Gl'intrighi di violente fazioni dietro i discorsi del generale in Algeria di Paolo Monelli

Gl'intrighi di violente fazioni dietro i discorsi del generale in Algeria Assieme a De Gaulle nel suo viaggio in Africa Gl'intrighi di violente fazioni dietro i discorsi del generale in Algeria (Dal nostro inviato speciale) Parigi, 7 giugno. Cinque volte ha parlato al popolo De Gaulle in Algeria-nel giro di tre giorni; partendo da Parigi la mattina del mercoledì, ritornando alla capitale la s'era del venerdì grazie al velocissimo bi-reattore « Caravelle > che è orgoglio dell'industria aereonautica francese ed è stato in Algeria, dopo il generale De Gaulle, l'oggetto della più viva curiosità-della gente. Forse qualche semplice indigeno si è indotto a.credere che De Gaulle sia veramente un uomo superiore a tutti gli altri solo per questo, che travalica i cieli a una velocità più che doppia degli altri mortali; Tese questo voleva dirmi il vece, o arabo che sulla terrazza del municipio di Mostp.ganem, al passaggio del generale che dopo aver parlato si recava in una saletta per ricevervi i capi indigeni, mi prese violentemente per il braccio, ridendo con pochi denti superstiti, e dicendomi in una lingua mista, general sidi caid, grand homme; poi indicò il cielo e fece uscire dalle labbra un sibilo che poteva essere espressione di venerazione o magari imitare il fischio lacerante dell'apparecchio a reazione. Questo è stato l'unico arabo, dall'aspetto di notabile di second'ordine, che ho veduto così gongolante alle promesse di integrazione; poco prima, osservando dalla terrazza la folla compatta che colmava la piazza ed il grande viale che vi adduce, e tumultuava con la solita ammoina di applausi di battimani di grida di invocazioni, tenevo d'occhio soprattutto le folte macchie degli indigeni, in grande parte contadini venuti dalle campagne vicine, con un pittoresco cappellone a cono di paglia policroma, che ricorda quello degli lndii messicani; e vedevo come pochi battessero le mani, pochi gesticolassero; i più stavano immobili, silenziosi sotto la pioggia di lusinghe tutte per loro: « Sie te tutti francesi, siete come quelli che vi fanno lavorare, avete gli stessi diritti, dovete avere gli stessi salari per gli stessi lavori, le stesse assicurazioni sociali >, che avrebbero dovuto indurli ad un caloroso consenso. Cinque volte dunque De Gaulle ha parlato al popolo, ad Algeri, a Costantina, a Bona, a Orano, a Mostaganem; ed, in privato, ha fatto un discorsetto a una scelta adunata di funzionari e- di giornalisti nel giardino della prefettura di Orano. Ed ha sempre fatto più o meno lo stesso discorso (tranne che nell'ultimo caso) ; con una oratoria fatta di venerande Immagini (fiamma immensa, soffio che incendia, vocazione millenaria della Francia, fra telli che si tengono per mano), di venerandi appelli, 11berté égalité fraternité, d'una rettorica soldatesca e patetica; che assumeva ogni tanto, vogliamo credere involontariamente, un tono dittatoriale: « Moi, De Gaulle, je vous dis.. Io, De Gaulle, vi prometto... Io, De Gaulle, vi affermo... Io, De Gaulle, ho avuto questo mandato dalla Francia... » Ma è sempre stato lo stesso discorso, che partendo da parole come « la Francia è qui » « la Francia e tutto il mondo apprenderanno grandi cose da qui », e simili, annunciava poi che tutti gli abitanti dell'Algeria, quali che siano la razza e la fede, debbono essere fran cesi come gli abitanti della metropoli, e non vi saranno più né barriere né privilegi, e 1 francesi e i musulmani d'Algeria parteciperanno insieme al referendum costituzionale in un unico collegio elettorale. Poi seguiva una lode all'esercito, alla sua opera tenace ed ammiranda. Veniva in fine la promessa di indulgenza e di perdono a coloro che hanno preso le armi in una guerra fratricida, e dimostreranno di esserne pentiti. Tuttavia, in ognuno dei di scorsi successivi a quello di Algeri, si sono notate sfumature di parole, o frasi aggiun te, od omissione dì frasi già dette; parole nuove od omissioni in cui, chi era al corrente dei retroscena, riconosceva la risposta a questa -o quella obiezione di persona del suo seguito, il rimprovero a certi atteggiamenti di comitati di azione pubblica; o anche soltanto il desiderio di ribadire un argomento già esposto. Così Me parole dette a Bona, «bisogna rinnovare tutto ciò che ,è alla testa del Paese e dello Stato », sono diventate a Orano: «Con il vostro concorso dobbiamo rinnovare il nostro Paese dall'alto in basso, da un capo all'altro » Ad Orano De Gaulle ha lasciato cadere la frase delle braccia aperte ai ribelli che si pentiranno; se non è stata una dimenticanza (il generale parla a braccio, senza il menomo appunto), forse si tratta di una concessione allo stato d'animo dei fieri paracadutisti e del loro comandante, il Massu, che ha avuto con il De Gaulle alcuni urti e contrasti, dei quali è eorsa subito la voce. A Orano infine il Cqmitato dpimtaPchbrvs| bcgdgsrelusdmssRdsvcmtaDfPsdfqsccgeslcstlciidrRPaszct Sfumature di parole, frasi aggiunte od omesse lasciavano intravvedere i retroscena degli incontri talvuìa burrascosi con i rivoluzionari - Tra la folla esultante dei coloni, gli indigeni compatti e silenziosi di rado applaudivano - Patetico incontro nel giardinetto della Prefettura con magistrati in roboni e vecchi signori con i baffi a virgola e la mosca napoleonica e o o e o e a i i , i i a e e, e i ao o e o, a ao a di a a o e a e a, e a a1a a; oa: . .. .. e» o a» o a oi la n a o e lme le di salute pubblica, o i membri più energici, sono riusciti ad impedire al sindaco e al depu npitato della città, Fouques dui mdpzzfielatdmdafiadmfalMrdtctvPare, fratello di quel Jacques che è stato recentemente ambasciatore a Roma, di accogliere nella sua sede il Capo del governo; una macchina di attivisti del Comitato di salute pub| blica si è messa di traverso al cancello della sua abitazione è gli ha impedito materialmente di muoversi. D'altro canto, il giorno prima ad Algeri c'era stata una manifestazione di carattere sedizioso da parte degli estremisti del Comitato di salute pubblica, culminata nella sdegnosa dichiarazione alla radio del vicepresidente del Comitato, signor Delbecque, che si riassume tutta in quella frase: «Abbiamo forse passato il Rubicone il 13 cmgglo per indugiarci a pescare i pesciolini sulla riva? ». A questa tracotanza di questi vari Comitati di salute pubblica, o d'una parte attiva dei loro membri, che intendono soprattutto soppiantare o sostituirsi alle autorità legali, ha risposto De Gaulle parlando con tono familiare nel giardinetto della Prefettura di Orano ad una scelta radunata di magistrati, di funzionari, di militari con famiglia, di ex-combattenti (un quadretto vagamente ottocentesco sotto le alte piante tropicali, che, chissà perché, mi faceva pensare a « Paolo e Virginia»: magistrati con roboni e alti tócchi cilindrici, vecchi signori con i baffi a virgola e la mosca napoleonica, dame che attenuavano il taglio di vesti del principio del secolo con trovatine moderne, prelati, militari con incollati sul capo 1 cheppì durissimi); dicendo che i Comitati debbono chiarirsi le idee, e mettersi in te3ta che non debbono né sostituirsi alle autorità né invaderne il campo, Rientrato poi nell'edificio della Prefettura ha detto seccamente ai membri del Comitato, lasciandoli perplessi: «Non forzatemi la mano. Non si può fare una rivoluzione ogni mattina». Si è avuto qualche volta il senso che i ricorrenti applausi calorosi e le chiamate a Soustelle nel corso delle cerimonie del tre giorni non siano stati sempre una semplice variazione della folla chiamata a scandire clamorosamente i nomi dei suol idoli De Gaulle, Soustelle, Massu. ma provocati anche fuori luogo da Imbonitori agli prdinl degli attivisti dei Comitati di salute pubblica, che non perdonano a De Gaulle di averlo lasciato in disparte, ed escluso dal Ministero dell'Africa, senza dargli nessun altro incarico in Algeria (ma tenendoselo d'altra parte sempre vicino nelle cerimonie e sui palchi). Queste grida hanno finito con lo scocciare, se mi sia permessa la parola, anche il gen. De Gaulle; che ieri mattina ad Orano, interrotto alle prime parole da grida di « Soustelle, Soustelle », ha battuto la mano sul parapetto sì da far tremare il microfono e ha detto, rivolgendosi alla parte da cui giungeva il clamore: «Vi prego di lasciarmi parlare >. Infine il ricorrente richiamo all'esercito, la lode sempre ripetuta al suo coraggio, alla sua tenacità, al modo esemplare come ha sempre compiuto il suo compito, è interpretato nel senso che De Gaulle ha inteso lusingare la sola forza in Algeria che possa controbattere i Comitati di- salute pubblica; ed è certo che il generale intende aumentare al massimo i suoi poteri. Si dice che gli ufficiali dell'esercito in Algeria siano partigiani, assai più dei borghesi, dell'integrazione; e anche se De Gaulle UllllllllllllItlItlllllllllIflIIIIIIIillttlIIIIIIlllllllI non abbia mai usato questa parola, l'elenco dei diritti che intende concedere ai musul- mani dà l'immagine, se non d'una integrazione in forma politica, certo di una integrazione totale di fatto. Ad ogni modo sull'integrazione, come avverrà, in che forma, con che modalità, le idee non sono chiare ancora, e nemmeno sono prevedibili le conseguenze che essa possa avere per una Nazione che si trovi composta ad un tratto di un quinto abbondante di musulmani, assai più prolifici dei metropolitani, e che grazie ai promessi provvedimenti profilattici e igienici riusciranno a salvare la massima parte dei bambini che mettono al mondo, oggi decimati da una forte mortalità. Nel 1920 o giù di lì, dopo la annessione dell'Alto Adige all'Italia, il Simplicissimiu di Monaco pubblicò un disegno rappresentante due contadini di quella regione che si intrattenevano tra loro, e l'uno diceva all'altro: « Sai, Seppi, avevo sempre pensato durante la guerra che l'avremmo vinta, ma che arrivassimo ad annetterci tutta l'Italia non lo avrei mai creduto ». Osservando ieri dietro la terrazza del municipio di Mostaganem due indigeni seduti con le gambe penzoloni sul ciglio di un muro dell'antica fortezza turca, che ascoltarono in si¬ ciiiiiimMiMiiMiMiiniMiiiiiiiiiiiimiiiiiiitiiiiii lenziosa attenzione le parole del generale e a.!., fine si scambiarono con un'oi.ibra di sorriso alcune parole, immaginai che "Uno dicesse all'altro qualche cosa di simile: « Sai, Mohammed, che fossimo francesi già lo sapevamo, ma che adesso la Francia diventi tutta una grande Algeria, questo supera tutte le nostre fantasìe ». Paolo Monelli