Con Brahms in Italia

Con Brahms in Italia Con Brahms in Italia Si ha la prima volta completo l'epistolario di Brahms e del chirurgu Teodoro Billroth, rie- co di accenti affettuosi, di stima intensa, di musicale solidarietà (edizione della Norman University of Oklahoma Press). I caratteri umani del musicista, le relazioni col critico Hanslick e con altri, non molti, sostenitori, le traversie e la tarda fortuna, bene resultanti dal carteggio, confortano e precisano le migliori biografie, e tra l'altro mostrano quanto desiderio mosse Brahms e l'uno o l'altro dei più cari amici a tornare, finche poterono, in Italia. Nel primo viaggio, l'aprile del 1878, ebbe compagno appunto il Billroth, che, già venuto cinque volte, ridiscese l'undiccsima, nell'82. Ed a lui, privilegiato nell'ascoltare le primizie della composizione, ricordava le felici giornate trascorse a Firenze, le ore soavi a Fiesole, « una riposante quiete che consente la riflessione su i più vari casi », e che lo aveva distolto perfino dalla corrispondenza, ed ora la risposta ad un mucchio di lettere urgeva. A sua volta Billroth rammentava le tappe a Napoli, a Pompei, a Capri, e da Roma (il Pincio, Rocca di Papa!) descrisse a sua mo, glie l'ottimo camerata, che, « ebbro di ammirazione gioia, era assai informato cose d'Italia, specialmente artistiche, delle storiche e culturali ». Instancabile lunghe passeggiate, grazie e di delle delle delle nelle alla esercitata vigoria fisica, il musicista desiderava sperimentare la familiarità della gente d'ogni classe. Ameno, curioso, a passo svelto, ficcava il naso in tutte le botteghe. Billroth lo seguiva, discostato d'una diecina di metri. Più lontano restava Nottebohm, il notissimo studioso di Beethoven. Finalmente il gruppo si riuniva. Ricominciava la consultazione della pianta della città, l'inchiesta d'una strada, d'una piazza. Brahms, che presumeva di parlare la lingua italiana, avendone per molti mesi studiato la grammatica, di rado azzeccava le parole opportune 0 la pronuncia comprensibile. Più s'accrebbe l'entusiasmo durante il soggiorno in Sicilia. Non contemplativo, evidentemente, e stanco, Billroth si sfogava con la consorte: «Brahms non mi dà tregua, dieci volte vuole che m'affacci al balcone, e guardi, guardi; c mi dice: Se avessi moglie, direi tutto, e non so purtroppo a chi narrare cosa per cosa. Siracusa, Girgcnti, Palermo, panorami incredibili!». Una stranissima disavventura operistica colse Brahms durante la sosta in Toscana nel maggio dell'81, reduce dalla Sicilia, da Roma, da Orvieto, da Siena. Il cartello d'un teatro fiorentino annuncia // Barbiere di Siviglia. Buona, l'occasione d'ascoltarlo. Subito ne riferisce a Billroth: «Ali è sembrata un'opera or ora composta. O c'è un errore, o non ho capito... Mi fido poco del mio italiano ». E si potrebbe intravvedere nella forma scherzosa lo stupore ed il riconoscimento dell'eterna giovinezza dell'opera di Rossini. Ma il giorno seguente s'accor se di non aver letto intieramente l'annuncio : <t // Barbiere dì Siviglia, Studio musicale informato allo spirito, al carattere al colorito dell'immortale lavoro rossiniano di Achille Graffigna» E qui lo- stupore nostro è immenso. E' verosimile che un Brahms quarantottenne non avesse ancora letto o sentito quel l'opera, e non distinto fra mille lo stile di Rossini, e che il testo italiano sia bastato a disorientarlo, ad ingannarlo? Si supporrebbe una facezia. «Incredibile, ma vero! — confessava, il giorno dopo, all'amico. — E' un'opera nuova. L'autore, che dirigeva, ha cinquantanni, e fa una grande umana pietà. La musica, anemica e miserabile, è degna soltanto d'un accademico. Per tutti gli aspetti ha copiato il gran predecessore. Certo non deve aver sudato. E' incredibile, ma l'ultima parte è migliore. Buoni, i cantanti; bpona, l'esecuzione. 11 pubblico benevolo non rimase stupefatto né indignato. Uscendo, vidi annunciata la replica. E' una delle più grandi stupidaggini che abbia sentito dacché vivo. « Ci tengo ad assicurarla che la cosa è andata proprio come l'ho descritta ». Verissimo, dunque, questo aneddoto (che bocciatura a «Lascia o raddoppia»!) finora sfuggito ai più solerti biografi, ci fa perplessi. D'altra parte non si ha alcuna notizia dell'interessamento di lui all'arte del Pesarese. Il Graffigna, Achille, autore di molti melodrammi, contava allora non cinquanta, ma ses sàntacirique anni. Fra i viaggi il sesto, la primara dcll'88, gli restò più me¬ morabilc per la varietà delle osservazioni. Compiendo il 7 maggio il cinquantacinquesimo anno, raggiunse, puntuale convegno nel caffè Kola a Verona, l'amico Widmann, e subito s'avviarono per Bologna, Rimini, San Marino, Ancona e Loreto, a Roma. A Bologna, ravvivata dal fasto d'un'Esposizione internazionale, Brahms indugiò a mirare nella sezione musicale preziose pergamene e stampe, ed autografi e strumenti antichi, vagò anche di notte nelle vie solenni, saggiò i prodigi della cucinaria, e si compiacque di ricevere nell'albergo dei Quattro Pellegrini Giuseppe Martucci, che, trentaduenne, e già stimatissimo pianista e direttore d'orchestra e direttore del Conservatorio, aveva sollecitato l'incontro. Widmann era pronto con esperienza della lingua italiana favorire il colloquio, ma h mimica del Capuano ed i gesti dell'Amburghese e il canterclare di entrambi gli risparmiarono più d'un intervento. Ammirato dell'arte brahmsiana, di cui era interprete amoroso, e nella composizione seguace, Martucci devotamente s'inginocchiò e baciò la mano, che invano lo straniero ritraeva, e prese a noverare quante opere di lui, la Seconda Sinfonia e le camerali, aveva già presentato a Napoli e altrove, e a descriverne lo studio, la conoscenza, sì da citarne con la gradevole voce remi e motivi. Replicando, Brahms intonava altri passi. Il diaiogo .continuò vivace e cordialissimo. A Loreto poi la vista, e più l'emozione, d'un pellegrinaggio conquisero i sensibili osservatori. I fedeli giungevano da lontani villaggi. Avanzando inginocchiati, cantavano laudi. Due giovinette, diciassettenni forse, le brune chiome sciolte ed incoronate di edera, quasi baccanti, precedevano, anch'esse genuflesse, lo sguardo lacrimoso verso il santuario, le voci trcmolc. Si battevano duramente il petto. L'esaltazione s'accresceva allorché il lento corteo penetrava nella santa Casa, e gli inni rintronavano. Stupiti, frementi, Brahms e gli amici stavano immoti su i gradini del tempio, dove pure erano alcuni ecclesiastici, ai quali Widmann domandò donde venisse quella processione. Uno di essi gli rispose sprezzantemente: — Sono abruzzesi, gente stupida. Quel che vedete è niente. A settembre ne vengono molti di più. Migliaia! Widmann annotò : « Tanto era commosso Brahms, da restar silenzioso molto tempo: ammirazione e pietà. Molte volte le nostre conversazioni tornarono a quel singolare spettacolo, e Brahms ribadiva una sua tesi: alla Chiesa di Roma, sottovalutata dai nostri politici, deve esser ridata la giusta luce ». Protestante, Brahms non trascurava mai, nel visitare una chiesa italiana, di bagnare le dita nell'acqua benedetta e di segnarsi al cospetto degli oranti. A. Della Corte niiiiiiiiiiiitiiiiiiiMiiiiiiiiiiitiiiitiiiiMiiiiiiiiiii