Il reddito del denaro di Ferdinando Di Fenizio

Il reddito del denaro Il reddito del denaro Le recenti vicende dell'Anonima Banchieri destano un insistente interrogativo. Insomma, si chiede, quanto rende il denaro liquido oggi in Italia? Non è facile rispondere a questa domanda. Il risparmiatore, infatti, che possieda un suo capitaletto e che desideri investirlo si trova di fronte ad un vero e proprio « sistema » di tassi di interesse, più o meno strettamente coordinato. Deve fare le sue scelte, a ragion veduta. La prima decisione che deve prendere il risparmiatore è la seguente: posso tranquillamente rinunziare, per qualche tempo, alla disponibilità del mio capitale monetario, oppure no ? Se la risposta è negativa, i saggi di rendimento che egli può sperare sono molto modesti. Le banche sui conti correnti liberi a vista non concedono un tasso superiore allo 0,50%, che sale all'1,50 per cento per i conti correnti vincolati ad otto giorni ed al 2% per quelli vincolati a quindici giorni. Un poco più generoso è lo Stato, che ai depositi su libretti postali concede il 2,52%; ma, in pratica, per divari nei servizi offerti, la differenza si attenua. Se il risparmiatore rinunzia alla disponibilità del suo capitale per un tempo più o meno lungo, migliori prospettive gli si aprono dinanzi quanto a rendimento dei suoi fondi. I depositi a risparmio vincolati da tre a meno di sei mesi sono oggi accettati dalle banche al 2,50% ; essi fruttano il 3,25 per cento se il vincolo supera i sei mesi ed è inferiore ai dodici mesi; infine fruttano il 4% con un vincolo superiore ai dodici mesi. L'elenco non è ancora finito, perché istituti di credito a media scadenza raccolgono capitali in depositi al 5%, vincolati a più di diciotto mesi. Non si trascuri, tuttavia, una particolarità essenziale: rinunziando alla pronta disponibilità dei suoi capitali, il risparmiatore decide implicitamente di sopportare certi rischi. Supponiamo pure che egli abbia fatto bene la sua scelta, e che il rischio di un dissesto dell'istituto bancario ricevente sia di fatto trascurabile: avrà pur sempre il rischio di non poter disporre prontamente dei propri fondi, in caso di improvviso aumento dei prezzi per un imprevisto guaio politico; il rischio di « svalutazione monetaria », com'è correntemente denominato. * * Proseguiamo il nostro esame. Supponiamo che il risparmiatore sia esperto e sappia rinunciare ai depositi in banca, per rivolgersi direttamente al mercato finanziario. Potrebbe, ad esempio, investire i suoi capitali in Buoni del Tesoro Novennali, che hanno sempre il favore del pubblico. Anche qui egli si trova di fronte ad una gamma di tassi. I Novennali 5% 1960, che furono emessi ad un rendimento "del 5,94%, rendono oggi più o meno il 5% soltanto. I Novennali 1966, a suo tempo emessi al 6,17 per cento, hanno oggi un rendimento del 5,04%. Non vi è molto da guadagnare rispetto ai depositi vincolati ; e soprattutto ci si addossa l'ulteriore rischio di un ribasso nei corsi di questi titoli, ove l'istituto di emissione si trovasse nell'occorrenza di rialzare il tasso di sconto. Ma questo pericolo esiste, oggi, anche per gli altri titoli a reddito fisso, pubblici e" privati. Il Ricostruzione 5%, il quale nel gruppo dei redimibili funziona in certo modo da « capoclasse », ren. de soltanto il 5,30%. Pochi mesi fa il suo rendimento era ben superiore al 6%. Un'obbligazione d'un primario istituto di credito mobiliare si capitalizza, essa pure, oggi, attorno al 5% Un titolo obbligazionario emesso da un primario istituto di credito immobiliare, si capitalizza al 5,60%. Infine le obbligazioni industriali, emesse da grandi società italiane, sono ora quotate in modo da concedere un rendimento del 6-6,30% Come si vede, il rendimento varia in funzione dei ri¬ sttdpcqgn schi connessi anche alla na-' tura del titolo prescelto. Ma non si possono spuntare saggi più elevati? Indubbiamente: tuttavia sopportando più elevati pericoli e spesso addossandosi qualche maggiore onere. Un capitale investito in un negozio, normalmente affittato a Torino o a Milano, ha oggi un rendimento lordo che si aggira intorno al 9%. Ma chi volesse fare i conti dovrebbe considerare da un lato i pericoli di svalutazione del capitale ; dall'altro gli oneri di manutenzione che gravano sul proprietario, a non parlare dei pesi fiscali. Quanto ai depositi « in conto corrente », presso aziende industriali di media grandezza che soffrano per deficienza di circolante, essi spuntano anche saggi superiori al 10-12%, ma presen tano pericoli evidentissimi. * * Da quanto precede, si possono trarre due considerazioni. La prima è che oggi, in Italia, il rendimento dei capitali monetari, investiti in titoli di tutto riposo, è più basso dell'usuale. Sintomo e conseguenza della pausa recessiva che stiamo attraversando. Il 7 giugno '58, il tasso ufficiale di sconto è stato portato dal 4% al 3,50%. Di conseguenza, son diminuiti i saggi di rendimento dei titoli pubblici, nonché quelli degli ottimi fra i titoli ob¬ bligazionari privati. Per contro, oggi che le speranze di aumento nei corsi sembrano più tenui, è alquanto aumentato il tasso di rendimento medio dei titoli azionari (dal 5% al 5,50% negli ultimi dodici mesi). Quando l'attuale fase recessiva verrà a cessare ed il nostro sistema economico entrerà di nuovo in fase di rapida espansione, il sistema dei saggi monetari e finanziari lo segnalerà, con movimenti in senso inverso, per i vari titoli. La seconda considerazione è forse più minuta; ma presenta un interesse di attualità. Chi moderatamente conosca il sistema dei saggi di rendimento per capitali investiti in Italia sa, per certo, che un tasso di remunerazione superiore al 10%, quando sia offerto, manifesta di per sé solo che i vischi connessi a quell'impiego (noti od ignoti) sono particolarmente elevati. Se, dunque, il risparmiatore sceglie quell'investimento per i suoi capitali, ciò sta a significare che egli ha delibera tamente preferito di sopportare quei certi oneri. Non si lamenti, se gli va male. Perché non si tien conto anche di questo aspetto del problema, nelle discussioni che oggi si svolgono in tutta Italia, attorno al caso dell'« Anonima Banchieri » ? Ferdinando di Fenizio

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