Un grande successo della Francia con l' ultimo film di Jacques Tati

Un grande successo della Francia con l' ultimo film di Jacques Tati MENTRE ESPLODE NEL CIELO DI CANNES LA BOMBA 3IANSI1ELD,, Un grande successo della Francia con l' ultimo film di Jacques Tati "Mon onde,, è stato pensato, scritto, diretto e interpretato in tre anni dal celebre "signor Hulot,, ■ E' una satira del gelido mondo delle macchine, piena di trovate divertenti e di "valori,, cinematografici" > (Dal nostro inviato speciale) Cannes. 9 maggio. La Francia ha presentato l'ultimo film li Jacques Tati, Mon onde; e si è avuto la prima, grande affermazione del Festival. Più degli applausi, non rari da queste parti, importano le risate che hanno accompagnato la proiezione. Il film non era soltanto comico nei cartelloni: ha divertito veramente un magnifico pubblico. Anche questa volta il successo è stato ottenuto con i mezzi più fini. Tati è il restauratore, dopo il maestro Charlot, della idea prima del cinematografo: un uomo, il mondo circostante, e la macchina da presa. Fa tutto da sé: scrive il film al tavolino con molta lima (e per chi crede che < in principio fosse il verbo », questa è anche in cinema la strada maestra) ; poi lo dirige lo interpreta e lo mette insieme con altrettanta pazienza. Si prende tutto il tempo che vuole: per la sceneggiatura e i dialoghi di Jlfon onde, ventisette mesi; per la lavorazione, trentotto settimane. E sia o non sia una favola la ispirazione, certo egli non cor¬ ciiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiTiiritiitiiiiiT [iiiiiiistrii re dietro alle idee, ma lascia che gli vengano. Ha cinquantanni, appena tre film, con urtacchi di almeno un lustro dail'uno all'altro. Con questi titoli di nobiltà, si sarebbe distinto nel cinema d'oggi, anche se non fosse quello che è. Ed ora la sua osservazione va appunto a quel mondo < standard > che sinceramente non gli piace e tuttavia, in quanto artista, gli è carissimo; Mon onde non è più soltanto una c comica > di classe superiore, come Le vacanze del signor Hulot, ma una satira dei nostri giorni. II mondo delle cose lustre perfette automatiche ; l'Eden della tecnica e del meccanismo, sono rappresentati, con la conveniente esagerazione, nella famiglia del signor Arpel, la cui florida fabbrica di tubi ne ha fatto un c re della materia plastica > e insieme un credente del funzionalismo. La villa risponde al tipo: supercucina elettronica, supermobilio automatico, supergabinetti igienici e persinp un supergiardino con uno squalo metallico che schizza acqua a comando. Tati si è sbizzarrito; e naturalmente iiitiifiittiiiiiiiiitiiiiririiiiiiiiiiitiiiiiitiiiiiiiiiii non ha descritto, ma ha fatto via via scattare le plastiche trovate di questa casa superrazionale, che con i suoi comodi respinge l'uomo. L'unica stonatura è Arpel junior, il piccolo Gerard, a cui tutta quella meccanica intristisce la vita. Per fortuna c'è uno zio. Ogni famiglia ha una pecora nera, che è poi quasi sempre il parente preferito dai ragazzi, il loro personaggio d'appello. Lo zio « simpatico » di Gerard è un Hulot riveduto e corretto per la circostanza, con la stessa legnosa goffaggine, la stessa maschera tonta e inflessibile, e la pipa e l'ombrello, ma con un più marcato segno di svagata imbecillità, la quale però non è vera, ma serve soltanto a mettere in risalto quella degli altri. Gli Arpel non sanno che cosa fare di questo arnese, secondo loro nocivo a Gerard, che invece ci vede naturalezza e fantasia. Tutto questo è così discretamente toccato, che allo spettatore par quasi di immaginarselo lui, mentre sono proprio le sapientissime bolle che appaiono alla superficie a suggerirglielo. Fallito il tentativo di collocarlo nella fabbrica, zio Hulot è spedito in Normandia eC~ propagandarvi i tubi di famiglia; e nel punto del distacco, all'aeroporto, anche il signor Arpel sente che sta per perdere qualcosa, e per la prima volta guardando il figlio entra nel suo giro fantastico. Sforzarci di conservare questo qualcosa, tenere in considerazione (se ne avete) gli zìi bislacchi, è il monito e la morale del film, una successione di trovate perfette nel tempo, e svolte in chiave di cinema puro. Citiamo alla rinfusa, fra l'inizio e la fine entrambi eccellenti, l'ingresso di Hulot nella sua tortuosa casa popolare, il gioco-scommessa dei ragazzi, il ricevimento nel giardino, l'elegante vicina di casa scambiata per una venditrice di tappeti, l'autorimessa magnetica, e la fabbrica, dimenticando altri episodi e figurine non meno felici. Un difetto? Forse la tensione a inventare, un troppo visibile cesello di trovate. I film di Tati si devono rivedere, e non soltanto per il piacere di rivedere, ma peRcoglierci quei tanti particolan^<jhe « il rubato » del regista ci na impedito di cogliere la prima volta. C'è del crittografico in tanta scioltezza. Il limite? Una comicità squisita ma corta di respiro umano, dispersa nelle cose. Nello specchio di questo sfaccettato umorista, l'uomo si riconosce e si diverte; ride della propria meccanica e basta. Non si vuol dire che sia poco; ma Tati ha tanto ingegno che gli si può augurare una trovata fondamentale, un mito, cmTfadcerlli-tbaidaertisecufnccsctcccndbPngfldbg1plvdaccadlnd che lo dispensi dalla caccia minuta delle invenzioni. Col Tati attore, quasi soltanto un fantoccio, bravissimi tutti gli altri; mirabile l'uso del colore, deliziosa la colonna sonora con un motivo che rimane. La « bomba Mansfield » è esplosa con il previsto fragore. Sfumata l'idea di scodellare l'attrice da un elicottero (quante idee devono sfumare), la « atomica », in un abito di i-tela mare a righe bianche e blu, ha finito con l'arrivare al modo dei semplici mortali, in automobile dall'aeroporto di Nizza. ' • Ma per toccare il Carlton assediato dai fans, ha dovuto essere presa in collo dal marito, ex-Mister Universo, abituato a queste vite. Più tardi, in nero e argento, ha assistito al film, con René Clair, e finalmente è intervenuta, con tutte le altre attrici, ad un « ballo di mezzanotte » offerto da Dany Robin. Allegrona, Jayne è di quelle attrici che si accostano volentieri, come il lettore perspicace forse già immaginava. Terrà una conferenza-stampa per « inviti », dei quali è cominciata la caccia. E poi si dice che le conferenze non richiamano... Leo Pestelli l'MmFnpcfinrbspdiduetolicilclotezpgd L'attrice Jayne Mansfield doveva scendere su Cannes in elicottero; si è accontentata di giungere a Nizza con un aereo di linea e di continuare in auto. L'accompagna e la protegge dagli ammiratori il marito, già «Mister Universo» (Tei) ■[■iiiiiiiiriMiiriiiiiiiiiiTiEriiTiiiiTiiiiiiiiiEiiititiiiiiiiiiiTiMiriiiiiiiiiiirirtKiiiriiiriiiiiiiiiifTiiriiiiTiiriiiiiiiiiiiTiiiitEiiiiiiiiirTiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiiic

Luoghi citati: Cannes, Francia, Nizza