovesi, decide di avviare una industria in Svizzera, nei dintorni di Sion, beneficiando di un credito offerto dal governo svizzero. Va a Sion, segue la costruzione dei locali che devono ospitare l'industria; ma poi, quando l'ope ra è quasi alla fine, ci si ac corge che l'impresa è rischiosa, troppo difficile sostenere la concorrenza: i locali vengono allora ceduti ad altre ditte. Tornato a Torino, l'ingegne re riprende con dinamismo il suo intenso lavoro, sia come progettista, sia come imprenditore. Il suo fisico comincia a risentire della fatica. Avva¬ lendosi del credito bancario, costruisce case che poi vende; il timore di non poter pagare certi effetti alle scadenze lo agita, lo innervosisce; a volte, don gli amici fa presente queste sue preoccupazioni. Ma un'ora dopo, magari, è di nuovo fiducioso e sereno, si è reso conto che la sua posizione è molto solida, che non vi sono assolutamente pericoli. Costruisce una casa con molti appartamenti in via Villagiusti e non la vende, l'affitta. L'esperimento ha successo e allora decide, nell'inverno del '56, di costruirne un'altra, di dieci piani, in largo Toscana. Questa casa (finita da pochi mesi) comporta alcune piccole pendenze amministrative, facilmente regolabili, cose normalissime per un giro di affari del genere, Ma il Poliedro, ormai in preda all'esaurimento nervoso, si tormenta e s'angustia in modo eccessivo. In luglio il medico di famiglia dott.. Carlo Varese e lo specialista prof. Ferrio gli consigliano dj sospendere ogni attività e di mettersi in riposo.- L'Ingegnere, benché a malincuore, obbedisce, e lascia lo studio tecnico, che aveva assieme all'ing. pozzo e all'ing. Pane, in corso. Re Umberto, e si ritira al paese natio a piova Massaia, Di tanto in tanto, però, fa una scappata, a Torino per sorvegliare i suoi affari. Ci sono ancora tre o quattro appartamenti da affit- tare nello stabile di largo Toscana: ed egli se ne preoccupa esageratamente. Lo assalgono mille paure, mille ansie ingiustificate. E' triste, è avvilito, tiene discorsi pessimistici senza ragione. S'è messo in testa che arriverà un giorno in cui non sarà più in grado di mantenere 1 figli — ai quali è attaccato In maniera addirittura morbosa — e la moglie, che adora e con la quale è andato sempre perfettamente d'accordo. Tentano di fargli capire che sono pensieri assurdi, che la sua situazione economica è eccellente, che il suo avvenire è sicuro. Lì per lì si calma. Il giorno dopo ricomincia a torturarsi. « Cosa diresti se morissimo tutti assieme? » chiede una sera alla moglie. «Ma tu vuoi scherzare » replica la moglie spaventata. « Sì, sì, scherzo », mormora lui, e cambia subito discorso. L'altro ieri la signora va a passeggiare in corso Svizzera con i tre bambini: incontra una vicina di casa, la signora Romana Gavario di 27 anni. « Sono preoccupata per mio marito — confida — è molto cambiato In questi ultimi mesi... ha lavorato troppo... spero tanto che possa guarire... ». Domenica il Poliedro era a Piova. Nel pomeriggio, in uno spiazzo all'ingresso dal paese giocava a bocce col padre, con alcuni amici e col sindaco Ernesto Scalambro. Il sindaco, che lo conosceva da bambino, gli chiedeva, tra una partita e l'altra: «Come va? Come ti senti?». Il Poliedro alzava le spalle. Poi rispondeva: «Va meglio, credo, va meglio, grazie ». In realtà appariva un pò sollevato. Verso sera, da solo, andava a compiere un giro nelle vigne del padre, fermandosi spesso a guardare, il-paesaggio. Mangiava alle 20 e poco dopo si coricava. Ieri mattina alle 8 e 30 partiva in auto alla volta di Torino, con il gpadre e la madre. Durante il viaggio si comportava normalmente, chiacchierando con lucidità ed equilibrio, di argomenti disparati. « Ho voglia di vedere i bambini » disse mentre si congedava dai genitori, giunti alla loro abitazione. Faceva un cenno di saluto con la mano e ripartiva in fretta. Dopo un'ora qualcuno telefonava ai genitori avvertendoli della tragedia. iiiwminiiiiimiiiiiiiiiMiiiiiiiiijiijiim Giancarlo, dì sette mesi La madre sta per cadere svenuta: ha appena saputa che la sua famiglia è distrutta L'ing. Poliedro con la moglie e I figli Alberto e Franco Il pianto disperato della cameriera, Marta Deiana L'ing. Michele Poliedro, 33 anni. Nella foto accanto: la finestra da cui si è gettato con II bambino in fasce

Luoghi citati: Moncalieri, Svizzera, Torino