Le donne pensano che la nuova moda sia inventata dà sarti che le detestano di Clara Grifoni

Le donne pensano che la nuova moda sia inventata dà sarti che le detestano Le donne pensano che la nuova moda sia inventata dà sarti che le detestano Cambia troppo io fretta, costringe a spese eccessive, inventa abiti adatti soltanto per le adolescenti -1 '"maestri,, di Parigi sembra che vogliano nascondere, per vendetta, la bellezza femminile Un rotocalco femminile ha indetto un referendum tra le sue lettrici, invitandole a esprimere 11 proprio giudìzio sulla moda 1958. La cosa, a prima visti, non ha niente di strano: i referendum sono entrati largamente nei costumi. Però la moda, che io sappia, non era stata messa ancora sotto Inchiesta. Ora l'incanto è rotto, il che potrebbe anche essere un brutto segno: guaì se la moda s'incomincia a discuterla. Ed è proprio quello che fanno le lettrici del rotocalco. Tra le loro risposte, molte contengono delle critiche. Ne riporterò qualcuna, che sembra interpretare degli stati d'animo piuttosto diffusi. Quello che si rimprovera alla moda prima di tutto, è d'essere «impazzita > e di « far salti > a ogni stagione, buttando fuori novità che sconvolgono 11 guardaroba. Le donne amano la novità e hanno il gusto del travestimento. Ma ormai il giuoco è cosi rapido e incalzante — oggi si porta la vita sui fianchi, domani i fianchi sulla vita — da non dare più all'occhio nemmeno il tempo di abituarsi. Inoltre la donna media, che in genere si veste col denaro che guadagna e non ne guadagna mai abbastanza da rinnovare continuamente le sue toelette, deve quasi sempre rinunciare all'ultimo grido e attenersi a una linea neutra che offra qualche garanzia di durata. Ciò spiega in parte perché le variazioni della moda, che una volta mutavano la fisio¬ nomia delle strade (e una moda non aveva successo se non quando diventava la <voce delle strade >), ora sieno avvertite appena. Le fogge più audaci, come quella attuale, si risolvono per la maggioranza delle donne in caute concessioni e specialmente in timidi ritocchi agli abiti dell'anno prima: giacche più sciolte, gonne un po' accorciate e le vecchie princesses ringiovanite da una cintura bassa. Per vedere i sofisticati baby-dolls e i trapezi, bisogna andare alle inaugurazioni, ai cocktails o all'Opera, che sono le estreme ribalte dell'eleganza integrale. Un altro lamento sale dal referendum, convalidato da un buon numero di partecipanti: negli ultimi anni la moda sembra aver perso di vista il suo scopo principale, che è quello di dar risalto alle attrattive femminili. Dopo il '48 e il neio look, che ridiede alle donne la gioia di vestirsi, compensandole d'un lungo periodo di forzata sciattezza e di rinunce, è stato un succedersi di linee (linea matita, linea bambù, linea H, A, Y) sempre meno benigne verso quelle famose attrattive, sino all'odierna linea sacco-trapezio, che le abolisce completamente. Quali donne possono indossare gli abiti corti e gonfi di questa primavera, senza esporsi al ridicolo e ai lazzi stradali? Soltanto le giovanissime, che per di più sieno asciutte come efebi e dotate d'un certo sangue freddo. E' ormai unicamente questo tipo di donne — chiamato fruit veri 0 fagiolino e che ha il suo prototipo in Audrey Hepburn, il suo illustratore ideale in Bernard Buffet — a ispirare 1 grandi couturiers, da Givenchy a Balenciaga, al flebile Yves Saint-Laurent. «Il corpo è passato di moda, tocca all'abito dargli una forma», fu l'inquietante premessa al lancio delle fogge primaverili. E non so se mi spiego. Comunque, la realtà è questa: da Dior in giù, il privilegio di crear la moda si è concentrato in pochi uomini, tutti d'indubbio talento, squisitamente raffinati e innamorati del proprio mestiere (incominciarono da piccoli, vestendo le bambole); ma tutti, diciamolo, poco sensibili alle grazie muliebri. E Freud spiegherebbe certo meglio di me come dal conflitto tra la loro passione per i begli abiti e il rimpianto di non poterli provare su se stessi per renderli perfetti, nasca in questi «creatori » un oscuro risentimento del quale resta traccia in alcuni modelli, che rendono spietatamente grottesche le donne. Cè da chiedersi perché le bizzarre formule dei sarti non vengano controbilanciate dal buon senso delle sarte, che non considerano il corpo femminile « une cTiose, su cui poggiare degli abiti » (la frase viene attribuita a Hubert de Givenchy). Le sarte conoscono le esigenze delle proprie simili e sanno d'istinto come lusingarle e incantarle; per quasi due secoli, precisamen te dall'epoca di Luigi XIV al Secondo Impero, che vide sorgere l'astro di Worth, la moda fu in mano alle donne; e a crearla, insieme alle Rose Bertin, contribuivano le regi ne,' le grandi attrici, le cortigiane famose. Oggi le sarte hanno perso lo scettro della Haute couture e ormai, scomparsa la geniale Schiapparelli e invecchiata l'estrosa Chanel, che < inventava abiti come sonetti », non vi è più nelle loro file chi riesca a sostenere la concorrenza degli uomini. Può apparir singolare che questo accada proprio in Francia, dove il matriarcato è in atto; mentre in altri paesi, come a esempio il nostro, che sono ancora essenzialmente maschili, le sarte continuano a prevalere nel campo della moda. Ma forse non lo è. Forse è nell'ordine fatale delle cose che, se le donne avanzano nelle posizioni degli uomini, gli uomini s'insedino in quelle delle donne; e magari, le une e gli altri, a scàpito delle rispettive naturali caratteristiche. E' una moda che poco risponde ai gusti delle italiane, restate in massima parte donne-donne; e non dispiace averne conferma, sia pure attraverso un'inchiesta da rotocalco. Le nostre sarte ne dovrebbero prender nota: soprattutto quelle che vanno ad assistere, nei templi dell'avenue Montaigne o di rue Alfred de Vigny, alla cerimonia quasi liturgica delle sfilate. Clara Grifoni

Persone citate: Alfred De Vigny, Audrey Hepburn, Balenciaga, Bernard Buffet, Freud, Hubert De Givenchy, Luigi Xiv, Rose Bertin, Schiapparelli, Worth

Luoghi citati: Francia, Parigi