Verosimiglianza al teatro di Francesco Bernardelli

Verosimiglianza al teatro Verosimiglianza al teatro Al teatro si chiede soprattutto di essere verosimile. I molti discorsi rettorici sulla poesia, la trasfigurazione idealistica, il sogno religioso non hanno distolto il pubblico dalla sua profonda vocazione: cercare al teatro la verosimiglianza. Ma ti par possibile? Ma è assurdo! Com'è vero, com'è vero... vTaIi sono i più facili, i più pronti commenti dello spettatore. Ma che cosa è vero al teatro? La realtà, il verismo, l'imitazione della vita, della cronaca, al teatro, fatto curioso, danno quasi sempre, e subito, un'impressione di falsità. Vi sono commedie e drammi tutti fatti di pezzetti di verità, di quella che correntemente si dice verità, e che da cima a fondo appaiono assurdi. La gatta std tetto che scotta non è soltanto un brutto dramma, ma è insensato e inverosimile. Eppure ogni. suo tratto, episodio, particolare è ricavato dalla sordida e miserabile intimità dell'uomo. Tennessee Williams si è compiaciuto in personaggi abietti, viziosi, anormali, in casi di repellente crudezza, e questo ha intriso di fango scene e ^dialoghi; ma si deve riconoscere che quei giovanotti ambigui, quella moglie insoddisfatta e bramosa, il padre canceroso, la madre fatua e scema sono perfettamente aderenti alla vita in se stessa. A certe immonde possibilità della vita. Ebbene quella fitta, affollata, soffocante integrità di fatti s veri » o strettamente « verosimili », riesce a un effetto quasi comico o burlesco, certo sovranamente ridicolo, di barocca menzogna. Perché mai? Non basta dire che il cumulo degli orrori, quell'addensare in tre atti ciò che vi è di sporco nel mondo, e mai una parola di bontà, mai una gentilezza o un lume di innocenza, non basta dire che questa parzialità volontaria, cocciuta, artificiosa diventa anch'essa, come rutti i forsennati pregiudizi, una deformazione del vero. E' necessario andare oltre la generica se pur giusta sentenza, essere anche più precisi incisivi esatti, è necessario chiarire sottolineare affermare, senza equivoci, che si tratta, esclusivamente, di linguaggio e di stile. Ossia della più alta moralità letteraria e teatrale. Eschilo accumulò, anche lui, allucinanti, spaventosi orrori nelle sue tragedie; ma le sue tragedie sono vere e verosimili, sono la verità stessa dell'essere, del patire, del nascere al dolore, alla colpa, all'ira degli Dei, le sue tragedie non saranno fraintese mai, perché il linguaggio di Eschilo, lo stile di Eschilo sono il linguaggio e lo stile di un immenso poeta. V'è un'energia stilistica, una nitidezza, una forza irresistibile e penetrante che subito solleva ed esalta il tono, il colore di uno spettacolo in una luce assoluta. Quella forza è come un virgulto, come un fiotto naturale: sale dal profondo, erompe e prorompe, infrange le leggi del parlar comune, divelle e spezza e ributta le fronde inutili, le liane sterili, la ramaglia morta della gran foresta poetica, e di schiarita in schiarita si innalza alle vette frementi e mormoranti e cantanti della visione tra gica. Si fa per dire. Non invochia mo, per il teatro d'oggi, le cime della tragedia antica. Non facciamo paragoni. Sarebbe da presuntuosi e retori; è, il nostro, un accenna, un ricordo un indiretto esempio. Ma certamente quello che si cerca oggi al teatro, quello che, se non erriamo, cercano soprattutto giovani, è un cotal modo di es sere puliti, schietti, interi, co raggiosi, semplici. E' una fran chezza nuova, un orgoglio pie no di umiltà, un vedere limpi do, è l'odio della frase fatta, del lutino comune, del sentimento artificioso, del « verismo » che invischia, e che ci affoga. La riforma teatrale va tutta verso questo rinascere del linguaggio scenico, tende a una cosa sola ed essenziale, all'integrità casta dello stile, alla purezza di una ispirazione che sciolga nei suoi candori il realismo e la verosimiglianza, e ci dia l'unica verità vera del teatro, la coerenza della fantasia. Perché un autentico linguaggio scenico è soprattutto rigoroso e coerente; la sua evidenza, il modellato, il contorno, la espressività suscitano e sostengono la divina naturalezza, eli¬ mgsafoleacndrinA—rmplafi|.mrmcumttmnsntsfgcgdsrsritfi minano le insistenze che stingono, le contraddizioni paradossali, creano quell'armonia non formale, ma interiore, che è la legge stessa dello spettacolo. E a questo miracolo si giunge: che lo spettacolo assomigli finalmente a se stesso, vogliamo dire alla fantasia che lo ha ispirato; unica verosimiglianza che in teatro valga. Il monologo di Amleto — essere, non essere... — non si intona a nessuna verosimiglianza quotidiana (chi ha mai visto un uomo che avanzi parlando così?) e le smanie della gatta che brucia sono forse frequenti (così si sussurra); ma in palcoscenico Amleto è total|.mente vero, e la gatta fa ridere. Mai una commedia, un dramma appar vero o verosimile perché felicemente paragonabile a una piccola realtà ■ della vita; ma è la particolar vita del teatro, tutta immaginaria e di fantasia, a rendere vere e verosimili le più impensate condizioni dell'uomo, i suoi sogni più strani e incontrollati. Anche là nei Tristi amori non è la verità del celebre « conto della spesa » che chiude il primo atto, a far così profondamente, nostalgicamente viva e persuasiva la commedia, ma è la verità struggente d'amore, di malinconia della commedia, e di quel suo stile scarno e poetico, a far vero o verosimile il « conto della spesa », che diversamente, alla ribalta, apparirebbe assurdo. -E infatti, non fosse per ragion poc tica, che senso avrebbe mai la filastrocca della domestica, «fi¬ letto venticinque, burro quindici, patate tre...», quale affinità avrebbe con la festa e la trasfigurazione teatrale? Abbiamo fatto forse un giro lungo; uno stile energico, un decisivo linguaggio non sono che il detto e il fatto di una coscienza d'artista: ecco tutto. Si vuole al teatro una coscienza nuova? Pare che i giovani la esigano. Bene, benissimo; e sia dunque, scrittori attori, oltreché un'esigenza, una vocazione .ardita, una conquista virile. Francesco Bernardelli t Georges Braque: «Natura morta con chitarra» (1930) esposta alla Biennale

Persone citate: Georges Braque, Tennessee Williams