Supera i 350 milioni il passivo del clamoroso dissesto Marchese

Supera i 350 milioni il passivo del clamoroso dissesto Marchese In Tribunale le vicende dell'oreficeria di Valenza Supera i 350 milioni il passivo del clamoroso dissesto Marchese La ditta, sorta nel 1926 con cinque operai, nel 1940 ne impiegava 40 - Un dispendioso piano pubblicitario e una incapacità amministrativa cause del fallimento (Dal nostro corrispondente) Alessandria, 27 agosto. Sì è tenuta oggi la seconda udienza per l'esame dello stato passivo della società di fatto Giuseppe Marchese e figli Guido e Pasquale, ditta per il commercio di orologi con sede in Valenza, via Matteotti 11. Il fallimento era stato dichiarato il 3 giugno scorso dal nostro Tribunale. Il giudice delepoto dott. Fiori, h.° esaminato ed ammesso ben 34 domande d'insinuazione di credito che, aggiunte alle otto esaminate nella prima udienza, comportano un debito a carico dei Marchese di lire 31.278.373; l'udienza è stata poi rinviata al 31 -ottobre per esaminare le domande proposte dalle varie Banche creditrici nei confronti dei Marchese della complessiva somma di lire 228 milioni. Il curatore del fallimento dott. Panizza ha svolto un'ampia relazione sulle cause che hanno portato al dissesto della ditta di Valtnza e, pur non potendo essere ;e sue conclusioni definitive lu quanto ancora troppi elemei ti mancano per accertare sia l'attivo ebe i«25ltclcd1rscm(GnpozcdIrvfmsrdln il passivo, ha determinato « grosso modo » il primo in lire 220 milioni e il secondo in lire 570.778.854: il « deficit » del fallimento ascenderebbe quindi a tutt'oggi a lire 350.778.854. Il curatore ha anche esaminato le probabili cause che hanno condotto al dissesto dell'azienda valenzana che, sorta nel 1926 come fabbrica di oreficeria ad opera del signor Giuseppe Marchese, impiegava cinque o sei operai orafi; le maestranze, quando il titolare (ora defunto) si associò i figli Guido e Pasquale, aumentarono e ben quaranta erano i dipendenti nel 1939-40. Nel 1947, i fratelli Marchese ottennero dalla fabbrica svizzera dì orologi < Invicta » la concessione per l'esclusività della vendita degli orologi in Italia con l'impegno di ritirare annualmente orologi per un valore complessivo di 500 mila franchi svizzeri: i Marchese si misero con impegno al lavoro studiando un piano pubblicitario assai dispendioso e che non diede i risultati sperati; installarono circa 130 insegne luminose nelle principali città ita- iiiiiifiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiii liane e provvidero a dotare i maggiori centri di orologi elettrici pubblicitari. Per ragioni di salute, nel secondo semestre del 1957, i fratelli si trasferirono a Genova, dove allestirono un'ampia ed elegante sede, ma d'improvviso si ebbe una contrazione sul mercato: le vendite degli orologi subirono una sensibile riduzione e i pagamenti da parte dei clienti -vennero contratti per un complesso di cause, per cui i titolari si videro costretti a ricorrere a vendite a condizioni assolutamente sfavorevoli. Il colpo di grazia all'azienda fu dato dall'autofinanziamento fatto dai fratelli Marchese per una somma complessiva che, secondo quanto da essi dichiarato, ascende a ben 67 milioni di lire. La situazione andava dunque precipitando, le Banche negarono ulteriore fiducia ai Marchese, i quali, il 14 maggio scorso, si videro costretti a inoltrare al Tribunale una istanza per ottenere l'amministrazione controllata presentando una situazione contabile non conforme a verità; l'istanza fu respinta e successivamente il Tribunale, su domanda della Banca d'America e d'Italia, dichiarò i\ fallimento della ditta di Valenza. . Questa, in breve, '.a vicenda del clamoroso dissesto dei fratelli Marchese, dissesto, secondo quanto ha accertato 11 curatore, dovuto anche alla assoluta incapacità amministrativa dei titolari della ditta, alla mancanza dì controlli contabili, al personale impiegato insufficiente per numero e preparazione professionale, alle insufficienti disponibilità liquide dell'azienda, all'immobilizzo di capitali provocato dalla costruzione del grandioso fabbricato di via Matteotti in Valenza e, infine, alla mancanza di una vera e propria organizzazione commerciale. Parte della responsabilità del dissesto risale, però, anche alle ingenti perdite subite dalla ditta per insolvenza della clientela. ITI. O.

Persone citate: Fiori, Giuseppe Marchese, Panizza

Luoghi citati: Alessandria, Genova, Italia, Valenza