Moda e sartoria

Moda e sartoria — LA LINGUA PURA E IMPURA Moda e sartoria L'Alfieri si affacciò anche ai regni della donna e traduceva boudoir in pensatoio - Immaginarlo nell'atto di spulciare una rivista di moda, sareb- be vederlo sotto una luce anche più tragica di quella che gli conosciamo «La vile prosa del Settecento » è di quei luoghi comuni che non occorre più confutare, oggi che da quel secolo si fa anzi cominciare la scrittura moderna, anticruschevole, giornalistica in senBO superiore. Il che non vuol dire che la plurisecolare .questione della lingua non fosse anche allora sentita e dibattuta, e con l'ardore e l'ampiezza speciale che ci mettevano gl'ideali illuministici. Segnaliamo alla- dotta curiosità del lettore Discussioni linguistiche del Settecento, un bel volume dei « Classici Italiani » della Utet, ottimamente curato e presentato da Mario Puppo. pomprende scritti del Gravina Algarotti Baretti Bettinelli Cesarotti e altri polemisti, dai quali appare come al problema tradizionale del contrasto tra « toscano » e « lingua comune» si vada sostituendo quello del rapporto fra « italiano» e «lingue straniere»; come cioè si combatta per una lingua moderna agile viva, atta .diffondere la cultura nei più larghi strati della società. Anche coloro che come Gaspare Gozzi e il Naplone, comparati agli scrittori del « Caffè » e della « Frusta », possono sembrare retrivi, sentono i tempi nuovi. Il conte Francesco Galeani Napione di Cocconato muove guerra al « gailume » del suo Piemonte per motivi ^he non sono più di purismo letterario e rettorico ma di ordine politico e morale; perché scorge nella lingua « l'impronta più viva e palpabile del carattere nazionale. » E' lo stesso sentimento di un altro Conte a lui vicino, che non sì fa trovare In queste Discussioni sulla lingua italiana perché ancora modestamente occupato ad impararla. Gl'imparaticci linguistici dell'Alfieri, furono raccolti e stampati più di dieci anni fa da Carmine Janna co; e trattandosi di quello scrittore sono pieni di gusto artistico e tuttavia utili all'italiano moderno che si voglia sfranciosare. In due quadernetti sono elencati voci e modi francesi e piemontesi, con a lato gli equivalenti toscani. Qualche esempio fra i più gustosi e validi, Lambinsr, Lellare; peccadille, Mancanzuola; cajoler, Careggiare Vezzeggiare. La passione di Vittorio anche In questo campo essendo la concisione, egli scoscende le lungàgnole francesi Afetfre dans du colon, Traiter en manltre, Une femme qui repond, D'un tra\t de piume, Presser le pied par amour, con le folgori toscane Imbambagiare, Matrigneggiafe, Rispondiera, In un'impennata, Far pedino (applicando, anche in un caso così tenero, la regola del dittongo mobile). Bouder è a nostro avviso benìssimo risolto in Star grosso; chevaher d'industrie in Arcadore. Per Femme qui est à sa première couche, quel diavolo trovò Primajuola. Nel quadernetto dei modi piemontesi, Jassese andé è voltato in Abbiosciarsi, arpationà in Rimpannucciato, 'l caviot di Fra in Nottolino. Per carrossin. nel senso oggi quasi dimenticato (anche quanto all'italiano Carrozzino) di Contratto rovinoso per una parte e lucroso per l'altra, si propone Scrocchio Babbomorto; per sburdtse, Rimescolarsi; per dovane. Dipanare. Bello, Chiarata per bianc d'euv. E ancora quel genio della brevità: avei la testa en composta, Accapacciato. Finalmente qualche parola nuova suggerita dalla passione dei cavalli: Spronaja, Plaga al fianchi dal contìnuo spronarvi (piem. sgaravel a un cavai) e per analogia Ginocchlaja, dal Ginocchi piagati dal continuo cadere. Quello che pensava il Napione: « Non si vuol essere, è vero, piagnone della Crusca estinta, ma nemmeno frivolo damerino francese in Italia >, pensava più arrabbiatamente l'Alfieri, che in quelle esercitazioni linguistiche si affacciò anche ai regni della donna e della moda, propri al < grani vermo » del barbarismo. Traduce peignoir in Accappatoio, deshabillé in Guarnello'; e coll'ottimismo del secolo galante, boudoir in Pensatojo. Mise il naso in sartoria: paillettes en brodure, Lustrino, Lustrini; matelotes, Pettine dell'abito; e dal coiffeur: cavei ariss, Capelli ripresi; cavei dfsteis, Spresi. Immaginare l'Alfieri nell'atto di spulciare una delle nostre riviste di moda, sarebbe vederlo sotto una lucè anche più tragica di quella che gli conosciamo. Qui da sangler (Cinghiare. Fasciare stretto) si fa bellamente sanatare e sanglato (fianchi sanglati); da Martingala, martingalato. Si legge che « ritornano i quadretti per i tailleurs che vanno incontro a stagioni più miti»; che «l'abito-sweater è un fìnto due pezzi»; che con certi accorgimenti il sacco e generalmente « l'abito più osato diventa un vestito portabile ». Sulle cure della bocca a Sophia Loren è fatto dire: « Cerco di farla d!ù chiara possibile, per non enfatizzarla, per non accentuarla ». Ci consola che sarà un apocrifo. L'italianissima voce Foggia non vi si trova quasi mai; né Crocchia (chignon) né Velocrespo (.chiffon) né Pallini (pois) né tantissimi altri che muniscono nei dizionari italiani della moda. Anzi l'amore dell'esotico giunge a farci importare dalla Francia, come taffetas, l'italiano Taffetà; o ci ispira quegli ibridi che sono anche peggio dell'esotismo nudo e crudo: rosa bombon, rosa shocking. Poche le vittorie, come Indossatrice per mannequin (ma uguale fortuna non ha Indossata, per Prova di un abito che i sarti fanno sulla persona); e tutto som mato moda e sartoria continuano a essere, sotto il rispetto della lingua, un negozio forestiero, dove di italiano non c'è quasi altro che l'atto e il sospiro con cui i mariti pagano il conto. Leo Pestelli

Luoghi citati: Cocconato, Foggia, Francia, Italia, Piemonte