La gente non va più ai comizi di Nicola Adelfi

La gente non va più ai comizi CRONACA DI UN VIAGGIO ELETTORALE La gente non va più ai comizi Nomi luminosi non bastano ad attrarre la folla neppure in piccoli paesi - « Vedrai, vedrai a Nerola», dice l'amico candidato, personaggio illustre Ma ad aspettarlo a Nerola non c'erano che una ventina di persone - I protagonisti dalla piazza finiscono al bar e, cordiali avversari, si scambiano brindisi e auguri - Tutto ciò vuol dire che gli italiani si disinteressano di politica? - Certamente no; ma le passioni sono meno accese, 1 costumi cambiano, la propaganda raggiunge l'elettore a domicilio, e molti ricordano che altro è promettere (al comizio) ed altro mantenere Roma, maggio. « Vcdraij vedrai la gente a Nerola >. Avevamo viaggiato per tutto il pomeriggio domenicale nell'alto Lazio, 10 e il candidato alla Camera dei deputati, un professionista sessuntemic, molto illustre in Italia e persino all' estero, personaggio dt riguardo nei congressi internazionali; ma in patria trombato sempre in tutte le elezioni: per la Camera, per il Senato, per il Consiglio provinciale, anche nelle elezioni per il comune di Roma. Accanto all'autista, sedeva silenzioso il segretario dell'uomo politico, un giovane distinto, molto occupato nel prendere appunti, nel confrontare cifre. Il paese di Nerola ci appariva ormai come una sospirata oasi, dopo il gran deserto incontrato nelle cittadine, nei paesi e borghi visitati. € Là, a Nerola, sono tutti amici miei. Vedrai, vedrai a Nerola- Gente simpatica, di cuore, intelligente >. Il paese di Nerola distava ora una quindicina di chilometri, il ciclo imbruniva. Il candidato metteva fretta all'autista, traeva profondi sospiri dal petto, di tanto in tanto si passava una mano nervosa nella folta capigliatura bianca. Ancora una volta domandò al segretario: < Che folla è prevista per il mio comizio a Nerola? >. L'interpellalo, con una prontezza da ufficiale di ordinanza, rispose: <Contingente minimo, 500 persone ■>. E poi, sfogliando un suo taccuino, diede un preciso elenco dei manifesti che erano statt affissi, dei volantini distribuiti, delle lettere scritte ai notabili del paese..Infine concluse: < Dato il lavoro capillare e di massa svolto a Nerola, non è da escludersi l'intervento di settecento persone. Forse anche di più ». <.Che vuoi, è un piccolo paese Nerola; duemila abitanti. Nemmeno Nenni, Fanfani o Togliatti riuscirebbero a fare là un comizio con 700 persone ». Stette un po' sovrappensiero e quando fummo in vista di Nerola, un paese grigio e raccolto intorno a un merlato castello in cima a un colle; disse con una voce venata di tenerezza: < Ma a me vogliono bene, verranno tutti; anche le donne, portandosi per mano i bambini*. E socchitise gli occhi. Per l'affetto che porto a questo 'candidato del centrosinistra mi auguravo sinceramente che Nerola potesse risollevare d'un tratto le sorti del nostro melanconico viaggio elettorale. In nessuno dei sette paesi in cui era stato fissato un suo comizio, il mio amico aveva potuto parlare per la mancanza di un uditorio. Al più, stava ad aspettarlo un capannello di poche persone, una decina in tutto; erano i rappresentanti locali del partito, clienti, amici. Eppure, quella brava gente aveva fatto tutt'il possibile per adunare folla, ed appariva costernata, confusa per l'insuccesso. I manifesti del comizio facevano bella mostra alle cantonate, le edizioni locali dei quotidiani di Roma avevano dato un vistoso rilievo al comizio, gli amici del candidato avevano impegnato i mezzi più persuasivi per reclutare ascoltatori. Ma tanfo; la gente dappertutto aveva preferito tenersi alla larga dal comizio. < La colpa è della partita*, dicevano in un luogo. < Sono tutti al campo, perché se oggi va male la squadra retrocede ». < Guardate ohe cielo y, spiegavano altrove. <Dopo tanta pioggia e freddo, è il primo sole. La gente è per i campi o alle osterie ». In un terzo sito, davano la colpa alla televisione, e i nomi di Enzo Tortora e di Silvio Noto venivano pronunciati con sdegnato furore. Insomma, c'era sempre un motivo non politico per giustificare la mancanza di folla nel luogo stabilito per il comizio. L'unico conforto per il mio illustre amico era che anche i comizi dei candidati avversari o concorrenti avevano la stessa sorte del suo. E difatti spesso ci accadeva di entrare in un paese e di essere subito investiti dalle note musicali che prorompevano da altoparlanti perentori; erano gli inni della patria, popolari mare? militari,-stornelli di Claudio Villa, canzoni e ritmi esotici. Ma la gente non c'era; per di più, le finestre con gli scuri accostati davano alle case un aspetto imbronciato. Alla lunga, per vincere l'imbarazzo della vana attesa, i protagonisti dei comizi mancati, sebbene di parte avversa, finivano conl'attaccar discorso, si presentavano; da ultimo, ciascuno col rispettivo seguito, i candidati entravano in un bar e lì si scambiavano cerimoniosamente brindisi ed auguri. In tal modo, molti pistolotti finali che erano stati meditati per essere gridati in una piazza colma di folla e gremita di bandiere frementi al vento di maggio, ebbero per palco il banco di zinco di una mescita sonnolenta. A Palombara Sabina un deputato monarchico, alzando un bicchierino pieno di nero fernet verso il mio amico disse con enfasi appena trattenuta: < Vincano i repubblicani, vincano i monarchici, non conta. L'importante è che vinca la pàtria, l'immortale Italia! » E il mio amico repubblicano, alzando a sua volta la tazza di caffè, rispose lì per lì, senza stare a pensarci su: « Si, sia un grido solo a levarsi dai nostri petti: viva l'Italia!» Sembrava avesse finito, ma la pausa era solo un artificio oratorio, perché di lì a poco e prendendo tutti alla sprovvista, il candidato repubblicano sparò la sua cartuccia segreta: « Però, amici, non basta gridare viva l'Italia. Vivano anche gli italiani; vivano gli italiani meglio di ieri, con'giustizia e nella libertà ». Le prime luci si accendevano nelle case di Nerola quando infine vi arrivammo. Il lettore l'avrà già capito; neppure là il mio candidato potè tenere il sospirato comizio. Sulle prime case del paese erano ad aspettarlo una ventina di persone, e dapprincipio pensammo che fosse l'avanguardia di un popolo in festa. Invece, la folla era tutta lì, in quel ristretto gruppo di persone. Allora vidi la testa leonina dell'illustre personaggio, studioso corteggiato dalle accademie dei cinque continenti, crollare miseramente nello sconforto. Dunque, anche Nerola, quella Nerola che lui aveva immaginato andargli incontro con le donne e i bambini, lo aveva abbandonato. Tuttavia, aveva torto. Quando riuscì a riprendersi e si lasciò convincere a entrare nel paese, molti lo ri¬ conobbero e corsero a stringergli la mano, a promettergli il loro voto, quello dei familiari, degli amici. Qualcuno più audace gli batteva una mano affettuosa sulle spalle; altri lo tiravano in disparte per chiedergli un consiglio o dargli un avvertimento. Alcuni notabili cominciarono a liticare fra di loro perché ognuno voleva averlo suo ospite. In breve, il candidato ebbe tante e tali testimonianze di simpatia e di considerazione che a un certo momento si sentì incoraggiato a proporre là per là d'improvvisare un comizio. Si videro allora tutto intorno le facce rabbuiarsi e col loro silenzio sembravano voler dire: « Proprio a noi che siamo tuoi amici vuoi tu fare una simile birbonata? » Le delusioni del mio amico candidato, anche se per un verso possono apparire come l'umile materia di una cronaca provinciale, per un altro verso riflettono l'aspetto saliente della competizione elettorale in Italia nell'anno 19SS. Dappertutto, nel nord come nel sud e come nelle isole, la gente non si reca più ai comizi; e i nomi più luminosi non bastano più per attrarre la folla neppure nei paesi più oscuri. Questo significa che i cittadini si disinteressano di politica e il 25 maggio si terranno alla larga dai seggi elettorali? Non credo. Penso piuttosto che i comizi appartengono a un'epoca passata, quando diversi erano i costumi italiani. Per cominciare, oggi i cittadini non ritengono più di dover andare a scuola, ossia nelle piazze, per darsi un'educazione politica. In genere, fra elezioni politiche, amministrative e sindacali, gli italiani hanno già votato molte volte negli ultimi dodici anni, e la grande maggioranza he ormai idee precise sui partiti, non li** esitazioni sul modo come L'orerà. C'è poi da dire che «uesta vol.'a le passioni sono meno violente. Peniate; il 2 giugno 19//6 si doveva s- eglie,re fra monarchia e repubblica, il 18 aprile 19/,tS ,ra comunismo e democrazia, il 7 giugno 19HS fra leggf m ~ygioritaria. la famosa legge truffa, e il sistema proporzionale. Le grandi scelte sono state già compiute e quelle ch'i restano da fare non suscitano nel cuore degli elettori prospettive apocalittiche. In altre- parole, oggi si guarda al futuro con apprensioni minori di ieri. Su questa base psicologica s'innestano poi altri elementi, e ciascuno, sol che si guardi intorno, potrà trovarne a iosa. Le televisione, per esempio, o la motorizzazione sempre più diffusa*. La propaganda a domicilio introdotta dalla moderna tecnica elettorale. Ma per un bel po' all'agonia dei comizi hanno contribuito anche gli abusi che se ne sono fatti ìlei passato. E' un luogo comune pensare che la memoria della folla sia debole, corta. La gente si ricorda benissimo di tutte le promesse che furono fatte al tempo dei comizi e poi non mantenute, e ride con l'amarezza dei delusi al ricordo di tutte le crociate che vennero bandite avanti le elezioni e poi frettolosamente dimenticate il giorno dopo la chiusura dei seggi. Nicola Adelfi

Persone citate: Claudio Villa, Enzo Tortora, Fanfani, Nenni, Silvio Noto, Togliatti