Gli apprendisti stregoni

Gli apprendisti stregoni DA 25 ANNI Dl STUDI E9 VENUTA FUORI L'ARMA ATOMICA Gli apprendisti stregoni Da principio pareva una possibilità teorica, remota e insensata; poi l'opera di magia prese corpo e suscitò il terrore - Nel divampare della seconda guerra mondiale ciascuna delle parti temeva che l'altra possedesse il segreto nucleare e questa paura fu di sprone agli scienziati, ne soffocò gli scrupoli - Un lavoro vertiginoso ha sospinto il mondo verso un'irreparabile minaccia; invano gli uomini vorrebbero sbarazzarsene Gli apprendisti stregoni (è il titolo di un nuovo libro di R. Jungk, testé edito da Einaudi) sono quegli scienziati di vari paesi, dalla cui opera, accumulatasi nel corso di un quarto di secolo circa, è venuta fuori l'arma atomica (e più in generale l'energia atomica). Ciascuno di questi personaggi vi ha contribuito con l'apporto di un qualche esperimento o concetto o ipotesi o scoperta o con l'abilità nel coordinare il lavoro degli altri: e da principio parve una possibilità più che altro teorica, remota e praticamente insensata; poi a poco a poco l'opera di magia prese corpo; e con l'appressarsi e col divampare della seconda guerra mondiale suscitò in ciascuna delle due parti contendenti il terrore che l'altra ne possedesse il segreto. Questa paura fu di sprc.e agli scienziati, ne soffocò gli scrupoli; e, pur tra errori, 'ntrighi e sospetti, affrettò il compi mento dell'arma. L'autore va rintracciando le varie tappe di questa vicenda, con una scrittura vivace, punteggiata di aneddoti, spiritosa (e i personaggi, tutti di alto ingegno, ne offrono abbondante materia). Egli prende le mosse dalla città universitaria di Gottinga, luogo dì convegno di matematici e fisici, e di godimento fruttuoso di borse di studio; dove si fa la prima conoscenza di alcuni futuri protagonisti delle cose atomiche, che convenivano li tra il '20 e il '30 da tutte le parti del mondo: il giovanissimo Fermi; l'inglese Blackett già ufficiale della marina britannica; il suo connazionale, il taciturno Dirac sempre immerso nelle formule; il russo Gamow, un vulcano di idee estrose e bizzarre; il precocissimo fisico tedesco Heinsenberg; e poi l'americano Oppenheimer, dai poetici e letterari interessi, destinato ad essere chiamato contro sua voglia c il padre della bomba atomica »: e l'ungherese Teller, futuro responsabile scientifico dell'altra bomba, quella a Idrogeno. Quel civilissimo incontro di studiosi di ogni parte del mondo, la criminosa stupidità dei nazisti disperse in poche settimane, nella primavera del '33; tal che le fila del comune lavoro (che in quegli anni era più che altro uno scambio di idee) dovevano riannodarsi a Copenaghen, intorno ad uno scienziato ed educatore e maestro: uno di quei rari uomini che sanno estrarre da coloro che hanno la fortuna dì incontrarli quanto di meglio essi, a loro insaputa, hanno in se stessi: Niels Bohr. Molti degli studiosi che già erano convenuti a Gottinga, Bohr accolse, molti aiutò e mise in salvo dalle persecuzioni; più tardi fu costretto a cercar scampo egli pure, prima in Gran Bretagna e poi in America. Luoghi geografici anche più importanti per il progresso atomico furono la Gran Bretagna dove Chadwick scopri la particella chiave della fissione dell'atomo, il neutrone; (dove, sotto 11 tempestoso patrocinio di Rutherford (egli non voleva che l'energia atoJ mica, che pure egli stesso veniva estraendo con le sue mani dal nuclei, servisse ad altra cosa che alla pura conoscenza), lavoravano Cockroft (che oggi sovraintende agli esperimenti di reazione di fusione del deuterio); Aston (che aveva inventato lo spettrografo di I massa, lo strumento che serve a separare gli isotopi); e Ka-Initza un russo flzlio di un eP-ì™i VSJSl nerale degli zar, che i sovie tici con un tranello richiama- |Irono poi in patria e non rila-, sciarono più. LAi lavori inglesi rispondeva- no da Parigi, i coniugi Joliot| Curie. che scoprirono la radio-, attività artificiale; da Roma, Fermi e i suoi collaboratori che imparavano e insegnavano a usare i neutroni per bombardare la materia: e infine, da Berlino, Lisa Meitner e Otto Hahn, che scoprivano la fissione dell'uranio. Ma proprio in quegli anni la marea nazista dilagava in Europa; e un grande numero di studiosi che erano scacciati dal Paesi europa! trovavano J ospitalità e possibilità di lavoro nei numerosi istituti scientifici degli Stati Uniti: là appunto l'atomo doveva portare i suoi frutti meravigliosi e terribili. E' noto quale equivoco spinse le autorità americane, prima ignare o riluttanti, a puntare decisamente sull'arma atomica-. In Germania erano rimasti pochi valenti fisici, tracui Heisenberg, Hahn, von Weizsàcher; né mancò di trapelare ch'essi erano impegnati in un < Progetto Uranio >, per cui si credette che i Tedeschi fossero molto avanti agli Alleati nella preparazione della bomba atomica. Gli stessi scienziati europei in esilio misero in guardia le autorità statunitensi sul pericolo per la causa dell'Occidente di una eventuale supremazia atomica hitleriana; lo stesso pacifista Einstein si unì a un altro pacifista, lo scienziato ungherese Szilard, per metterne al corrente Roosevelt. Di qui nacque I la straordinaria organizzazione che andò sotto il nome di « Progetto Manhattan » : il sorgere a Los Alamos di una città di scienziati guidati da un altro scienziato (pacifista egli pure, Oppenheimer), e da un generale (Grooves, volenterosissimo questo di adoprare le bombe). Come è noto, un successo quasi insperato concluse brevi anni di vertiginoso lavoro, condotto a termine fra dif- ^HU^»"'n°e. Inoolta- incomprensioni ìsPetti dl spionaggio, i Quali in vestirono..lo stesso Oppenhei |mer direttore dell'impresa (la Ipiù drammatica e divisa e tor- , mentata „ d.uomo d, Lto racconfo)- 4 Con la conquista della Ger| mania e la cattura degli scien, Z[ati tedeschi, risultò poi che la Germania non era affatto preparata in campo atomico. Gli studiosi nucleari tedeschi dissero di avere sabotato volutamente quella impresa: certo è che Hitler non vi credette mai seriamente. Ma restava ancora in piedi il Giappone, in piedi ma ferito a morte. Fu allora che si risvegliò, in una granfi» parte di scienziati che avevano dato mano al progetto Manhattan, lo scrupolo di ado- prare quell'arma su un nemi-co praticamente finito. AlcuniIcome il sunnominato Szilard come Lawrence Inventore del ciclotrone), si batterono con coraggio per evitare che fosse presa la risoluzione che sembrava la più spiccia, che sola avrebbe giustificato l'enorme spesa affrontata 'per la costruzione delle bombe. Ci sarebbe voluto una maggiore e più dif- fusa forza morale per fermare la macchinaT cheterà stata mes-sa in moto. Le bombe erano lì: sTto^dV^uovo^s^o^aveva funzionato; due erano pronte per il lancio. I militarle politici non seppero resiste-(llllllllllll lllllllIIIHIIIIItllllllllllllMIIIIIII -1 re, e l'ordine di adoperarle fu i,dato. d l oe a e e - La grande forza liberata dagli apprendisti stregoni era venuta al mondo: e gli uomini ora si trovano a possederla, a sentirla troppo grossa, troppo terribile per se; anzi a sentirla crescere d'anno in anno in terribilità; vorrebbero sbarazzarsene e non possono, perché il gioco delle reciproche paure sie j è spostato ma non è cessato; -|devono coltivarla e portare sulla coscienza il peso di possibili : ^ìi"^111, fOVÌn? ^"fl6 o ! Q"68*» storia non e ancora fili nita- tvj" -1 Didimo IIIIIIIIMIIIIIIIItllllllllllllM llllllllllllllllItllllll