Chiesa e Stato nel Risorgimento di Luigi Salvatorelli

Chiesa e Stato nel Risorgimento Chiesa e Stato nel Risorgimento Nel settembre 1954 il XXXI11 Congresso di Storia del Risorgimento, tenuto a Messina, trattò il tema : « Il problema religioso nel Risorgimento » (formula da intendere come equivalente a : « Il problema religioso del Risorgimento »). La relazione fondamentale fu stesa dal sottoscritto: questa, le discussioni relative e le comunicazioni, anch'esse riferent'si - dal più al meno — al tema, si issono leggere nei fascicoli sfondo e terzo della « Rassegna storica del Risorgimento » del 1956, o più comodamente nel volume degli Atti, pubblicalo a parte in quest'anno. La mia relazione riuscì alquanto disuguale: me ne accorsi solo quando l'ebbi terminata, e non avevo più tempo né voglia per rimetterci le mani. Essa sviluppava sufficientemente il tema per il periodo anteriore al 1848; era troppo succinta per quello posteriore. Fissati i punti di partenza, impostate le questioni, io mi ero affrettato verso il punto di arrivo, verso le conclusioni. Ne venne di conseguenza una manchevolezza soprattutto riguardo al conflitto fra la Chiesa, più precisamente l'episcopato e il papato, e il governo pie montcsc e poi italiano. A mia parziale' giustificazione sia detto che-io tenni d'occhio principal mente — secondo l'assunto — l'aspetto propriamente religioso, facendo passare in seconda linea quello politico-ecclesiastico. In ogni caso, io non avrei potuto parlare specificamente degli episodi specifici del contrasto fra autorità ecclesiastiche e civili, che furono numerosi, gravi, e anche (se è lecito il termine) pittoreschi. Ma è notevole il fatto che non se ne occupassero neppure le comunicazioni, ammontanti a una trentacinquina. Aggiungiamo che neanche l'aureo libro del Jemolo Chiesa e Stato in Italia dal Risorgimento ad oggi — riduzione c continuazione del classico Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni — si ferma su quegli episodi : è solo riferito brevemente (se abbiamo ben visto) il caso dei negati ultimi sacramenti al ministro Pietro di Santa Rosa, e il successivo esilio dell'arcivescovo di Torino Franzoni. Potremmo ben dire che la materia sarebbe rimasta all'italiano medio d'oggi quasi sconosciuta, se Vittorio Gorrcsio non avesse pubblicato adesso Risorgimento scornimi cato (Parenti, Firenze: pp. 301, L. 800). Il libro del Gorrcsio è uscito in una Collana « Stato e Chic sa » diretta dal battagliero Erne sto Rossi, e che potremmo dire di polemica anticlericale: non dando a questo termine valore né di biasimo né di lode, ma di classificazione pura e semplice. Avrò, del resto, tempo e modo di parlare della Collana: almeno lo spero. Per oggi, mi limito a dire che tutti i volumetti sono interessanti e utili, per il materiale che raccolgono, in gran parte non facile a ritrovare e mettere insieme. Il libro del Gorrcsio, pure partendo da uno spunto polemico («è stato detto che in Italia noi siamo tutti scomunicati », p. 12), è sostanzialmente un libro di storia, una raccolta ordinata di episodi, oggi poco conosciuti, o addirittura dimenticati, illustranti un aspetto importante del Risorgimento: quello dell'urto fra autorità civili ed ecclesiastiche sul terreno giurisdizionale, e più particolarmente del diritto e procedura penale La conclusione che se ne ricava, e che il Gorrcsio enuncia espressamente, è quella dell'energia perfino eccessiva, con cui lo Stato risorgimentale incipiente so stenne i suoi diritti e il suo prestigio di fronte alla Chiesa. Dice Gorrcsio, a metà del li bro, con la sua ben nota abilità di scrittore tratteggiante i linea menti caratteristici di un feno meno, di una situazione: «il go verno... fronteggiò non soltanto una sempre più fiera reazione della Sede Apostolica, ma condusse metodicamente contro il clero e gli ordini religiosi una politica di estrema severità, con un rigore ed una intransigenza che ancor oggi stupiscono. Nel giro di pochi mesi dall'impresa dei Mille, nelle sole province meridionali, arrestò, processò, confinò sessantasei vescovi. Nel giro di quattro anni, a partire più o meno dalla medesima data, i cardinali che furono arrestati e processati, per motivi che oggi sembrano futili, furono otto: Corsi, Baluffi, De Angelis, Carafa, Riario-Sforza, Antonucci, Monchini ed il futuro Leone XIII, cardinal Pecci ». Prima prova di ciò, una lunga citazione da una corrispondenza alla Civiltà cattolica del famoso Don Margotti,.contenente una serie di episodi polizieschi e giudiziari, riferentisi i più a sacerdoti (parroci, professori ecc.); ma anche a vescovi e cardinali. Dopo di che, si racconta per filo e per segno il caso Franzoni, già menzionato, dai primi scontri per le leggi Siccardi contro il Foro ecclesiastico e il primo arresto e successiva breve con¬ dasca dcogsemfovl'nzma so—dvdteqmtodufCctKvmucdIlesrnìsprrirfiglrdd e i l o o e i o o , o e n e i . danna, al nuovo arresto per lo scandalo dei denegati sacramenti a Santa Rosa, e alla espulsione dallo stato; e si seguita col racconto non meno particolareggiato di episodi analoghi, anche se meno gravi, di cui ricorderemo quello del viaggio e dimora forzati del cardinal Corsi, arcivescovo di Pisa, a Torino, e l'arresto, processo e assoluzione — motivata con considerazioni ostilissime per la Curia romana — del cardinal Monchini a Jesi. Non meno interessante — e sotto un certo aspetto anche più — è la narrazione precedente del conflitto per ì'exequatur ai vescovi, che tenne lontani dalle dimore episcopali, e privi delle temporalità, per più anni una quantità di vescovi di nuova nomina, che non intendevano 'sottostare alle formalità prescritte dal governo. Si trattava qui di un contrasto "che investiva il funzionamento gerarchico della Chiesa: contrasto analogo, anche se meno grave, a quello contemporaneo in Germania- per il Kulturkampf bismarckia',o.. Il conflitto per ì'exequatur ài vescovi si andò componendo man mano, di fatto, già negli ultimi anni di Pio IX, con l'accettazione sostanziale dell'istituto da parte dei vescovi in tutta Italia. Così come gli episodi polizieschi e giudiziari a danno di ecclesiastici maggiori e minori si andarono facendo sempre più rari. Il Gorrcsio, pure accennando alla sistemazione per ì'exequatur, non tratta di questo processo di compromesso, pacificazione, assestamento, che rimaneva fuori del suo assunto. Per questa parte, io credo che rimangano valide le linee generali da me tracciate nella parte finale della mia relazione al congresso di Messina, nonostante la critica di chi vi trovò una rappresentazione troppo mitiga ta della situazione fra Chiesa e Stato in Italia dopo il 1870 Mantengo fermo, pertanto, che codesta situazione, nel quadro di un conflitto di principio perdurante — sia per il potere temporale, sia per la legislazione ecclesiastica italiana —, si fondò essenzialmente su un do ut des di fatto fra le due potestà. « Lo Stato rinunciò quasi completamente al controllo giù risdizionalistico sulla Chiesa; scartò — nonostante le molte plici possibilità e tentazioni — ogni programma di riforma religiosa a opera governativa; tutelò la piena libertà del potere ecclesiastico pontificale. La Chiesa, e più precisamente il papato, respinse a sua volta la tentazione di dommatizzarc sul Potere temporale e in genere sui rapporti con lo Stato; si astenne dal cnltcpvltNptrpndndcesicbcatCicotr«IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII colpire con scomuniche nominali e interdetti i dirigenti statali e le popolazioni italiane, e altresì dal moltiplicare i " casi di coscienza " nei riguardi dell'apparato politico ed amministrativa dello Stato, lasciando in un limbo discreto anche la portata religiosa del non expedit. Non ci fu scisma, non ci fu persecuzione, né altro turbamento grave ed organico della vita religiosa della nazione ». Codesta situazione, durata, su per giù, sino alla morte di Leone XIII, non impedì momenti di recrudescenza, anche grave, né eliminò una certa tensione di fondo. Essa, tuttavia, si andò consolidando in senso pacifico: e nell'era di Pio X e di Giolitti si giunse, per opera di ambedue i poteri, a una situazione nuova, caratterizzata da tre fatti: abbandono di ogni velleità anticléricale eia parte dello Stato; accantonamento di ogni combattività antistatale da parte della Chiesa; ingresso alla spicciolata, in misura sempre più larga, dei cattolici nella vita politica ita''ana, su . una base escludente ogni orinazione di « partito cattolico ». Fu l'epoca- aurea delle relazioni fra la Chiesa cattolicoromana e lo Stato risorgimentale italiano. Luigi Salvatorelli UllllllIIIIllItlIllTllMIItllllIIIMMIIIIIllllllllllMII