Massu il "ribelle,, mi ha detto di Francesco Rosso

Massu il "ribelle,, mi ha detto Massu il "ribelle,, mi ha detto I primi propositi di rivolta esposti in un'intervista al nostro inviato Il nostro Inviato Francesco | gRosso fu ricevuto, nel dicembre scorso, dal gen. Massu ad Algeri. Per correttezza professionale, egli non riferì allora le dichiarazioni confidenziali del comandante dei paracadutisti: l'nuovl avvenimenti gli consentono, ora, di uscire dal riserbo. « Acconsento a riceverla, mi disse il gen. Jacques Massu, a condizione che lei non riferisca quanto le dirò >. Tranne un vago accenno in un articolo inviato al giornale alcuni giorni dopo quell'incontro, ho tenuto fede alla parola, anche per deferenza all'amico che mi aveva presentato allo strapotente generale dei paracadutisti francesi; ma oggi penso che i drammatici avvenimenti d'Algeria mi sciolgano da quelle riserve. Ribellandosi a Parigi, il gen. Massu ha tradotto in bruciante realtà le parole pronunciate durante quel colloquio. Era il tardo pomeriggio del 15 dicembre scorso, e nel vasto salone-studio tutte le lampade erano già accese. All'inizio della conversazione il gen. Massu palio della sua attività militare Nel 103!), allo scoppio dulia seconda guerra mondiale, era nel Tibestl con il generale Ledere e con lui compi la prodigiosa marcia attraverso il deserto del Sahara jdal lago Ciad lino alla Tun:j sia Dopo aver combattuto in I Germania fu mandato in Indocina, a organizzare i commandos dei paracadutisti contro i ribelli annidati nella cdCgdrFmsl giungla Abbandonata quella colonia, comandò lo sbarco dei paracadutisti a Porto Said. Concluso l'infelice attacco anglo-francese contro il canale di Suez, fu mandato in Algeria con poteri speciali. La sua particolare tattica repressiva provocò reazioni in Francia e violenti dibattiti all'Assemblea. I metodi dei paracadutisti divennero sinonimo di violenza e crudeltà. « Non potevo consentirmi nessuna eleganza coi terroristi, disse il gen. Massu, dovendo scoprire depositi di armi e cellule clandestine. Quando » è stato necessario, gli interrogatori dei sospetti sono stati rudi. Però, come si può constatare, ad Algeri regna l'ordine e se vuole, può circolare liberamente anche nella Casbah, fino a ieri vietata ». Quanto diceva era vero; ma per rimettere ordine in Algeri, dove non passava 1 giorno senza che esplodesse una bomba, il gen. Massu aveva trapiantato buon parte della popolazione musulmana dellacittà nei campi di concentramento, e per ripulire la Casbah dai ribelli non aveva lesinato con la dinamite, come nel caso di Ali La Pointe, capo terrorista fatto saltare in aria con tutta la casa in cui si era asserragliato Nell'esplosione crollarono altre quattro case, e non si sa quante vittime siano rimaste sotto le macerie. Quei sistemi piacquero ai fanatici colonialisti francesi, non alla Francia civile, che non poteva condannare le inne¬ | pensava eh gabili efferatezze dei fellagha e avallare quelle poco dissimili dei paracadutisti del generale Massu. « A Parigi sono degli ipocriti, disse il generale, hanno incominciato a condannare i miei metodi quando ho fatto arrestare dei francesi disfattisti, liberali, radicali, comunisti che venivano qui a trescare con i fellagha. Io continuo a pensare che i miei sistemi di repressione siano i più efficaci contro i terroristi ». Erano sanguinosamente efficaci ad Algeri, ma non in tutta l'Algeria. Infatti, nonostante la presenza di 350 mila soldati di ogni arma, una possente aviazione, il ciclopi-co sbarramento di radar e filo spinato percorso dall'alta tensione, costruito con una cifra vertiginosa di miliardi lungo i confini con la Tunisia e il Marocco per troncare i rifornimenti di uomini e materiali ai ribelli, la guerriglia infuria ogni giorno più violenta. Anche allora, il gen. Massu la colpa fosse delgoverno di Parigi. «Siamo ad una svolta decisiva degli due- ncmcnls, disse (come tutti i colonialisti francesi si rifiuta- va di chiamare guerra la cri,-dele lotta contro i fellagha) e siamo in condizione di potei soffocare la rivolta. L'impor-tante è che a Parigi lo capi-scano, e che la Francia elimi- ni i rinunciatari che si allea-no ai comunisti per chiedere ntia, riduzione dei nostri effettivi e un accordo coi terroristi». <E' evidente, continuò, che a Parigi si tenta di esautorare l'esercito per poter più facilmente trovare l'accordo col Fronte di Liberazione Nazionale Algerino, una vecchia tattica che conosco dall'Indocina. Ora è bene si sappia che l'esercito non permetterà più ai mestatori di tradire la Francia. L'Algeria rimarrà francese, questo glie lo assicuro ». Non pronunciò il nome di Mendcs-France parlando dell'Indocina, e nemmeno accennò al radicale Felix Gaillard, allora Primo ministro, che cercava una onorevole via d'uscita dalla lunga guerra che dissangua la Francia, ma l'allu- ] sione era esplicita. Il gen. Mas su usava un linguaggio poco] difforme da quello dei più accesi colonialisti per i quali anche l'ipotesi di una conclusione degli évenements che non sia lo sterminio dei fellagha è considerata un insulto. A loro poco importa che la Francia si sveni, che sia sem pre più usciata; vogliono rima; nere in Algeria anche a costo j I onj Idi una guerra mondiale. Nel loro nazionalismo cicco ammettono mezzi termini, e chi parla di trattative col fellagha. ! è considerato un disfattista I traditore. '• j » Non saremmo a questo pu.. jto. disse il generale, se certi l! francesi non ci avessero tradi-^ ti abbandonando Tunisia e,1Marocco. Per salvare l'Algeria.! I l'unità dell'Africa settentrio-;i in. indispenSabi-|'naie _ francese è ì le ». Tacque per un momento, e giocherellò con una matita. ] « Qui, disse, ci vorrebbe il gen De Gaulle. E' il solo che comprenda la situazione e la possa risolvere ». / suoi atteggiamenti ribelli erano certo noti a Parigi, e ad Algeri si dava come certo il suo trasferimento in territorio francese. Gli domandai quanto ci fosse di vero in quelle voci. « E' probabile, rispose, che vogliano tògliermi di mezzo, qui sono considerato fastidioso alla loro opera di smembramento della Francia. Bisognerà vedere......Troncò la frase e sorrise con la bocca larga. Penso che già cinque mesi or sono egli preparasse quanto ha realizzato in questi giorni, l'aperta ribellione al governo legittimo. Anche se comandava soltanto ventimila paracadutisti, egli era potentissimo e attraverso Lacoste, ministro per l'Algeria e suo grande amico, poteva influire anche sul gen. Salan, da cui dipendono tutte le forze j militari francesi in Algeria. Sei ha atteso cinque mesi a rea-! I lizzare il < colpo di Stato » pcnjso fosse por la presenza di La coste, da cui gli veniva la speranza che lo destre prendesse . Iro 1 Potere in Franca. La fe '•muta esclus,one lfatto romPere Sh indugi. «Bi ^°f.nerf * . a jeva|,detto' Infatt;' bisognerà vedere!se Passera 11 ma-fe da vittorie-;50' °PPure co" «« manette ai i muta esclusione del suo amico i dal Ministero Pflimlin gli hajì|P5!la' Jf ™mparire davanti 'alla Corte Marziale. Francesco Rosso