5000 nomini nel settembre '43 rifecero l'esercito italiano di Nicola Adelfi

5000 nomini nel settembre '43 rifecero l'esercito italiano RISORGIMENTO DELLE FORZE ARMATE 5000 nomini nel settembre '43 rifecero l'esercito italiano La catastrofe politico-militare del fascismo aveva frantumato le nostre truppe - Un motto di Churchill: gli italiani devono guadagnarsi il «biglietto di ritorno» tra le nazioni democratiche - Ma ogni tentativo di mettere in piedi qualche divisione contro i tedeschi naufragava nelle; diffidenza dei comandi alleati - In quelle condizioni, tre battaglioni di fanteria, un reggimento di artiglieria e poche altre unità conquistano Monte Lungo e sono citate dal generale Clark come «esempio ai popoli oppressi d'Europa» (Nostro servizio particolare) Homo, 12 giugno. La serie degli articoli di cui iniziamo la pubblicazione non si propone di dare un ragguaglio completo delle nostre Forze armate, ma intende solo indicare, alcuni momenti di particolare significato nella loro recente storia. ' A che cosa si fosse ridotto l'esercito italiano tra il tllltllllllllllllllllllllltllllllf IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII settembre e l'ottobre del 'J/S, ve lo lascio dire da un osservatore straniero, l'inviato speciale del Times nell'Italia, occupata dagli alleati: « Dappertutto si vedono i resti in decomposizione dell'esercito italiano. I soldati appaiono Uberi da ogni sorta di disciplina o controllo, vagabondano a volontà durante il giorno e quando arriva la sera cercano di avvicinarsi a un campo alleato nella speranza di avere un po' di cibo. Molti soldati sono scalzi, per lo più cenciosi, polverosi, con la barba, lunga; le loro condizioni di spirito sono così basse che sarebbe impensabile affidare a uomini siffatti il più modesto compito di guerra. Ogni Mattina, con l'ansia negli occhi, fanno lunghe code nella speranza di ottenere dagli alleati qualche lavoro casuale. Essi accettano con gratitudine di fare qualsiasi lavoro. Centinaia hanno trovato un'occupazione temporanea lavorando a scaricare le navi e c caricare gli automezzi di lifornimenti; ma sono una piccola percentuale dello sgocciolio apparentemente senza fine di uomini lungo le strade » (The Times, 16 ottobre 101,3). E' un quadro duro, amaro, ma non malevolo; semmai reticente a nostro favore. Quei soldati non avevano più una caserma, un rancio, un lavoro, un ufficiale o un comando a cui rivolgersi; ed erano divisi dalle loro case dalla mancanza di mezzi di trasporto oppure dalla barriera di fuoco degli eserciti combattenti fra la Campania e gli Abruzzi. Per sopravvivere ' fisicamente quella immensa moltitudine di uomini sbandati, magri e sporchi, prostrati dalle sventure e dalla fame, dovette presto piegarsi alla triste legge della necessità; quando si sta per affogare, non si bada più alle condizioni di pulizia del salvagente. E così, molti si guadagnavano il pane rinunciando alla loro dignità umana d'un colpo solo o per gradi; si acconciavano ai lavori più degradanti, alcuni rubavano, altri vivevano ai margini dei vizi altruiIn breve,'se l'esercito italiano non esisteva più, era opinione diffusa che fosse diventata una merce rara anche la sua materia prima, gli uomini disposti a combattere. Perciò, tutte le volte che qualcuno avanzava la proposta di chiamare gli italiani a lottare con le armi in pugno contro i tede-chi, i sarcasmi si facevano ò >bito pesanti. E' precisamente quel ohe avvenne tra i lucidi banchi della Camera dei Comuni a Londra quando, il 21 settembre 1948, un vecchio e fedele amico dell'Italia, il deputato laburista Ivor Thomas, sostenne il diritto degli italiani a contribuire alla liberazione della loro terra. Si levarono da molti settori clamori e risate. Chi per tutti riassunse il concetto che avevano gli inglesi dei soldati italiani fu il deputato conservatore Quintin Hogg. Col più ironico sorriso domandò a Ivor Thomas: « L'onorevole deputato parla sul serio quando suggerisce che le qualità combattive dimostrate dagli italiani in questa guerra giustifichino il lavoro e il materiale che egli propone di spendere per loro t ». E l'impetuoso Ivor Thomas di rimando: < Certamente. Sa l'onorevole deputato perché le forze italiane non hanno combattuto con molto impegno in questa guerra? Perché esse non vedevano alcuna ragione di combattere contro la democrazia agli ordini di un brutale dittatore ». Altre risate, altri clamori, e il deputato Hogg, sempre col suo sorriso: « Capisca l'onorevole deputato che le truppe italiane hanno combattuto in questa guerra come nelle precedenti; dimostrando cioè che esse non sono affatto buone a fare la guerra>. Non molto diverse da quelle del signor Hogg erano le idee che predominavano nei comandi alleati. E' vero, Churchill aveva detto che gli italiani avrebbero dovuto guadagnarsi sin campi di battaglia <il b'jtieito di ritorno » fra le nazioni democratiche, ma \on appena da parte di Badoglio si accennava allo, costituzione di reparti combattènti italiani, subito si rispondeva col silenzio dei sordi. Così, senza risposta rimase il telegramma che a metà di settembre Badoglio inviò al generale Eisenhowcr, comandante in capo alleato: « Insieme combattemmo nel 1917-18, e ricordatevi che gli italiani non sono dei"poltroni. Abbiamo dovuto chiedere l'armistizio perché la guerra non era voluta dal popolo e perché senza i mezzi occorrenti, ma non intendiamo assistere inoperosi alla liberazione del nostro Paese. Chiedo pertanto a voi, onorato soldato, che permettiate che truppe italiane siano impegnate a fianco delle vostre nelle lotte contro il comune nemico ». , Furono settimane di brucianti umiliazioni, ma anche di febbrile lavoro. Badoglio e i suoi collaboratori, come anche i molti volontari che ogni giorno attraversavano le •linee dei combattimenti per andare ad arruolarsi nel futuro esercito italiano, avevamo una gran fretta di guadagnarsi <il biglietto del ritorno » nel modo più onorevole; bisognava far presto sia per dimostrare che non era stata la viltà a disarmare gli italiani, sia perché allora si pensava che la guerra sarebbe stata una veloce galoppata dal Volturno alle Alpi. Secondo i càlcoli dello Stato maggiore italiano, in pochi mesi avremmo potuto mettere sul piede di guerra ben dieci divisioni, solo che gli alleati ce lo avessero permesso; alcune erano già pronte e ordinate nella Sardegna e nella Corsica, altre sarebbero state formate con l'abbondante materiale bellico catturato dagli alleati nella Tunisia e nella Sicilia oppure giacente nell'Italia meridionale. Tuttavia, di ben altro tenore erano i calcoli e progetti degli alleati. Soprattutto inglesi, francesi, jugoslavi e greci non avevano alcun interesse a vedere UIIIITIIIIIlllIIIIIIIIIllllllllIItlllllIlllllllIllllItlll l'Italia sul treno dei vincitori col famoso biglietto promesso da Churchill; pensavano anzi die nel giorno della resa dei conti sarebbe stato più comodo trattare con un'Italia vinta e disonorata. Perciò, niente navi per il trasporto di uomini, armi e' munizioni. E tutte le volte che i nostri Comandi riuscivano a racimolare un po' d'equipaggiamento, a riempire un magazzino di armi e di munizioni, subito arrivavano gli alleati per impadronirsene; per lo più le spedivano in Jugoslavia, alle formazioni di Tito. E alle nostre rimostranze, si dava la solita risposta sprezzante; i soldati italiani non sapevano combattere, potevano essere impiegati solo ,nei servizi della retrovia. Fu in questo clima di sfiducia dichiarata e di abbattimento, che il 28 settembre 1948 venne costituito, con mezzi esclusivamente italiani, il raggruppamento motorizzato: tre battaglioni di fanteria, un reggimento di artiglieria e altre unità minori; in tutto, 5000 uomini. Era poca cosa, se si pensava alla primitiva speranza di schierare sui campi di battaglia dieci divisioni, intorno a 200 mila soldati, ma era pur sempre un inizio, un primo passo sulla strada del nostro secondo risorgimento. Per capire quanto grande è il debito di gratitudine che ha il Paese verso quel piccolo nucleo di 5000 combattenti, ricordiamoci di come era l'Italia nell'autunno del 1948, qual era l'aria che si respirava. Nella decomposizione degli organismi fascisti, fra le sciagure di un popolo e la miseria dei più, prosperavano la borsa nera, la prostituzione, il cinismo. E i soldati del raggruppamento motorizzato erano scherniti dai furbi, avviliti dal confronto fra le loro uniformi sgualcite, le loro armi antiquate, i loro viveri e i loro assegni e quelli delle truppe alleate. Tuttavia seppero resistere alle avversità, vollero guardare lontano. Anche per la sua composizione etnica, il raggruppamento rappresentava una piccola Italia: c'erano soldati di tutt'e sedici le regioni. Un terzo dei reparti era formato da lombardi, un altro terzo da veneti, emiliani e piemontesi; fra le regioni meridionali l'aliquota più forte era dei pugliesi (il 7 per cento). Fti l'8 dicembre 1943 che quella prima rappresentanza dell'Italia che voleva risorgere libera e onorata camminò incontro al nemico sulle pendici di Monte Lungo, punto fondamentale dell'offensiva verso Cassino. Come si comportarono quei nostri soldati, ve lo lascio raccontare dallo stesso inviato del lllllllllllllllllIIIIIIIIlllllllllllllllllllllllllllllMItllIl Times le cut parole ho citato all'inizio dell'articolo: < Hanno sofferto perdite pesanti, una circostanza ch'è stata addebitata alla loro inabilità nelle prime fasi dell'attacco. Fu però una prode inabilità. Essi avanzarono per la salita, alpini e bersaglieri, marciando diritti e cantando. Incontrarono un fuoco imprevisto di mitragliatrici e di mortai sul loro fianco sinistro, che ritenevano sicuro; l'errore può essere come può non essere stato loro. Non ostante le perdite sotto le mitragliatrici i soldati italiani si avvicinarono tanto al nemico da venire al combattimento alla baionetta e a bombe a mano. Essi guadagnarono terreno e poi doveteci o ritirarsi, ma si aggrapparono a un tratto del terre-nò che avevano conquistato, e tuttora vi si aggrappano ». Questa corrispondenza dal fronte italiano apparve sul Times il 17 dicembre. Il giorno precedente le truppe italiane avevano conquistato l'obiettivo fallito la prima volta, Monte Lungo. Il comandante della V Armata americana, il generale Clark, mandò questo telegramma: « Il successo riportato con l'attacco di ieri su' Monte Lungo dimostra la determinazione dei soldati italiani a liberare il Paese dalla dominazione tedesca, determinazione che può ben servire di esempio ai popoli oppressi di' Europa ». L'Italia aveva cominciato a pagarsi il biglietto del ritorno. Nicola Adelfi