Danze negre bianche e senza colore di Enrico Emanuelli

Danze negre bianche e senza colore Danze negre bianche e senza colore (Dal nostro inviato speciale) sNew Orleans, maggio. CCertuni pretendono di scnten- Sziarc sul carattere dei popoli vguardando le loro danze. Scn-\gsibilila, emotività, pervertimeli ti, raffinatezze dovrebbero, secondo quei tali, risaltare .in modo chiaro c non importa che siano danze rituali od estemporanee, antiche o nuove. Quel che ho visto a New Orleans ed a New York serve per riproporre un esame a chi crede in questo genere di giudizi. * * Danza negra — Con i buoni uffici di Luigi S***, figlio di napoletani, ma nato a New York, sono andato in una chiesa di negri. Ho incontrato Luigi in una bottega nella parte bassa della città e subito mi ha fatto due confidenze: adesso è felice perche vive a New Orleans, mentre prima a New agiSmfttgbsllnsppdugcYork morira di tristezza; e poi è felice perche conosce molti! negri, ottimi suonatori di jazz,!be forse anche lui, proprio Luigi, sarà una celebre « tromba ». Egli ha subito capito che mi interesso alla vita dei negri, che vorrei vederli da vicino, ma non nelle case nuove che il municipio ha costruito lungo Roman Street; e con entusiasmo si offre come guida. Dice: «Io con i negri ci sto bene. Mi conoscono, ho imparato a parlare come loro ». Mi propose d'andare, verso sera, in una piccola chiesa metodista, frequentata soltanto da negri. La chiesa è una stanza stretta e lunga, disadorna, molto pulita. In fondo, sulla pedana, hanno messo una cattedra. I banchi sono disposti in modo da lasciare un largo corridoio tra la fila di destra destinata alle donne ed all'altra riservata agli uomini. Al nostro ingresso, possibile perché protetto dalla presenza del « conosciuta » Luigi, il pastore negro cantava un inno, che ve niva ripreso di strofa in strofa dai fedeli. Ci eravamo accartocciati m un angolo per non dare nell'occhio ed anche per meglio vedere quel che per noi era soltanto uno spettacolo. Sul principio mi parve monotono; ma ad un tratto una vecchia ruppe il canto del pastore con un urlo straziante, che però non fece meraviglia a nessuno. Poi un'altra ed un'altra ancora intervennero a scatti, con grida insieme furibonde e dolci, che parevano di dolore e di vittoria. Quel che scrivo non ha quasi senso tanto 1 termini sono contrapposti; ma era così. E poi ci fu la sorpresa. Una ragazza si alzò e venne nel corridoio, tra le due file di banchi. Aveva lo sguardo trasognato, che oramai scorgeva cose a noi invisibili; e cominciò a muoversi ondulando il busto, reclinando avanti e indietro il capo, contorcendo le braccia e le gambe. Il pastore, con bella voce di basso, cantava; gli altri riprendevano la strofa, precisi nel ritmo e nel tono; la ragazza adesso danzava inseguendo una musica che soltanto io non sentivo. Era come un'acqua quieta di lago che a poco a poco il vento solleva, agita, sbatte contro la riva. A piedi nudi, senza calze, ricoperta soltanto da uno stretto vestitino di tela, mostrava il suo corpo come se l'avessero tirato all'asciutto in quel! momento, dopo un naufragio; era un corpo fragile, ma frenetico nell'impeto della danza che i devo dire mistica e spontanea. Ai mici occhi era anche una danza imbarazzante perche l'abbandono d'ogni controllo, la dimenticanza di se, l'impudicizia di quell'amore per il divino erano assoluti e toccavano, per cosi dire, un vertice di perfezione. Nessuno dei fedeli guardava la danzatrice, che pareva si consumasse in un olocausto inutile: soltanto Luigi ed io temevamo che crollasse a terra 1 da un momento all'altro. Lo spettacolo si prolungò più del previsto, diventando quasi uno spasimo e terminò all'improvviso con un tonfo: « Hanno tagliato il filo alla marionetta » mi disse sottovoce Luigi. Il pastore negro continuava a cantare, gli altri gli rispondevano ni coro mentre il piccolo corpo della danzatrice mistica dava leggeri sussulti sul pavimento della chiesa: come un pesce appena pescato e messo sulla terra da un distratte * * Danza bianca — Da qualche giorno leggevo sui giornali di New Orleans una pubblicità che vnmcitfsplsevtenuafissj suggeriva d'andare al « 500 Club », all'angolo di Bourbon Street con St. Louis Street, per vedere Lilly Christine, the cat glrl: la ragazza-gatta, per'-'dirla all'italiana, era vantata come grande attrazione, un numero insolito, mai visto in tutti gli Stati d'America e nel resto del mondo. Il « 500 Club » è un locale fra i più quotati della città Dietro la porticina d'ingresso ci si trova in una sala spaziosa, lungo la parete di destra c'è il bancone del bar coi soliti alti sgabelli, e quel che rimane dell'ambiente e occupato da tavolini e da seggiole, come in un nostro qualunque caffè. A sinistra dell'ingresso una scaletta po'rta ad una galleria. Contro la parete di fondo si alza un modesto palcoscenico, grande come una zattera. Si bevono liquori; si gustano i numeri dello spettacolo; non si balla. Vennero prima due acrobati bravi c casalinghi; poi compar- ! i o a n o e i e ve un maturo donnone, le carni delle braccia e del petto tremolanti sotto il vestito di seta color rosa e recitò alcune poesie irte di doppisensi nello stesso tempo bonari e pesanti. Poi ci fu un attimo di buio. Si senti sul palcoscenico un leggero trapcstìo, si riaccese una luce velata ed un trillo di tromba squarciò l'aria già densa di fumo e di fiati. Sul palcoscenico avevano portato un divarrb ricoperto di velluto nero e là sopra era adagiata Lilly Christine, la ragazza-gatta. Fingeva di dormire mentre la tromba, adesso in sordina, cullava quel riposo innocente. Gli attimi passavano sospesi nell'attesa di qualche cosa. Ad un tratto la tromba ancora sii indispettì con una scric di note acute, rabbiose, dirci maligne: a quel richiamo la ragazza-gatta finse d'essere strappata ai suoi sogni: sdraiata, in ginocchio, supina, bocconi, ora sul fianco destro, ora sul sinistro cominciò a ritmare, sul filo d'un esile pretesto danzante, una varietà di pose che in qualsiasi parte del mondo vengono dette oscene. Aveva un bel corpo e lo mostrava come se fosse pronta per immergersi nella vasca del bagno di casa. E lo mostrava, torno a ripetere, col pretesto di quella danza che doveva essere aneddotica, narrativa, ma che invece era una lezione di lubricità. Sul palcoscenico aleggiava un'aria bestiale ed insen sata, in una parola ripugnante. Anche in questa occasione l'abbandono d'ogni controllo, la dimenticanza di se, l'impudicizia per l'ostentazione del l'erotismo erano assoluti e toc cavano, per così dire, la perfe zione del disgusto e dell'abbietto. Gli spettatori erano ridotti a recitare la parte di viziosi e forse per questo il numero risultava per molti imbarazzante. Che devo ancora dire? Lo spettacolo durò più a lungo di quanto ragionevolmente si potesse supporre e terminò con la danzatrice stralunata, nell'apoteosi d'uno squillo di tromba diabolico. * * Danza senza colore — Quando uno è a New York gli succede spesso di sentirsi dire che deve vedere, almeno una volta, le Rockettes, un corpo di ballo famoso, trentasei ragazze che sembrano uscite da uno stesso stampo, scttantaduc gambe che sembrano tagliate sullo stesso modello. Danno spcttajcolo al Radio City Music Hall, ed anch'io ci sono andato. E' un cinema-teatro immenso, elegante, dove il palcoscenico è sorvegliato da un grande organo dal quale celebri esecutori cavano musiche potenti come se avessero sottomano un'intera orchestra. Le poltrone sono comode ed ai piedi di ognuna una luce rossa ed una freccia indicano la « via della salvezza » in caso d'incendio ed un cartello vi consiglia di non cercare, nel vostro interesse, un'altra strada. Meditavo su queste cose quando le Rocket tes apparvero sul palcoscenico. Intorno a loro c'è persino un velo di leggenda: esse vivono, si dice, sottoposte a rigide regole di vino, di riposo, di solitudine, di addestramento e formano una specie di collegio chiuso. Le avevo finalmente davanti agli occhi : ma una o trentaseir In fila, schierate e non un centimetro l'una più indietro o più avanti dell'altra, si mostrano alla sala, alla prima nota si abbandonano alla dnUpssdobcmsblllsacsmapsasd«gcsn danza, ma i gesti si rincorrono nell'aria od in uno specchio? Una gamba alzata, un braccio piegato, un movimento del busto sono gesti d'una ballerina soltanto ripetuti in un giuoco di specchi per trentasci volte o sono veramente di trentasci ballerine? 11 problemi è ozioso. E' anche retorico. Ala, dopo la prima meraviglia, ogni interesse si spegne. Anonime e perfette, belle e lontane, abilissime e gelide le ballerine recitavano la loro parte con la precisione c l'inesorabilità di un meccanismo. Dal palcoscenico, a mano a mano che lo spettacolo procedeva, venivano ondate di scostante imbarazzo. Per quel che mi riguarda dirò che continuai ad osservare senza più percepire la grazia della danza, ma soltanto con la speranza di poter afferrare un piccolo errore, la sfumatura d'una incertezza. Andai persino più in là pensando: « Se almeno una scivolasse e a gambe all'aria facesse capire che non è un meccanismo ». Ma sono cose che alle Rockettes non succedono. ■ Enrico Emanuelli UmMIMMINIIIIIIMIIIIMIIIIIIIlnillllMlllllllllllll

Persone citate: Bourbon, Lilly Christine, Louis Street, Rocket

Luoghi citati: America, New Orleans, New York