Il controllo delle nascite nel pensiero della Chiesa
Il controllo delle nascite nel pensiero della Chiesa Il controllo delle nascite nel pensiero della Chiesa La posizione prosa dai Ve-1 ■covi anglicani su] «controllo1 delle nascite» ci ha indotti a chiedere una precisazione del pensiero della Chiesa cattolica sul delicato problema. Ci siamo rivolti ad uno dei piti autorevoli maestri di scienze morali, all'eminente canonico Antonio Vaudagnotti. docente di teologia al Seminario arcivescovile di Torino. Egli ci ha inviato l'articolo che qui pubblichiamo, e del quale gli rendiamo vive grazie. La Chiesa anglicana ài preoccupò giustamente del neo - maltusianesimo, cioè delle nuove pratiche anticoncezionistiche che si diffondevano sempre più, anche in nome dell'eugenetica, diretta al miglioramento della razza umana. Non ebbe però la forza di opporsi con la dovuta energia e scese a pericolose concessioni. La decisione anglicana di Lambeth del 1930 non rimase senza risposta da parte della Chiesa cattolica. Pio XI emanava l'Enciclica « Casti connubii » del 31 dicembre dello stesso anno, a difesa della santità del matrimonio. Essa ritiene contrario alla legge naturale il controllo delle nascite. Non è però condannabile un controllo esercitato di mutuo accendo tra i coniugi e giustificato da motivi onesti. I coniugi possono tener conto delle loro condizioni di salute, delle loro condizioni economiche. Essi hanno il dovere di preoccuparsi di dare una buona educazione ed istruzione ai figli affinché si inseriscano utilmente nella società. Motivo onesto è anche la insufficienza della casa: chi è costretto ad abitare in una stanza non può di certo riempirla di culle. Tuttavia questo controllo, dettato da onesti fini, deve essere ottenuto con mezzi onesti, quali la castità o la pratica della continenza periodica (metodo di OginoKnaus). Le nuove deliberazioni della Conferenza di Lambeth 1958, quali sono riportate dai giornali (in particolare dalla Nuova Stampa del 27 agosto), con le osservazioni dell' Arcivescovo di Canterbury, ed i primi commenti dei giornali inglesi, in gran parte coincidono con la dottrina cattolica.« Cercare di avere una famiglia secondo la propria possibilità e nell'ambito del numero dei figli che si possono allevare per la gloria di Dio... è una necessità religiosa ». Ossia, la religione è d'accordo con la prudenza onesta, che non è calcolo egoista. Senonché, alla domanda più stringente : « Quali metodi consigliate a coloro che non vogliono avere bambi ni?», l'Arcivescovo, a mio parere, ha eluso la domanda col rispondere : « Qualsiasi metodo, che sia accettabile tanto al marito quanto alla moglie secondo la coscienza cristiana». Si tratta appunto di sapere che cosa la coscienza cristiana consente o vieta ai coniti gi nell'esercizio delle loro funzioni coniugali. In alcuni punti, tuttavia, il pen siero dei Vescovi anglicani è esplicito. Essi ritengono « inaccettabile » cioè proibito: « l'interruzione dell'atto, il privare uno dei due coniu.' gi della partecipazione, le pratiche contro la materni tà e l'infanticidio, l'insemi nazione artificiale (con una eccezione non ammessa dalla dottrina cattolica), la sterilizzazione ». Non parlano però dei metodi anticoncezionali e nello stabilire le finalità del matrimonio propongono una teoria « nuova », da cui si può slittare in conseguenze riprovevoli. « Si è creduto per lungo tempo che la funzione principale del matrimonio cristiano fosse quella di dare ai figli la possibilità di nascere, nel quadro dell'amore dei genitore nell'interno della famiglia, con il diritto a una vita spiritualmente piena e ricca. Tuttavia noi crediamo che la procreazione defigli non sia l'unico fine dematrimonio cristiano ». Avendo già detto: principale, la procreazione, come fine del matrimonio, sorpren. de di veder qui negato che sia l'unico, poiché principale sottintende già un secondario. L'equivoco del testo conciliare anglicano sta nel non lasciar comprendere chiaramente se la nuova dottrina sostituisca alla procreazionecome fine principale, la gioia dell'incontro amoroso. E' vero che doì li chiama due scopi fondamentali, ma, doven- <j0 stabilire un ordine di pri mato fra i due, è necessario risolversi: o dare per scopo precipuo dell'istituto matrimoniale la generazione, la famiglia, o anteporre l'effusione piena dell'amicizia coniugale ; in altre parole più seni, plici sapere se si deve sacrificare il piacere ai figli, o i figli al piacere. Pertanto Pio XII è stato pronto ed energico a intervenire quando la questione è stata dibattuta tra teologi cattolici, e sembrava non rivestire che un interesse scientifico o di terminologia scolastica. (Discorso ai Membri del Tribunale della S. Rota - A.A.S. 1941, p. 423). Egli rivendicò tutta la esattezza del can. 1013, e del Diritto Canonico : « Fine primario del matrimonio è la generazione ed educazione della prole; fine secondario il mutuo amore e il rimedio alla concupiscenza ». Questi fini secondari sono fini a sé stanti, con la loro ragione propria di essere. Uno qualsiasi di questi fini è sufficiente a coonestare l'unione coniugale, purché non si escludano gli altri agendo positivamente contro essi. L'elevatezza della dottrina cattolica che ha abolito la poligamia, il divorzio impo nendo una ferma disciplina all'istinto più veemente della vita, non deve essere consi derata soltanto sul piano na turale, ma in tutta l'armonia del piano sovrannaturale cri stiano, che porge all'uomo quei mezzi potenti della grazia, cioè quegli aiuti spirituali, che gli consentono di rimanere all'altezza dei suoi compiti, anche quando l'eroismo diventa un dovere quotidiano. Attilio Vaudagnotti docente di teologia del Seminario Arcivesc. di Torino
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