Un segno calunniato

Un segno calunniato LA LINGUA PURA E IMPURA Un segno calunniato Nemici e ornici del punto esclamativo - Niente di meglio a far vibrare una frase di sorpresa dolore stupore minaccia - Dannabile è soltanto l'abuso - Lo stesso sospiroso Petrarca lo adoperava con molta discrezione Come ee l'aveva Ugo Ojetti eoi punto esclamativo! Tanto da proporne pubblicamente, nel 1926, l'abolizione. « Odio, scrisse, questo gran pennacchio su una testa tanto piccola, questa spada di Damocle sospesa su una pulce, questo gran spiedo per un'passero, questo palo per impalare il buon senso, questo stuzzicadenti pel trastullo delie bocche vuote... » E ancora lo chiamò: punteruolo da ciabattini, siringa di morfinomani, asta della bestemmia, pugnalettaecio dell'enfasi, daga* dell'iperbole, alabarda della retorica; e finalmente: servo scemo dell'interiezione. Non avrebbe trattato peggio chi gli avesse bruciato il Salviatino. Più ragionevole un altro scrittore moderno. Marino Moretti: «Noi siamo del parere che questo segno ortografico, anche se privo di classica anzianità e che tanti poeti del secolo scorso, non di prim'ordine, fecero romantico, non debba sparire proprio del tutto » («Lingua madre>). E In prova della sua < funzionalità », cioè del potere di rivelare sottilmente certa intenzione dell'autore non proprio futile, cita due versi del Pascoli: « Vissero un tempo due vicini i?i pace Che avean comuni il campo il fonte il servo!» dove a prima vista l'esclamativo par di trop po. « Ma a ripensarci, sentlaImo che 11 P0^ affida ad esso .SjMKSSfe &£} --- vicini avevano in comune non solo il campo, ma anche il fon te, finanche il servo ». Il punto esclamativo sta insomma al mondo con gli stessi diritti del l'interrogativo contro cui non si bandirono mal crociate; e quando ci va, ci vuole. Niente di meglio a far vibrare una frase di sorpresa dolore stupore minaccia speranza o altro forte sentimento. E si colloca o in fondo al periodo (con valore di punto fermo), quando tutto- il periodo s'imbeve dell'esclamazione: Che bella donna.' o subito dopo la esclamazione vera e propria, quando il tono esclamativo si restringe ad essa: No/ non è bella. Segna una pausa, massima mezzana minima, secondo che tien luogo del punto e del punto e vìrgola o dei due punti e della virgola; ond'è affatto inutile aggiungere al punto esclamativo, come taluni fanno, un altro di quei segni: Basta!, me ne vado. Dannabile è soltanto l'abuso: i Classici, lo stesso sospiroso Petrarca lo adoperava con molta discrezione, e perciò gli faceva tanto più prò. Perché ha ragione il Gabrielli: « Come chi, volendo stupir tutti, finisce col non stupire più nessuno, cosi il punto esclamativo, per tornare troppo spesso, non avrebbe più importanza. > Purché tenga il secondo posto, l'esclamativo può anche stare con l'interrogativo a segnare una miscela d'interrogazione e di stupore: Come hai potuto far questot! Mai grammatici moderni sono restii a concedere questa simbiosi, e affatto contrari alla moltiplicazione dei punti ammirativi: Bum.'.'.'.'.' Invero non si possono dare regole assolute: lo scrittore sensibile che misura gli effetti al milligrammo, può anche aver bisogno di combinazioni come queste: t.'!, tu e persino: .»(.'), e usarle senza perciò essere infamato. Purché ci sia serietà e travaglio. Oggi la fortuna del punto esclamativo è tanto bassa, che si vede scritto dinoccolatamen te: Che bello. Che gioia. Che pena. Del resto tutti i segni di interpunzione, levato il provvido punto fermo, Bono in dis. grazia, sembrando troppi alla nostra pigrizia e fastidiosamente diversi. Al contrario gli scrittori d'una volta giudicavano che fossero pochi e insufficienti; tanto che alcuni di loro ne inventarono di nuovi. Il Dossi, pur avverso ai lin¬ guaioli e ai « toscasineggianti » come li chiamava, sentiva tanto addentro nelle cose di lingua, che dopo aver stancato a furia di finezze la virgola (« Il gallo, canta. >), avverti il bisogno d'un segno Intermedio tra la vìrgola e il punto e virgola: le due virgole sovrapposte: J, Né.fu il solo ardire di quello « scapigliato » tanto amante dei segni. Con più fondamento propose e attuò l'accentazione, non solo delle tronche e delle sdrucciole, ma anche delle semitronche (precipitai) delle bisdrucciole (precipitano) e delle trasdrucciole (precìpitanosi), non perdonando l'accento che alle piane (precipitare) e semlpiane (pre cipuo). E in quanto al nostro punto esclamativo lo usò con l'abbondanza del romantico e la lucidezza del classico; anzi adottò, e per l'esclamativo e per l'interrogativo, l'usanza spagnola di premetterne uno capovolto in principio dell'interrogazione e dell'esclamazione. Accade infatti che quando il periodo è lungo e complesso, il lettore troppo tardi si accorge del segno Interrogativo o esclamativo In fondo, e sbaglia la flessione. Specialmente nelle letture a voce alta l'inconveniente si fa sentire; e quando usava che i gran signori si facessero leggere i libri da leggitori di mestiere (per lo più signorine), ci saranno stati intoppi malintesi discussioni e fors'anche licenziamenti in tronco. Ma quantunque ragionevole quella riforma dossiana non ha attecchito, e non attecchir ~e neppure a toccare la corda del risparmio di tempo e di fatica: l'unica a cui 1 moderni non sanno resistere. Proporre che il punto esclamativo, ormai bandito in forma scempia anche dai luoghi dove sarebbe necessario, ci ritorni raddopp \to? | State freschi; Leo Pestelli

Persone citate: Gabrielli, Leo Pestelli, Marino Moretti, Petrarca, Ugo Ojetti