Magico di Francesco Bernardelli

Magico Magico Dalla « magia i> trae fatui stimoli lo scrivere d'oggi. Magico è l'aggettivo che saggisti, articolisti, critici, poeti in prosa ritengono più adatto a suggerire il senso vago di mistero, di ipnosi, d'irrazionalità, diffuso nel nostro tempo. La magia dello stile, una presenza magica, la magica fantasia del Carpaccio, i silenzi spaziati e magici di Ccchov: questa parola incerta, futile, rivela la presunzione dell'iniziato, ci senti l'indistinto di una fantasia che vuole apparire arcana e un'intenzione ambiziosa. Ma è aggettivo facile, troppo facile ormai. Puzza non di zolfo ma di inchiostro; non è demoniaco, ma salottiero. Il primitivismo pittorico, l'apprensione dell'inconoscibile, l'abisso delle percezioni hanno trovato nella « magia » la formula rituale. E' nato il « magico ». Specie di pseudo-concetto che serve a tutto e a nulla. Che vuol dire? E' astratto e gonfio di umori; dal simbolismo al surrealismo si è accresciuta e dilatato sino a perdersi nell'empietà, e nella follia. La magia di Chagall, quelle strane dissociazioni, quell'erotismo sconfinante; la dissolutezza dei sognili senso magico della natura, dell'arte, della poesia ha origini romantiche. Il mondo legato, ben costruito, e scolpito e chiuso in immagini e figure, il mondo classico e politeista dava fastidio ai romantici. Da Rousseau in poi si cercò sotto quello spettacolo lussuoso e razionalista di riscoprire l'istinto della natura fluente, interminata, misteriosa. Chateaubriand, in una celebre pagina del Genie du Christianinne spiegò perche la mitologia gli appariva assurda e frivola. Il cristianesimo esorcizzando, disperdendo il popolo dei fauni, delle ninfe e dei satiri, restituiva alle grotte il silenzio, ài boschi la fantasia. L'universo così ben regolato dagli antichi, cosi lucidamente ridotto in bai letto, metamorfosi e mascherata, era la negazione stessa della commozione naturale, del sentimento della natura. Greci e ro mani non av.cvano visto ce soleil couchant... sur l'are roulant des mers, non avevano rabbrividito nel prodigio dell'alba: ces àcci-, dents de lumière qui nous retra . cent chaque viatin le miracle de la création. No, tutto era per loro machine d'opera. Come vec chi scenari crollano i miti o le statue degli dei; r.on più inter mediari tra noi e la natura, non più custodi del limite, rustici ironici splendenti. La via è aperta ad ogni avventura, a quel sempre più smarrito sprofondarsi e ■ inabissarsi nell' infinito naturale che ci ha rifatti trepidanti, primitivi e magici. Sui vortici delle sensazioni, sullo, scrosciare dei mondi, un terrore, uno struggersi, un'ebbrezza: la magia barbarica e sofisticata che ci illude. Non insisteremo su questa storia un po' immaginaria e arbitraria della « magia » estetica e psicopatica del nostro tempo. Ma aerte tappe illuminano. E' ora in gran voga Gerard de Ncrval. Non da oggi amiamo lo scrittore stupendo, il poeta colmo di sogni, e quel suo nitore settecentesco, e il cuore romantico, e le fanciulle soavi, e la dolce terra di Francia, grigia e argentea, ch'egli evocò. Ma Nerval era pazzo. Ed era anche lui magico; non solo per quel suo amore e delirio dell'occultismo, delle favole ermetiche, delle scienze defunte e iniziatiche, non solo perché autore delle Chimères, « ces diamaiits noirsyt; ma perché nel tentativo di creare un mondo di fantasia pura, infinita, egli ricorreva a sfumature e « fatture » musicali, a segreti e accenti e ritmi, a uno stile evocatorio; e così muovendosi in uno stato di réverie supernaturaliste, andava preparando il simboIismo..Il quale fu tutto magico e musicale. Tappe. Ed oggi, questo affidarci surrealistico, questo aggrapparci alle occhiute ali dell'incubo. Perche la natura sfugge, labile, dissociata, e il poeta, il pittore tentano di afferrarla e di viverla. Ma la natura va, travolge. I poeti, gli artisti sono ormai sensibilità senza approdo: sogni interrotti, un delirio che si spezza al vertice. Ma ecco. Leggo un vecchio letterato, il settecentesco dementino Vannetti, che fu un curioso tipo, « religioso fervente e cicisbeo galante », amico del Cesarotti, ma avverso ai poeti settentrionali; e questo Vannetti, in una lettera a un amico, qualificando lo stile dell'abate Aurelio Bertola, primo divulgatore tra noi della « poesia alemanna », cosi si esprimeva : « Nel medesimo tempo è raffinato e scorretto. Io gli ho scritto che v'ha del magico, accennando coper¬ ttcsgcccceelrfndrbrtra tamente a quel falso che voi notate si bene; da che le magie contraffanno la verità, ma non sono essa ». Oh stupore! oh gioia! Perfetto. Questi vecchi così semplici, così bonaccioni, così mediocri, nella loro semplicità talvolta ti dicono con poche parole tutto. C'è la magia, e c'è il raffinato e lo scorretto, e soprattutto c'è il falso, perché le magie, dice, non sono la verità : la simulano., la « contraffanno », ti illudo io, ti incantano, ma verità non sono, e quindi non sono poesia. Sono un miraggio: barbaro e sofisticato abbiamo detto noi, raffinato e scorretto diceva lui. Ma cos'è verità? I moderni ri dicono che verità e illusione sono tutt'uno, che lsrttcPfsiccqas l'arte è sogno, che la poesia è sortilegio, e se la matematica è relativa, tanto più vaga e vagante e ineffabile sarà l'arte del poeta, dell'evocatore. Ed è forse così; Ma fors'anche non lo è. Perché in Omero, nel grande fruscio e nel rombo dcll'Orfwsea, e nella luce di Sofocle, e in Dante supremo senti che giuoco di prestigio non c'è, che non c'è magia: che tutto è vero, questa volta sì. Di una verità assoluta; e t'accorgi che la poesia grande anziché illuderti e ingannarti, distrugge e disperde l'illusione e l'inganno, e ti rida il mondo come fu, com'è e sarà, fragrante, intero e nuovo sul mare dell'essere. Francesco Bernardelli

Persone citate: Aurelio Bertola, Chagall, Greci, Rousseau

Luoghi citati: Francia