Trent'anni all' ex-carabiniere che uccise l'amante e l'autista di Giovanni Trovati

Trent'anni all' ex-carabiniere che uccise l'amante e l'autista Trent'anni all' ex-carabiniere che uccise l'amante e l'autista L'imputato è sfuggito all'ergastolo - I giudici hanno escluso la premeditazione e i motivi abbietti - Probabile ricorso sia della pubblica accusa che dei difensori (Dal nostro inviato speciale) Casale, 18 aprile. Nel processo in Corte di Assise contro il carabiniere Elvidio San martino ad una discussione orale molto lunga è seguita una camera di consiglio breve; alle 20, questa sera, dopo un'ora e poco più dall'arringa dell'ultimo difensore, il presidente dott. Caprioglio ha letto la sentenza di condanna. La Corte ha affermato che l'imputato uccise volontariamente la giovane Maria Rosa Zonta e l'autista Pietro Carnevali, però ha escluso che egli abbia premeditato l'omicidio della donna e che sia stato spinto da motivi abbiett1: ha riconosciuto invece che egli commise il secondo delitto al fine di procurarsi l'impunite del primo. Concedendogli il beneficio delle attenuanti generiche, ha fissato la pena in 30 anni di reclusione. L'aula era gremita di pubblico. Forse mai processo in Casale fu seguito con tanta passione. Nessuno ha espresso un commento. L'imputato non ha detto una parola. Ma il volto tradiva l'intima commozione. Dopo la richiesta del P.M. di due ergastoli e 3 mesi di carcere, conglobati nella condanna a vita con l'inasprimento della segregazione diurna per 2 anni, si può ben credere che sia stato soddisfatto della sentenza che gli concede la speranza di poter un gior no, seppur lontano, tornare libero. Per l'intera mattina ed ancora parte del pomeriggio aveva parlato il primo difensore avv. Ubertis pronunciando un'arringa sofferta ed efficace. Poiché il p.M. aveva annunciato la intenzione di voler replicare , il secondo di fensore, l'avv. prof. Sotgiu di Roma, aveva chiesto di parlare domani. Un'arringa vale non soltanto per le argomen fazioni, ma per il calore emo tivo con cui può avvolgere i giudici: le repliche e le controrepliche avrebbero portato la Corte a riunirsi domani in camera di consiglio e l'inter vallo della notte avrebbe smorzato' l'efficacia delle parole del difensore. Il presidente ha insistito perché la discussione orale fosse portata a termine oggi pomeriggio (erano appe na le 16) ed il P.M. dott. Porta ha rinunciato ad ogni in tervento. L'avv. Sotgiu è entrato nella causa con un lungo preambolo sull'ergastolo, ricordando la polemica In corso por abo lire questa pena. L'ergastolo, egli ha detto, non va d'accordo con la Costituzione, la qua le all'art 27' afferma che le pene debbono tendere alla rie ducazione del colpevole per renderlo nuovamente degno di far parte della società. « L'ergastolo a quale rieducazione può tendere? Esso equivale alla morte, è peggio della morte, perché il condannato sa che ogni giorno di vita prolunga la sua sofferenza senza speranza». Ha ripetuto le parole di padre Spiazzi pronunciate ad un recente con gresso organizzato dalla fondazione Cini a Venezia: « Se l'uomo non ha spazio e speranza, non gli è possibile la vita ». Come secondo punto ha trattato la personalità di Elvidio Sanmartino. Spietatamente ha criticato la perizia d'ufficio dimostrando che le conclusioni cui era giunta, e precisamente che l'imputato è sano di mente, non poggiano su basi scientifiche e sono contraddittorie con i risultati degli esami clinici Il padre del giovane era soggetto a crisi depressive, una pa¬ rente della madre decedette In manicomio, l'Imputato sofferse di infiammazioni alle meningi. Il perito stesso, controllando le sue reazioni a determinati test ha affermato che a 30 anni egli dimostra una età intellettiva di un ragazzo di 14 anni. Terzo punto: la causale del delitto. Perché uccise Maria Zonta? < Gli occhi verdi della giovane donna, bella, piacente, l'avevano stregato». Due mesi separano il primo incontro dalla tragica conclusione. Il 5 settembre 1956 si conobbero all'albergo Trieste di Vignola, dov'essa si era recata per un turno di «cameriera»: il 5 novembre egli baciandola l'uccise con un colpo di pistola al cuore sulla strada di Moncalvo. Era pazzamente innamorato. Per lei aveva disertato abbandonando la caserma di Guiglia. Quando si accorse che gli sfuggiva perché essa non cercava il suo amore, ma I suoi denari, e denari lui non aveva, allora il rancore e la vendetta gli armarono la mano. La donna si era giocato di lui: a lui rimaneva soltanto l'onta di aver violato l'onore dell'Arma nella quale prestava servizio da nove anni. Sarebbe andato in prigione perché disertore, la famiglia l'avrebbe respinto. «La vostra sentenza non dev'essere un giudizio morale ha detto il difensore. — Sono con voi nella valutazione, la più severa, della condotta del Sanmartino nel piano morale: la sentenza è un giudizio giuridico che applica le norme del codice ». Il giovane, dopo il primo delitto, travolto dal tremendo choc psichico, sparò anche contro l'autista. In quel momento era un incosciente, fuori di sé: non comprendeva ed uccìse. Aderendo alla richiesta degli aw. Martinelli e Bolgeo dì parte civile, la sentenza fa obbligo al Sanmartino di pagare un milione di provvisionale al piccolo Carlo, il figlio della donna morta; ed 800 mila lire al due fratelli del Carnevali. E' facile capire che presenteranno ricorso il P. M. dott. Porta, per chiedere che in secondo giudizio la condanna sia all'ergastolo, ed i difensori perché In secondo giudizio il giovane venga riconosciuto seminfermo di mente. «In fondo, — ha concluso l'avv. Sotgiu, — per la società è meglio che ci s'a un assassino perché pazzo, che un assassino perché malvagio ». Giovanni Trovati L'omicida Samnartlno

Luoghi citati: Casale, Guiglia, Roma, Trieste, Venezia, Vignola