L'attesa del nuovo governo
L'attesa del nuovo governo L'attesa del nuovo governo Fanfani e Saragat, d'accordo con le direzioni del loro partiti, hanno fissato il programma per il nuovo governo. E' un piano d'azione che possono sottoscrivere quanti, al dì sopra dei contrasti di parte, si preoccupano dell'interesse della collettività. Ricorderemo, tra i venti punti, l'impegno di assicurare l'autonomia dello Stato e la libertà politico-religiosa di tutti i cittadini, la moralizzazione della vita pubblica, i vasti progetti di edilizia popolare, la promessa di dare finalmente una scuola a tutti i ragazzi dai 6 ai 14 anni. Cinquanta milioni di italiani hanno bisogno dì lavoro, di case, di scuole. Per soddisfare queste esigenze, è indispensabile che il regime politico abbia una sicura efficienza e si imponga al rispetto dell'intera nazione. Il sistema parlamentare, malgrado i suoi difetti, è l'unica forma di go.verno che garantisca ai cittadini un certo grado di libertà; ma nei paesi latini appare in decadenza, perché spesso le ideologie dei parti¬ ti e le passioni degli indivìdui lo condannano alla paralisi. Deputati e senatori italiani dovrebbero sempre tener presente quel che accade in Francia, dove la democrazia è minacciata per non aver saputo esprimere governi degni di questo nome. E' necessario che il Parlamento sia circondato di fiducia, e non può ottenerla senza un'attività esemplare anche nelle forme esteriori. Le aule deserte quando si discutono gravi problemi, le sedute tempestose che sì chiudono con insulti e pugilati, creano nel paese un'atmosfera di apatia e di scetticismo; ogni abuso, ogni caso di corruzione allarga il pregiudizio che gli uomini politici si preoccupino soltanto dei loro interessi e delle vanità personali. La nuova Camera, se si dimostrasse incapace di esprimere un governo stabile e di sostenerlo nel suo piano di utili riforme, metterebbe in pericolo l'avvenire stesso del regime democratico. Perché i programmi di Fanfani e Saragat non siano solo parole e illusioni, occor¬ re che nel ministero ogni uomo occupi il giusto posto. Sembra superfluo ricordare una verità così banale; eppure si ricade ad ogni crisi nello stesso errore. In questi giorni sono corse molte voci sui candidati ai vari portafogli; e l'opinione pubblica non è per nulla soddisfatta di constatare che lo stesso personaggio può essere spostato da un incarico all'altro per misteriosi giochi di corridoio. Vi sono parecchi dicasteri, dove il ministro riesce ad imporre la sua politica soltanto se dotato di particolari competenze; altrimenti tutti gli affari passano in mano ai direttori generali e gli alti funzionari diventano, qualunque sia il regime, i veri padroni della macchina dello Stato. Preoccupazioni personali e di partito rendono difficile una maggioranza stabile per il nuovo governo; e far cadere un presidente del Consiglio pare talvolta un passatempo per rompere la monotonia della vita politica romana. Si dimentica facilmente che ci vogliono anni di sforzi continuati e metodici per ottenere importanti progressi. Democristiani e socialdemocratici non raggiungono da soli la maggioranza; per ottenerla, hanno bisogno dell'aiuto repubblicano. La direzione di questo partito deciderà domani l'atteggiamento nei confronti del ministero; ci sono molte esitazioni ed incertezze dopo l'aspra polemica elettorale, soprattutto sui rapporti fra Stato e Chiesa. Tuttavia la lettura dei venti punti programmatici offre, anche sotto questo aspetto, un minimo di garanzie; ed i repubblicani sanno che la difesa dello Stato laico è importante, ma che urge pure affrontare tutti gli altri problemi da cui dipendono il lavoro e il benessere di milioni di cittadini. Il P.r.i., che ha così alte tradizioni di patriottismo, deve tener conto dei supremi interessi del paese più che del vento di fronda delle fazioni. Vogliono che un governo repubblicano, con un programma progressista, possa vivere grazie alla benevolenza del partito monarchico?
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