Pregiudizi e gelosie provinciali tra gli elettori della Sardegna di Nicola Adelfi

Pregiudizi e gelosie provinciali tra gli elettori della Sardegna Come si voterà, nell'isola il 25 maggio? Pregiudizi e gelosie provinciali tra gli elettori della Sardegna Molti di. Sassari e Nuoro non desiderano votare per i candidati di Cagliari e viceversa - La regione con i lavori pubblici in corso sta traversando un delicato periodo di transizione - Scarso interesse per i comizi e pochi i manifesti - Lauro non è comparso sulle piazze, si prevede un suo declino (Dal nostro inviato speciale) Cagliari, 24 aprile. Come voteranno i sardi il 25 maggio? Se anticipare i risultati elettorali è sempre un azzardo nei Paesi dove il voto è libero, per la Sardegna abbiamo, tuttavia, un punto di riferimento preciso e abbastanza vicino; sono le elezioni regionali che si tennero qui il 16 aprile dell'anno scorso. Allora, il 42 % dei voti andò alla DC, il 27 alle sinistre (PCI e PSI), il 20 alle destre (PMP, PNM e MSI) e il restante 11 % ai sardisti, ai socialdemocratici e ai liberali. Dall'apertura delle urne saltarono fuori almeno tre indicazioni rilevanti: la DC, non ostante fosse stata assalita da tutte le parti, aveva mantenuto e persino migliorato le sue posizioni; il partito di Lauro, che si era presentato per la prima volta nella Sardeg' aveva ottenuto oltre 60 mua voti, ossia il 9 % dei suffragi; il partito comunista, smentendo le previsioni dei più, aveva dovuto registrare un netto Insuccesso. La campagna elettorale dell'anno scorso ebbe per principale protagonista Achille Lauro. Il sindaco di Napoli prese tutti alla sprovvista gettandosi personalmente nella mischia con un fervore mai esausto, manovrando un numeroso corpo di sperimentati attivisti che si era portato dietro dal continente e investendo somme cospicue di denaro. Mise il massimo impegno contro la DC, quasi trascurando i missini, i monarchici di Covelli, i socialisti ed ì comunisti. La campagna orchestrata da Lauro fu per 30 giorni un continuo, metodico, assillante tambureggiare di promesse da una parte e dì accuse contro la DC dall'altra. Nella Sardegna non si era mai visto niente di analogo; la macchina propagandistica di Lauro passò come un aratro nelle città e nelle campagne mettendo tutto a soqquadro. I comunisti stavano piuttosto in disparte ad osservare la crociata dichiarata dal comandante di Napoli contro il partito democristiano, e sorridevano; erano persuasi che fra i due litiganti, il terzo a godere sarebbe stato il PCI. Rimasero perciò molto male quando, a conti fatti, videro che la DC non aveva subito danno alcuno e che i voti andati al PCI erano scesi, rispetto alle elezioni regionali del 1953, da 138 mila a 117 mila, nonostante nel frattempo il numero degli elettori fosse aumentato. Questo stava a indicare che Lauro, se aveva mietuto bene nel campo missino e covelliano, abbondanti messi aveva raccolto anche nel podere comunista. Ma come andrà questa volta, il 25 maggio? Avvertiamo subito che, per quanto vicino sia il punto di riferimento delle elezioni regionali, il panorama politico della Sardegna non è lo stesso di un anno fa. Non che siano avvenuti grandi cambiamenti e che siano perciò da attendersi risultati sensazionali; ma certe situazioni si sono precisate meglio, certe altre sono in via di trasformazione, alcuni capisaldi della vita politica sarda sono scomparsi; • poi il clima generale è diverso. Per cominciare, nelle elezioni regionali si dovevano eleggere settanta candidati, mentre nelle prossime gli eletti saranno appena sedici. La conseguenza è che l'anno scorso non c'era quasi borgo che non avesse un suo rappresentante locale nelle diverse liste; tutti 1 candidati avevano qualche speranza di vittoria e tutti si battevano con eguale vigore. Nelle elezioni politiche, invece, si sa in anticipo che solo pochi esponenti hanno qualche probabilità di successo, e perciò 1 candidati inclusi nelle liste per far numero partecipano alla campagna elettorale piuttosto svogliatamente. Si aggiungano i pregiudizi, le gelosie e ripicche, di caratr tere provinciale. Diamo uff esempio. La lista liberale potrà contare al massimo nell'elezione di un solo deputato. Ora, il capolista è ■ l'on. Francesco Cocco Ort«. Poiché è nato e risiede a Cagliari, molti fra i liberali delle Provincie di Sassari e di Nuoro esiteranno al momento di votare per il PLI; magari alla fine voteranno per un partito che non amano, pur di non contribuire all'elezione di un candidato che considerano forestiero. Ricordiamoci che in Sardegna le divisioni, le antipatie, le dichiarate inimicizie fra provincia e provincia sono fortissime. Un altro elemento nuovo, e molto importante, rispetto alle elezioni dell'anno scorso, è rappresentato dal fatto che questa volta il protagonista della campagna elettorale non sarà il solo Lauro; tutti i partiti getteranno nella lotta, fino all'ultima risorsa disponibile, uomini e denaro, pressioni e suggestioni d'ordine vario. Per la verità, fino a questo momento non s'è visto gran che; pochi i manifesti, quasi deserti 1 comizi, e scarse le distribuzioni di doni elettorali. Lauro è del tutto assente, 1 famosi cinemobili della De non si son visti, le sezioni dei partiti nei piccoli e medi centri stanno chiuse tutto il giorno. E chiusi nelle loro faccende iDrlrmdftrpoDv isolane stanno anche 1 sardi. Discorrono del maltempo che reca danni alle campagne, della squadra di calciu dì Cagliari che sta annaspando nel limaccioso fondo della classifica di serie B, delle straordinarie feste che sono in corso nel Santuario della Madonna di Bonaria, dei famosi cantanti che presto arriveranno a Sassari in occasione di un festival della ! Canzone. La politica, insomma, non eccita i gruppi di persone che sostano nelle piazze paesane e nei caffè cittadini della Sardegna. Da questo lato, i sardi non sentono: non appena un oratore si affaccia da un palco o dai bordi di un camion scantonano via; se qualcuno accenna ai democristiani o al comunisti o ai laurini, scuotono il capo per far capire che non è affar loro. Ma non sarà sempre così. La esperienza ha insegnato ai par- titi a non sparare da lontano, ma a concentrare il fuoco negli ultimi giorni della campagna elettorale; e via via che il 25 magglo si avvicinerà, quando più incalzante si farà la lotta politica, ì sardi, siatene certi, usciranno fuori dal loro torpore, andranno ai comizi, leggeranno i manifesti, discuteranno con puntiglio contro o a favore di questo o di quel partito. Anche le altre volte avvenne così. Col risultato che nelle elezioni del 18 aprile 1948 i votanti furono il 90 per cento del corpo elettorale e nelle elezioni del 7 giugno 1953 poco meno del 92 per cento. Fermiamoci per un momento ai dati più vicini, quelli delle elezioni del 1953 per la Camera dei Deputati. I democristiani ebbero 270 mila voti e sette seggi a Montecitorio, i comunisti 137 mila voti e quattro seggi, t monarchici, che allora non erano divisi in due rami, ebbero 65 mila voti e un seggio, i socialisti di Nenni 59 mila voti e un seggio, i missini 53 mila voti e un seggio. Fra i partiti che non conseguirono nemmeno un quoziente, troviamo il sardista (PSDA) con 25 mila voti, il liberale con 18 mila voti, il PSDI con 15 mila voti. Se con questi numeri allineati su un foglio di carta vi presentate ai capi-lista e domandate a ciascuno dì essi quanti voti e seggi avrà il suo partito, arrivate alle più as surde conclusioni. Come fanno j pugili prima di salire sul qua- drato, quasi tutti gli esponen- ti più in vista della vita po- litica sarda si mostrano sicurissimi della vittoria. Ma siccome laddove ci sono vincitori devono esserci per forza anche i vinti, a nostro avviso lo spoglio delle schede darà per la Sardegna questi risultati: notevole declino delle formazioni di destra con l'attenuarsi del fenomeno Lauro, buona affermazione dei partiti del centro, d.c. compresa, situazio ne stazionaria per l'estrema sinistra considerata nel suo insieme. In ur prossimo articolo fa remo un'analisi particolsreg giata dei progressi e dei re gressi di ciascun partito e spiegheremo quali previsto ni possano farsi sui risul tati elettorali. Per il momento ci limitiamo a ricordare che la Sardegna sta attraversando un delicato periodo di transizione; diverse strutture tradizionali sono state rotte negli ultimi dieci anni, ma le nuove strutture sono tuttora in via di costruzione e non ancora apportano ai cittadini benefìci sostanziali. In breve, la Sardegna si trova oggi impegnata a passare il ponte gettato fra il Dassato e l'avvenire. E, come sempre accade quando un po polo è staccato dal suo am biente secolare e viene avviato verso un mondo nuovo, vi sono rimpianti ed impazienze, illusioni eccessive e frequenti delusioni. La conseguenza è che fra i sardi troviamo da una parte coloro che rimpian gono il passato, monarchici e missini, e coloro che negano alla giovane democrazia italiana qualsiasi merito nel rinnovamento della Sardegna; dall'altra parte stanno, invece, 1 sardi che hanno fiducia nel presente e ancor più nell'avvenire. Nicola Adelfi

Persone citate: Achille Lauro, Bonaria, Covelli, Francesco Cocco, Nenni