Cattolici liberali

Cattolici liberali Cattolici liberali I convegni annuali della Società toscana di Storia del Risorgimento, dedicati sempre ad uno specifico tema, mi paiono un modello del genere. Ridotto al minimo l'apparato, le cerimonie; giusto numero d'intervenuti, con. qualche buon rappresentante straniero: molte ore di lavoro di discussioni, sempre con il proposito di uscire con le idee più chiare. Quest'anno, a Castiglionccllo, gli ultimissimi di aprile, comunicazioni e discussioni vertevano su cattolici liberali ed intransigenti nell'Ottocento. Dominò nelle giornate di discussione — presenti Salvatorelli e Spadolini, il canonico Aubcrt di Lovanio e Passcrin, Morghcn e Ghisalbcrti — lo sforzo di cogliere e fissare il concetto di cattolico liberale. Difficile ridurre ad un fantasma, ad una apparenza, o negare, una qualifica politico-religiosa di cui si parla da un secolo circa nella più gran parte d'Europa: ma altrettanto arduo precisarne la sostanza. Man mano che ogni oratore parlava, e si chiarivano i vari modi d'intendere il cattolicoliberale,, ed il significato che il termine assunse nei vari Stati dell'Europa cattolica, questa precisazione sembrava allonta-' narsi. II termine, com'è noto, fu foggiato rispetto ad un gruppo di francesi, cattolici entusiasti (sicché ben a ragione pensando a loro è sul sostantivo che occorre calcare più che sul qualificativo), che negli ultimi anni di Carlo X, nel clima di. Chateaubriand, avendo per meta la riconquista cattolica di una società e del Papato quali non erano più stati pensati dal tempo d'Innocenzo III, sentirono l'insofferenza del Concordato, dell'alleanza con sovrani piccoli, meschini,' preoccupati soprattutto di consolidare il loro trono, di dare prestigio alla bandiera nazionale, larghi in omaggio formale all'altare, ma che non avrebbero neppure compreso, o giudicato miraggi, quei piani di ritorno (o di creduto ritorno: il Medioevo vagheggiato in tutta la Restaurazione era parecchio diverso da quello che mostrano le fonti) ad un'età di fede entusiasta: l'insofferenza dei rapporti con quei ministri, antichi gentiluomini volterriani, mal convertiti, di cui Tal? leyrand poteva essere il prototipo — ed auspicarono la separazione fra Stato e Chiesa, l'accettazione delle libertà asseverate dalla Rivoluzione, convinti che queste libertà sarebbero stati mirabili strumenti per una vittoria della Chiesa. Espansipne del movimento sotto il sole delle giornate del luglio 1830, condanna poco appresso da parte di Gregorio XVI. Lamennais abbandonerà il sacerdozio e la Chiesa; Lacordairc re sterà nella ortodossia, grande predicatore domenicano, qualche lustro più tardi membro dell'Accademia, sempre sereno, armonizzerà nei limiti del possibile l'obbedienza a Pio IX con una sostanziale fedeltà agli ideali del 1830. Ozanam si dedicherà soprattutto ad opere di bene, alla Società di S. Vincenzo; Montalcmbert resterà la figura saliente del movimento; cercherà di compensare la non nascosta fedeltà all'idea liberale con l'asseverare la necessità del potere temporale, del Papa sovrano assoluto, con l'opporsi all'unificazione italiana; non otterrà che la tolleranza di Pio IX, ostile ormai ad ogni regime costituzionale, ad ogni Parlamento. Questa vicenda, largamente seguita da tutta l'Europa colta dell'Ottocento, non ebbe però storie parallele negli altri Stati, in ciascuno dei quali il termine di cattolico-liberale ricevette un diverso significato. L'abbé Simon, della Facoltà Cattolica di Bruxelles, illustrava il Belgio di Leopoldo I, questo astuto sovrano che voleva offrire alle potenze il quadro di un Belgio costituzionale ma moderato, e, coadiuvato da un abilissimo arcivescovo, il Principe di Alean, sottile nelle distinzioni tra tesi ed ipotesi, tolleranza civile e tolleranza religiosa, accantonava uomini di sinistra e cattolici fanatici e promoveva una amalgama di conservatori, liberali e cattolici. Fino al 1870 circa c'erano ancora cattolici' che non giuravano fedeltà alla Costituzione perché questa imponeva la precedenza del matrimonio civile: ma ciò non impediva che il Belgio apparisse agli occhi del resto d'Europa il Paese dove 1 cattolici avevano più ottenuto, compiuto le maggiori realizzazioni sul terreno della libertà. Cavour nei suoi discorsi lo aveva ricordato più d'una volta. Qui dunque 1 cattolici liberali erano i moderati. E nello stesso senso ai primordi del regime costituzionale erano stati considerati cattolici liberali uomini come Cesaro Balbo o Roberto d'Azeglio p Gustavo di Cavour che più tardi chiunque avrebbe considerato dei moderati. Il giovane studioso tedesco Heinrich Lutz faceva isivtsCdlCtndclCzndpcTpsMdgabrmmcTpLipnsltftvadtsdcrambtactdsesLsfatnastismtrpresente | come i cattolici del suo Paese restassero pieni di riserve verso il costituzionalismo ch'è alla base della rivoluzione del'48: fino il '66 le loro speranze volsero verso la grande Germania avente al vertice Vienna e Francesco Giuseppe, l'imperatore del Concordato del '55, prima grande riaffermazionc del potere della Chiesa. Ma è nel clima del Concilio vaticano, dei vescovi tedeschi della minoranza che non vorrebbero la dichiarazione della infallibilità, che intuiscono che il problema sociale è quello incombente e vorrebbero la Chiesa guardasse in questa direzione, che si avverte un'aria nuova. Altri ancora accennò ai grandissimi italiani il cui nome sempre ricorre quando si parla di cattolici liberali: Manzoni e Tommaseo, Lambruschini e Capponi. Come classificarli? in che senso è lecito chiamarli liberali? Manzoni per la sua stessa grandezza sfugge ad ogni qualifica; gli altri, se consideriamo i loro atteggiamenti di fronte ai problemi legislativi che si presentarono dopo l'unificazione, cosi il matrimonio civile, li chiameremmo piuttosto moderati. Ma anche questo appellativo stona; Tommaseo è un vulcano, l'opposto del clichè del moderato; Lambruschini e Capponi hanno in materia religiosa ardimenti per cui si oserebbe dirli modernisti in anticipo. Può prospettarsi il dubbio che sotto il denominatore di cattolici-liberali finiamo d'includere tipi diversi di cattolici non conformisti, che, senza dubbi in materia dogmatica, con sincera riverenza alle Somme Chiavi, non abdicano alla loro facoltà di giudicare il contingente, e cosi l'atteggiamento delle autorità ecclesiastiche, la rispondenza o meno delle direttive di queste ai fini che ogni credente vuole siano raggiunti. Che questo tipo di cattolici, anche se includa persone che muovono in senso opposto, abbia una sua unità, non può contestarsi. Ve una solidarietà di atteggiamenti tra i vescovi francesi devoti alla monarchia legittima che disconoscono il diritto di Pio VII di privarli delle loro sedi per attuare il Concordato, e quella del vescovo costituzionale Grcgoire, che si considera sempre vescovo anche se consacrato contro il divieto del Papa. La vecchia polemica se i giansenisti debbano considerarsi gli ultimi uomini del Medioevo, fermi su posizioni superate fin dal Rinascimento, od invece antesignani del liberalismo, può trovare una qualche composizione, ricordando questa unità di atteggiamento dei cattolici che non abdicano ad una facoltà di valutare e giudicare. Ma evidentemente sarebbe pericoloso voler dare una consistenza ad una categoria delimitata per via negativa. Meglio ci pare debba dirsi che guardando i cosiddetti « cattolici liberali » del secolo scorso, occorre tener presente che l'epoca della rivoluzione francese segnò un sostanziale mutamento del clima, cui nessuno potè sottrarsi, nemmeno i più decisi faurori del vecchio mondo. E porrei l'accento sull'incontro del sentire religioso con tutte le aspirazioni che si sono sviluppate tra il 1789 ed il 1815, e che hanno rinnovato la stessa coscienza dei principi più decisi assertori del loro diritto: che appaiono tormentati, lungi dalla serenità dei loro padri. Il solo tratto veramente comune è questo: la reazione della fede avita, della meditazione sul dogma, della tradizione e della prassi, al contatto con nuove tavole di valori che non è più dato infrangere. A. C. Jemolo ■[Lfs■lllllllllllllllllllUtllllItllItllllIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIlllll

Luoghi citati: Belgio, Bruxelles, Europa, Germania, Vienna