Tommaseo poetico di Francesco Bernardelli

Tommaseo poetico Tommaseo poetico Ispido, aspro e anche troppo « morbido » fu il carattere di Niccolò Tommaseo : personaggio raro («singolare uomo», lo diceva il Carducci), sconcertante e affascinante; ì moderni possono comprenderlo anche meglio dei letterati ottocenteschi perché in lui la contraddizione, il contrasto perenne, la carne il diavolo e Dio trovavano pronte a tutti gli eccessi, di peccato e di pentimento, di torbidezza < di ascesi, una senslbilit? nervosa, un'acutezza di ascolto, una così compiaciuta dilettazione nell'erotismo, nel dolore e nelle commiste visioni celesti, che soltanto l'avventurosa psicanalisi potrebbe definire. L'intimità del Tommaseo, quella sua natura rapida intensa e annodata, era colma di sogni ambigui, di vaticini, di presentimenti; egli fu sempre un po' il profeta di se stesso, ebbe travolgente, col senso della colpa, quello della redenzione, e una fede assoluta in Cristo: e tra le espansioni quasi puerili di carità e di estasi, tremendo gli fu l'istinto naturale, e la maligna ansietà, e quello spirito, alto e solenne, degli Inni della Bibbia e della Chiesa che cosi bere si addicevano ai suoi momenti di tragica fantasia. A tratti, allucinazioni potenti, qualcosa come il destino che batte alla porta; vent'anni prima dell'inizio della cecità, nel Diario intimo annota : « Il chiudere gli occhi come acciecato, e riaprirli alle gioie della luce, m'è piacere frequente e purissimo... ». Ci si domandò legittimamente se proprio questo peso « corporeo », questa « complessità » ancor troppo agitata e intrisa di umori terrestri non abbiano contribuito a impedirgli il pieno possesso della poesia. Perché la ricchezza, e finezza e varietà dei temi poetici del Tommaseo, dei suoi « germi », fu meravigliosa davvero, e in qualche modo precorritrice; Carducci, D'Annunzio, Pascoli vi trovarono aperture, intonazioni, sfumature e accenni e proposte di linguaggio poetico. Certo tuttavia rimane che, tra tante possibilità, e tra bellissime poesie, una figura completa, totale, rappresentativa di Tommaseo poeta non c'è. O almeno a noi non appare. Ma, ed ecco il punto che c'interessa, l'unirà spirituale di lui è ben riconoscibile, e presente. E se della sua poesia non abbiamo un'opera che la definisca ed esaurisca intera, della sua « poeticità » abbiamo una storia ben precisa e attraente. Alla scoperta ci soccorre una pubblicazione recente; è il volume antologico a lui dedicato, nella collezione dei classici di Riccardo Ricciardi, da Aldo Borlenghi. (Niccolò Tommaseo - « Opere »). II Bor lenghi ha raccolto una serie di testi, moltissime poesie, i Canti greci e illirici, Fede e Bellezza, un ampio stralcio del Diario intimo, brani del commento alla Divina Commedia, e, tra altri pezzi, lettere (particolarmente al Capponi e al Vieusscux) che ci danno del Tommaseo soprattutto la figura e l'anima poetica. Nell' introduzione, il Borlenghi bene illustra l'apparizione e la formazione di questo Tommaseo « poetico »; vocazione che si palesava di ora in ora, sulla più minuta sua cronaca personale; la coltura, letteraria linguistica storica, riportata a esperienze interiori, la poesia ricondotta al dolore. Così, di fronte al Foscolo, al Leopardi, al Manzoni, la verità del Tommaseo assume un significato particolare; non è soltanto un aderire o un avversare critico, ma è tutto il senso, la visione, il significato della vita, è un epporre alla poetica e alla poesia di quei grandi non tanto la sua poesia e la sua poetica, quanto la sua « poeticità », ossia il suo modo stesso di essere, di esistere. Il Borlenghi sottolinea questa « alterezza romantica », fitta di sofferenze, di difficoltà, di scompensi, cosi spiritualmente gelosa di se e sostenuta da una mirabile, continua aspirazione: ricerca di una poesia « pensata », di un'armonia che trasfiguri i fatti in « pensiero » divino, quella poesia che il Capponi definiva « desiderio del desiderio », facoltà tutta dell'anima, affetto.... Se il Tommaseo cercò di trasferire in strofe e rime e ritmi questa aspirazione e non sempre la risolse, e articolò e snodò in canto e in musica, tuttora profondo e vero ne risuona l'accento, e sull'incerta e sfuggente e talvolta arida e manierata poesia scritta, sempre più si schiarisce quello stato di grazia. E' un certo ardore di penetrare nel mistero universale, è un attrarre nel cerchio magico del verso grazia e fragranza di affinità, di analogie, enti ed elementi invisibili; qualcosa come un atto di fede, poesia religiosa. La poesia era per Tommaseo ininterrotta coscienza: tutta la vita come l'aprirsi di una grande confessione, un inclinarsi su di sé, un accogliere da ogni caso ed occasione e ricordo la speranza di visioni e rivelazioni alte e sublimi. Sempre più egli tendeva a un'intuizione universale, a toccare i confini immensi e le plaghe inaccesse della creazione di¬ vacgsceppntslsmG'dcmmfqtdTmtddmms vina; ma, per nulla panteista, anzi 'oico e un po' astratto, più che il vero e proprio canto, raggiunse quella specie di entusiasmo concettuale e metafisico che, della sua vita, fu la somma e il fiore. In un certo senso si potrebbe dire che anche il suo' panteismo mancato, che accenna e tràluce qua e là e subito si trasforma in allegoria e simbolo, sta a indicare un aspetto di quelle interne fratture che contrastarono la pienezza della sua musica. « Quanto al panteismo del Goethe, scriveva l'8 agosto del '36, non so, perché poche cose di lui conosco »; e aggiungeva che non ad essere panteista egli mirava, ma ad indicare la « comunione delle cose ». Se l'approfondimento di Goethe deriva da quel suo identificare Dio e natura, sicché questa si accresce di un perenne senso arcano, il Tommaseo, pur attratto e commosso da ciò che la scienza poteva suggerire di età geologiche, di evoluzioni e trasformazioni della materia, dell'infinità dei mondi, circoscrivendo il suo romanticismo, sulla scorta del pensiero cattolico, in una cosmolo¬ gtvDrsl*i 1111111111 i 11 r 11111 ■ 11111 r 11111111111111 iiiiiiiiiiiii gia antica, in un rigore che potremmo dire scolastico, si poneva, umile creatura di fronte a Dio creatore, come un pio offerente di lodi e di grazie. E il suo stupore per la bellezza del creato inneggiava agli Angeli, e le sue fantasticherie apparivano lievemente artificiose. Come se l'impulso primitivo, e di per sé sconfinante, si rapprendesse e raggelasse in una nobilissima ma un po' rigida disciplina, in una fredda luce intellettuale. Dalla poesia dell'affetto a quella cosmica s'intende dunque il Tommaseo se lo si segue nella sua perpetua condizione lirica, "e se ne accettano le risoluzioni frammentarie come note di quella più vera « poesia » che fu la sua esistenza tormentata e patita: iL suo fascino è qui, nella continuità di una vocazione non sempre adempiuta, ncll'accendersi della sua vita privata, e privatissima, in « pensièri » di poesia, in riflessioni e incanto di linguaggio, in quella sparsa suggestione che più o meno oscuramente, come disse il Flora, avvertirono poi il Carducci, il Pascoli, il D'Annunzio. Francesco Bernardelli iiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiliMiiiiiiiiiiiiMii