Figlia di Giosuè?

Figlia di Giosuè? NEL MONDO DEL CARDUCCI Figlia di Giosuè? B cinquantenario carducciano | non se n'è andato senza l'affet: tuosa testimonianza del maggior I biografo del Poeta, Michele SaI ponaro: un libriccino — // sole I di Carducci — edito da CappclI li, che compie e ravviva di noI tizie memorie e sapori in parte I nuovi la bellissima e sempre utii\ le « Vita ». Il Discorso ai giovani tenuto I dallo studioso di Lecce alla PicI cola Scala di Milano intona la I graziosa raccolta («Poesia fu la p sua vita tutta intera....»), che I svaria poi in angolazioni minori | — La casa del poeta, Beatrice, | C. a Milano, Il maestro buono, Adele Bergamini, C. e Foscolo ecc. — talune delle quali di rado o non ancora tentate: Carducci conobbe Mazzini? Carducci sportivo. Atletico nello stile, Giosuè non fu « sportivo » nemmeno secondo i tempi suoi, dovendosi ascrivere piuttosto alla debolezza che alla forza dell'uomo le lezioni di scherma al tempo dei più furenti amori per Lina e il suo cavalcare da vecchio dietro alla nibelungica Annie. Di veramente suo, ebbe la passione per l'Alpe, come il Petrarca. Un altro capitolo — l'albo di Beatrice — rimanda al più' profondo Ottocento, quando la gloria era ancora umilmente ricevuta dagli uomini. Sposandosi nell'8o la primogenita del Poeta col professor Bevilacqua, la modesta casa di via Mazzini si caricò d'un albo da fare invidia a un sovrano. Il diligente biografo lo ha amorosamente esaminato: ci piovvero dentro tutti i Grandi del tempo e non soltanto dell'arte e non soltanto italiani. Non poteva mancare il De Amicis, che anzi aveva una ragione speciale di farsi vivo, e in versi. Tre anni innanzi era stato riferito al Poeta che in un vituperoso sonetto A un critico, apparso nel « Fracassa », il De Amicis avesse voluto afBgurare lui. Allora il Carducci scrisse ad Edmondo una di quelle letterine frontali da cui non si scappa, alla quale il gentile autore di Cuore si affrettò a rispondere ch'eran tutte chiacchiere. Chi può sapere la verità? Nous sotimtcs doubles en rtous mesmes, ha detto Montaigne; e come si possono preferire a un tempo le bionde e le brune, si potranno anche sinceramente scrivere due sonetti di senso opposto. Quello che il De Amicis mandò « in conto riparazioni », Fra le altissime vette biancheggianti ecc., è delicatamente girato su una similitudine vittorughiana, e fa della Bice e del Bevilacqua la figlia e il genero di un Uragano. Ma il^unto esplosivo del libretto è a pagina 93; e se gli scandali non fossero oggi cercati col lumicino, ne parleremmo più volentieri. Il Cielo ci aiuti o ci dia l'ammirevole discrezione con cui il Saponaro tocca l'argomento. Nella primavera del '77 la signora Carolina Cristofori Piva che sarà stata civetta e « cattivella » ma pagava di persona, si trovò un'altra volta in stato interessante. Le lettere del Poeta alla sua Lina rimorchiata dal marito a Rovigo, prendono una tenerezza nuova, vagamente ostetrica. <t Non ti spaventare innanzi tempo: la grossezza non vuol dir poi parto più difficile.... Vorrei farti tante carezze senza scomodarti, lievissime, e tenendoti fra le braccia.... ») Attraverso il motivo dei baci lesinati («depongo un bacio solo, e lieve lieve, su la cara chioma....»), la dolorosa gestazione è seguita, affrettata coi voti. Alla fine di giugno nasce una bambina e lo scrittore ne vuol subito sapere il nome. Lina, da gran signora, lo tiene un po' sulla corda. «Che nome le hai messo?... Ti abbraccio con tutta l'anima mia e ti circondo della mia tenerezza più buona. Di' qualcosa per me alla tua bambina. Sarai felice di avere una bambina, neh? » Non ci fu risposta, o forse una di quelle risposte ideali che non si mandano. Poi, dietro al solco della piccola Lydia, il carteggio si richiude sull'amore e la gelosia, e appunto di quei giorni è una fredda tirata di lui che fa di Lina, per sparpagliata civetteria, un'altra Rccamicr. Ma dopo neanche tre anni la « dolce signora », trasferitasi a Bologna in palazzo Spada, a quattro pas.si dai Carducci, era giunta al suo line, e parlando delle cure mediche scrive all'amante, ch'era nella gloria delle Odi barbare: « Io dunque non credo nell'efficacia di nessuna cosa, ma faccio e farò per lasciare la mia figliolina meno presto che posso.... » Di tutta la nidiata non ricorda che quella. L'ebbe a lasciare nei febbraio dell'81; e la signora Elvira, con tutto quello che aveva tempestato sette anni addietro, compie uno dei suoi tre o quattro gesti che le fanno onore. Scrive delicatissimamente il Saponaro nella Vita : « La signora Elvira volle prendersi la figlioletta, e se la portò ili casa sua: la figlioletta che aveva nella fronte grave un segno luminoso, e doveva presto, anch'essa, morire.... » Un segno luminoso. Oggi si può essere un po' meno vaghi; e appunto il Saponaro, in questa sua appendice alla biografia del maremmano, manda innanzi d'un buon passo l'ipotesi che Lydia fossi figlia di lui. Ironìe moralistiche sarebbero di pessimo gusto: l'amore è rapimento estasi oblio del mondo; ma intanto che gli amanti s'incielano 0 s'inabissano dicendosi « pensieri prosperi » o contumelie, la natura scrive, e sotto i cavoli della spensieratezza apparecchia bambini. Dall'amico Virgilio Brocchi, il Saponaro ha potuto avere un prezioso libretto di versi, stampato a Rovigo, presso lo stabilimento lito-tipografico A. Minelli, nel 1898. Si intitola Rime postttme e l'autrice, morta a vent'anni l'anno avanti, si chiama Lydia Piva. Se ne hanno le fattezze fisiche (e la fronte, il naso, l'aria della testa, richiamano Giosuè) e le morali: una freschezza e bontà di sentimento, tirate giù da una profonda organica malinconia. Va bene che il carducciancsimo era nell'aria e lo poteva respirare qualunque ragazzina socialista, ma qui. più che l'imitazione, par di sentire 1 sangue del Carducci. Come maneggiasse farfalle, il Saponaro riporta alcuni versi di Lydia, interlineandoli con tutta discretezza di riferimenti carducciani. « Al par di freddi giganti gli alberi Le nude braccia al cielo tendono....» (Si pensa all'ode Alla stazione). «Libera al vento la selvaggia e rude Strofe così gettando, Lascio volar le mie parole nude E al sole vo cantando....» (Si pensa a Intermezzo). Nelle vampate socialiste ( « Or va tu tra la folla dei gaudenti. Tra le feste, tra l'oro: Tu che non sai che cosa sia lavoro, Vattene, va, io resto tra 1 pezzenti....»), rispunta il poeta di Carnevale; e fin certo crepuscolarismo avanti lettera ( « Intanto da le rose Sottil profumo sale, Come un estremo vale D'agonizzanti cose....») ha la chiara impronta del Maestro. La ragion critica, se fosse da esercitarla in un caso così tenero, si troverebbe meno impacciata con questa giovane poetessa di tradizione civile che non con la piccola Minou; ma forse se ne potrebbe ripromettere cose maggiori. I riscontri continuano anche nelle prose di confessione, di cui l'amica e prefatrice di Ly¬ •H111F M111MIM111M M1 ! 1111U11 11 M1111M11111MI h M F1 ] dia, Emma Dolores Ccnzatti, offre struggenti saggi. Il Carducci sanminiatcsc di certe lettere al Chiarini o quello dei primi approcci con Lina non scriveva più tetro; anzi era in lui, sotto sotto, quel vigore allegro di chi sente l'avvenire; dove il pessimismo di questa ragazza è autenticato dalla morte giovane. Ebbe il Carducci questo libretto? lo lesse? e con che occhio? Domande da cacciar subito via, chi non voglia entrare in storia romanzata e del peggior conio. Lasciamo il poeta- che fu è la poetessa che poteva essere, affettuosamente vicini; ma separati e ignari come volle la stupida natura. Meglio ancora, dimentichiamo questa Lydia subito dopo averla conosciuta e volutole bene. Lei stessa, nella breve vita, dalla tenue poesia, tendeva al limbo. Leo Pestelli a M : 1111 < 11111 ( 111 i 11111 r 111M ! : 11 [ 11 c 1111111 r 1111111 < 11111

Luoghi citati: Bologna, Edmondo, Intermezzo, Lecce, Milano, Rovigo