Le piccole auto europee hanno successo in America

Le piccole auto europee hanno successo in America Se ne vendono oltre 20 mila al mese Le piccole auto europee hanno successo in America Costano meno e rendono più tacile la circolazione - Ma piacciono anche per motivi psicologici: chi le compera si dimostra non-conformista e un po' intellettuale - Forse nel '59 saranno predotte anche dalle grandi fabbriche di Detroit (Nostro servizio particolare) Washington, marzo. Nel parcheggio del Dipartimento di Stato, pochi giorni fa si è inaugurata un'area speciale riservata alle vetturette: venticinque auto di marca italiana, francese, inglese, tedesca occupano lo spazio occupalo sinora da diciotto mastodonti americani. E' la consacruziono ufficiale del crescente favore che le piccole macchine europee incontrano negli Stati Uniti. Le cifre sono eloquenti. Dal 1952 al 1954 furono vendute in America da 25 a 30 mila auto straniere all'anno; nel 1955, con il c lancio > della Volkswagen, le vendite salirono a 59 mila; nel 1956, mentre gli acquisti delle macchine americane scendevano di un quarto, quelli di macchine europee salivano a 100 mila. Era ancora una percentuale minima, poco più che l'uno per cento del mercato americano; ma all'inizio del u7 la proporzione passava al 3% e giungeva, a fine d'anno, al 6 per cento. Gli industriali di Detroit presero allora ad Interrogarsi. Forse che gli acquirenti americani incominciavano ad essere stanchi delle loro enormi macchine, troppo assetate di benzina, troppo ingombranti nella circolazione e nel parcheggio? Il crescente successo delle piccole auto giustificava forse la costruzione di modelli < ridotti > negli stessi Stati Uniti? Sembra da molti indi zi che, tenendo conto della fortuna delle vetture europee, delle grida d'allarme delle auto rita, della fortuna del solo co struttore americano di un mo dello < piccolo > Ua Rambler dell'< American Motors >), i «tre grandi> («General Motors >, « Ford >, < Chrysler >) si accingano a lanciarsi, al mo mento opportuno, nella costruzione di macchine meno monu mentali. Non è stata presa ancora nessuna decisione definitiva; ma piani e disegni sono già pronti e verranno messi in pratica se, prima delia fine d'anno, le vendite di auto straniere saranno più di 300 mila. Per il momento Detroit si accontenta di una battaglia di retroguardia, offrendo al mercato americano delle macchine costruite nelle proprie officine europee. Cosi < Ford » ha quadruplicato la vendita di modelli inglesi, la «Studebaker > importa delle < Mercedes >... Forse 1 grandi industriali americani sperano ancora di arrestare l'offensiva europea giovandosi della potente rete di distribuzione, di cui dispongono nell'intero paese. Ma se gli attuali fenomeni si protraessero, < Ford > e la < General Motors > sono pronti a costruire dei < piccoli modelli > nazionali, probabilmente entro l'autunno 1959. La «General Motors > prevede, sembra, di produrre 200 mila auto di questo tipo nel primo anno e di salire a mezzo milione nel 1962: macchine di quattro o sei cilindri, un disegno semplice, poche cromature, dimensioni appena superiori a quelle dei tipi europei, prezzo tra i 1600 ed i 1800 dollari. Tutto dipenderà, ripetiamo, dall'evoluzione del mercato. Parecchi esperti ritengono, infatti, che l'offensiva europea non si sviluppi ed abbia già toccato la massima espansione: essi fanno osservare che dal gennaio al luglio 1957 le macchine europee importate sono salite da 10 mila a 20 mila al mese, ma poi la media si è mantenuta sulle 22 mila mensili. Inoltre gli industriali di Detroit si preoccupano dei costi di produzione: la manodopera americana è due volte e mezzo più cara di quella europea, e forse non basterebbe ridurre le dimensioni di un'auto per abbassarne il prezzo. Le grandi fabbriche non sono affatto certe di poter produrre delle vetture a 1700-1800 dollari; la Volkswagen, che aveva pensato di costruire le sue macchine negli Stati Uniti e di poterle ancora vendere a quel prezzo, ha dovuto abbandonare il progetto. In fondo, la vera sfida lanciata — e vinta — dai fabbricanti delle piccole vetture europee, è di ordine psicologico Essi hanno puntato soprattutto sulla rivincita del consumatore americano contro la enorme macchina pubblicitaria di Detroit. Questa specula essenzialmente sulla vanità, sui complessi d'inferiorità dell'acquirente; ed ecco che molti americani hanno dimostrato di preferire, alla crescente potenza ed alle cromature sempre più brillanti dei modelli locali, delle auto meno prestigiose, meno potenti, dalla li nea meno originale... Non basta a spiegare il sue cesso dei modelli « piccoli >, insomma, il fatto che siano più maneggevoli, più economi ci o di superiori qualità tecni che. Chi li acquista, vuol dimostrare anzitutto di essere un non-conformista, un indivi dualista con una punta di intellettualismo e di eccentricità: la vetturetta europea sa rebbe, in altre parole, la rivin cita degli cgg-hcads (« teste d'uovo», o intellettuali). Quando non è un sistema elegante per nascondere ai vicini le proprie difficoltà economiche: il signor Smith, se comprasse una macchina americana d'occasione, rischierebbe di far capire al signor Jones della casa accanto che manca di quattrini; se prende invece il più economico del modelli europei, pprqsLnlnglnltdsrcdgm può sperare che il signor Jones pensi ad una simpatica bizzarria, ad una raffinatezza alquanto decadente, ad un gusto sportivo per il rischio. Henri Pierre Copyright de « Le Monde » e per l'Italia de « La Stampa» i u_

Persone citate: Henri Pierre Copyright, Jones

Luoghi citati: America, Detroit, Italia, Stati Uniti, Washington