Sei jugoslavi rischiano di sfracellarsi al "passo della morte" per entrare in Francia di Remo Lugli

Sei jugoslavi rischiano di sfracellarsi al "passo della morte" per entrare in Francia Paurosa avventura di clandestini al valico di Ponte San Luigi Sei jugoslavi rischiano di sfracellarsi al "passo della morte" per entrare in Francia Due donne, un uomo e tre ragazzi appesi per ore nella notte ad uno spuntone di roccia - Salvati dalle squadre di soccorso, hanno ottenuto a Nizza un permesso di soggiorno di tre mesi - Dal '45 ad oggi il tragico baratro ha inghiottito oltre cento emigranti (Dal nostro inviato speciale) Mentone, 8 agosto. / componenti di due famiglie jugoslavi — sei persone — hanno rischiato di morire sfracellati in fondo al tristamente famoso < jiasso della morte », che è a poche decine di metri dal Ponte San Luigi, il posto di ronfine fra l'Italia e la Francia, sull'Aurelia. Precipitati .ungo la ripida china mentre, alle ■[ di ieri mattina, tentavano di entrare clandestinamente in Francia, sono riusciti ad aggrapparsi ad arbusti, a spuntoni di roccia e ad un provvidenziale conduttore elettrico residuato bellico, e lì hanno resistito per tre ore, fino a quando la squadra di soccorse, dopo IIIIIIIIIIIIMIIillllilllMllllllllllllllllllllllllllIIII lunga e faticosa manovra, è riuscita a farli risalire alla sommità. Avevano le mani piagate e molte escoriazioni per il corpo, ma erano salvi. I protagonisti dell'avventura — ii?ia delle tante che sono legate al nome del tragico < passo della morte » — sono i coniugi Mato e Marija Tataje, di -M e 3J, anni, ed i loro figli Catarina di 9 anni e Josip di 8, e la signora Kata Katalamic, di 3S anni, e mio figlio Franco, di 8 anni. Fuggiti dalla Jugoslavia, volevano cercare in Francia un migliore avvenire. Nello scorso novembre era già fuggito il marito di Kata, Saljc Katalamic, di 38 anni, il quale era riuscito a raggiungere Nizza ed à trovarvi una buona occupazione in un cantiere navale. Durante questi mesi, sempre clandestinamente, egli riusciva a far pervenire alla moglie una discreta somma di danaro perché a sua volta ella potesse espatriare. La Katalamic si accordava con una famiglia amica — t Tataje — per tentare insieme la fuga. Dopo aver attraversato l'Italia settentrionale in tre no, il gruppo raggiungeva Ven- timiglia nella serata di mercolc-eli e si portava a piedi a Grimal-di. E' la solita strada degli emi-granii clandestini. Da Grimaldi un sentiero che corre lungo la costa del monte, ora brullo di rocce ora verde di oliv\, ragiliunge la borgata Castellar, in Francia, a sei chilometri d'i Mentone. Ma su questo percor so c'è il tranello del c passo del- la morte ». ll sentiero, che corre in discesa, con una pendenza del cinquanta per cento circa, giunge ad un certo punto in una gola larga tre o quattro metri. Oltre ad essa si vedono risplendere, chiare e vicine, le luci di Mentone. Gli emigranti clandestini, che non si servono di guide, non sanno che, anziché varcare quel passo, dorrebbero girare a destra c risalire ancora la montagna. Convinti di aver ormai raggiunto la mèta da tanto sospirata, tirano diritto. Oltre i due speroni di roccia che formatto la gola c'è uno strapiovi bo di circa ottanta metri, una parete che alpinisticamente può essere forse considerata di quarto grado. Chi è pratico di montagna ed attrezzato per affrontarla può scendere con discreta facilità, servendosi degli appigli di roccia e di vegetazione, ma chi si avventura impreparato e senza alcuna attrezzatura ha ben •numi iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii scarse probabilità di giungere'^Vsucpal fondo incolume. I sci jugoslavi hanno affrontato il burrone convinti che quella fosse l'unica via per arrivare in Francia. Hanno incominciato la discesa, alle 4,10, mentre a levante l'alba tingeva di tenue azzurro il mare. Mezz'ora più tardi i gendarmi della polizia francese al posto di confine udivano giungere dalla parete le prime invocazioni di aiuto. Per prima si era avventurata Marija Tataje, ed essa era riuscita, seppur con grande fatica, a giungere alla base; poi l'avevano seguita la signora Katalamic con suo figlio e. ad una certa distanza, il Tataje con i due ragazzi. I primi due rimanevano immobilizzati ad una ventina di metri dalla base, gli altri tre a dieci metri dalla sommitàLa Katalamic riusciva ad afferrarsi ad un filo spinato e, tenendosi con una mano, sorreggeva con l'altra il figlio. I pompieri di Mentone ed alcuni gendarmi dèi posto di frontiera salUmno per il normale sentiero fino alla sommità del \passo, si calavano con corde \lungo la parete e legavano i \pericolanti, che poi venivano \tirati su a forza di braccia. La operazione si concludeva alle 7,30. Dopo le necessarie medica- ; zioni i sei jugoslavi scmo stati > fatti proseguire per Nizza, do- j ve, alla Questura centrale, sono stati muniti di un permes¬ jso provvisorio di tre mesi per ; dar loro la possibilità di tro¬ varai un lavoro. In caso con trarlo saranno avviati ad uno dei campi che ospita7io gli stranieri che hanno ottenuto asilo politico. Ieri sera Salje IKatalamic. informato dalla po- Uzia, ha potuto abbracciare la mobile ed il figlio |'Dal 1945 ad oggi le persone che sono precipitate dal «passo della morte » sono oltre un centinaio, e ventuna di esse vi hanno trovato la morte. L'ultima vittima fu una giovane di vent'anni, Rosanna Orrù, da Civitavecchia. Nella notte tra Al 5 e il 6 maggio dello scorso anno, mentre tentava di attra- : versare clandestinamente il confine insieme con un altro giovane, precipitò sfracellandosi. Il suo compagno, rimasto in potrete, fu salvato parecchie ore più tardi. Il « passo della morte » ha anche lugubremente affascinato più volte chi voleva togliersi la vita. Il 7 dicembre dello scorso anno l'ex-ministro del iiiiiiiiiiiiiiiiiunii iiiiiHiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii Viet-Nam, Do Van Hoahn, che si trovava a Montecarlo per un periodo di cura, si fece accompagnare da una guida al « passo iella morte » perché — disse — voleva ammirare il panorama. Ma quando fu alla sommità tentò di gettarsi nel vuoto e fu fermato in tempo dal suo accompagnatore. La sera prima egli aveva indirizzato per pos'ta alla propria segretaria un plico contenente importanti documenti e il proprio testamento. Remo Lugli

Persone citate: Aurelia, Durante, Kata Katalamic, Marija Tataje, Rosanna Orrù