Dopoguerra a Shanghai

Dopoguerra a Shanghai = IL LIBRO DEL GIORNO — Dopoguerra a Shanghai Francesco Maria Talianl ebbe una rara fortuna nella sua lunga carriera diplomatica: di assistere, ed in eccellente posizione di osservatore, al crollo di due imperi, di due mondi. Nel 1916-17, segretario all'Ambasciata di Pietroburgo, vide la monarchia zarista tramontare nella carneficina della guerra, nelle convulsioni interne, nello smarrimento spavaldo e dolente della vecchia aristocrazia. Dal 1938 al 1946, prima dal suo posto di ambasciatore d'Italia a Nanchino, poi come internato di guerra, infine quale rappresentante ufficioso di un paese vinto, segni giorno per giorno il fenomeno forse più importante del nostro tempo: la fine della potenza occidentale in Estremo Oriente, l'ultima crisi degli imperi coloniali, l'inesorabile prepararsi della vittoria comunista in Cina. Aveva raccontato le sue esperienze russe in Pietrogrado 1917; raccoglie ora la sua testimonianza sulla tragedia cinese in Dopoguerra a Shaìighai (editore Garzanti, 1958). E' un libro di ricordi, quasi un diario personale: la liberazione dal campo di Rubicon Road dopo la resa giapponese (vi era stato rinchiuso nel 1943, perché fedele al governo legittimo) ; la grama vita in Shanghai tumultuosa e corrotta, tra la breve illusione di vittoria degli alleati e l'effimero trionfo dei nazionalisti cinesi; la ricerca dei pochi italiani scampati alla tormenta; la solidarietà di tanti russi bianchi, da anni arenati laggiù in una decadenza piena di miserie e di nostalgie; ed infine nel '46, il rimpatrio. Nel racconto delle vicende quotidiane si inseriscono squarci rievocativi della battaglia diplomatica, della guerra, dulia prigionia: la spietata conquista nipponica e l'indomabile resi¬ stenza dei patrioti; le lunghe incertezze cri Roma fra Ciang Kai-scek ed il governo-fantoccio creato dai giapponesi a Nanchino; la dura guerriglia fra le due Cine, fatta dì azioni partigiane, di attentati terroristici e di misteriose rivalità, di indecifrabili attentati; la lotta tra le potenze occidentali, Asse contro Alleati, e poi il erollo di tutte le posizioni dell'« uomo bianco ». Sono incastri, frammenti, ritratti isolati che sembrano inseriti a caso, come si affacciavano alla memoria dell'autore; ma al termine della lettura ci si accorge che proprio per questo « disordine » il libro è tanto suggestivo: dà un senso continuo e quasi sotterraneo di affanno, di decomposizione, di sfacelo. L'impressione è forse ancor più viva nel diario del viaggio di ritorno che negli episodi cinesi: eppure il Taliani assistette, fra l'altro, alla squallida fine della Concessione Internazionale di Shanghai, già presidio e monumento dell'egemonia occidentale. Ma in quelle lente tappe nella Malesia e nella Birmania appena rinconquistate dagli inglesi, nell'India inquieta, nel Medio Oriente già lavorato dalla rivolta xenofoba, ci sembra di sentir crollare ad una ad una tutte le vecchie, orgogliose colonne degli imperi europei in Asia... Utile per ricordare avvenimenti o persone, che occuparono per anni i grossi titoli dei giornali e che spesso abbiamo dimenticato, questo libro ha anche il merito di mettere in luce parecchi aspetti meno noti della tragedia orientale: come la lotta silenziosa e disperata di taluni giapponesi illuminati contro la feroce cecità dei militari Cisti citare il diplomatico Sato, che per mesi n mesi tentò invano di lavorare ad un ac¬ cordo tra Cina e Giappone, fu « esiliato » dagli oltranzisti all'Ambasciata di Vichy e qui si suicidò il giorno dopo L'attacco a Pearl Harb.our, sinistro trionfo del « partito della guerra ». Si gettò dalla finestra e la sua fine fu attribuita a collasso nervoso: coerente sino all'ultimo al suo codice di fedeltà, non fece harakiri, ma scelse una morte oscura affinché nessun estraneo potesse penetrarne il motivo profondo. ©. C.

Persone citate: Ciang, Del Giorno, Francesco Maria, Pearl Harb, Sato, Taliani