Il P. M. chiede l'ergastolo per Faletto colpevole di aver ucciso l'ing. Codecà di Giovanni Trovati

Il P. M. chiede l'ergastolo per Faletto colpevole di aver ucciso l'ing. Codecà Si avvicina l'epilogo del processo alla Corte diAssise di Torino Il P. M. chiede l'ergastolo per Faletto colpevole di aver ucciso l'ing. Codecà La pena del carcere a vita proposta anche per l'uccisione degli studenti Bonisconti e Catto e per Cassassimo del giovane Franco - Trentanni per ognuno di altri 4 episodi del periodo bellico - L'imputato non deve beneficiare di alcun condono perché "delinquente per tendenza,, Ha parlato ieri alla Corte di Assise di Torino il P.M. dott. Pietro Riccardi e nella precisa requisitoria, che ha occupato l'udienza del mattino e l'udienza del pomeriggio sino a tarda ora, ha affermato che « è finito il regno di terrore » dell'imputato Giuseppe Faletto ed « è giunto il momento in cui egli deve pagare per tutti i suoi misfatti ». Lo ha riconosciuto colpevole di aver ucciso l'ing. Eleutexio Codecà. ed altre otto persone nel periodo di guerra 1944-1945, nonché di aver tentato una rapina a mano armata. Ha chiesto tre volte la condanna all'ergastolo (per il delitto Codecà e per gli omicidi in danno dei due sergenti universitari Catto e Bonisconti e di Vittorio Franco), e quattro volte la condanna a 30 anni di reclusione, pi» 1 anni per la tentata rapina. Inoltre ha proposto cni sir lichiirato delinquente per tènd"iiza. Il Faletto non era predente in aula: da quando è iniziata la discussione orale della causa ha preferito rimanersene nell'infermeria delle carceri. Non sappiamo quali siano le sue reazioni. I suoi avvocati già lo avevano avvertito che la requisitoria del P. M. sarebbe stata molto grave. Tuttavia è pur vero che egli ha sempre avuto la speranza di poter uscire di prigione al termine di questo processo. In aula c'erano due altri imputati in stato di arresto, Esterino Di Telia e Mario Rinaldi. Anche ieri tra il molto pubblico sì notavano numerosi magistrati che hanno voluto udire le argomentazioni del loro collega e numerosi avvocati. Il P. M. dott. Riccardi ha rivolto un elogio al piesidente dott. Carron Ceva per la fermezza usata nel condurre il difficile delicato processo ed ai giudici popolari per la costante attenzione con la quale hanno seguito la causa. Ha premesso che la requisitoria sarebbe stata un complemento a tutto quel che già avevano detto i patroni di parte civile. L'ha suddivisa in tre punti: imputazioni addebitate al Faletto per il periodo di guerra, posizione degli imputati minori, delitto Codecà. Delle uccisioni di cui si fa colpa al Faletto per gli anni 1944-1945 egli ha fatto distinzione tra quelle che l'imputato ha negato e le altre che invece ha ammesso. Il Faletto ha negato di aver ucciso Gianfranco Trussoni, il ciabattino Umberto Tondolo, l'ottuagenario Domenico Nebbia, l'agente di polizia ausiliaria Vittorio Franco. « Per condannare è necessario che le prove diano sicurezza e tranquillità alia coscienza dei giudice — ha detto il P. M. — : nel dubbio si deve assolvere ». Partendo da questo principio ha escluso che siano state raggiunte le prove che il Faletto abbia ucciso Gianfranco Trussoni. * Si dice che avendo ucciso la madre Teresa Eringio che lo andava cercando, abbia poi soppresso il figlio, pericoloso testimone del suo crimine. Può darsi che sia così: ma le ipotesi non hanno valore di prova >. Cosi pure il P. M. è dell'avviso che non ci sia certezza che il Faletto abbia ucciso il ciabattano Tondolo. Il processo ha detto poco su questo episodio. Strano uomo il Tondolo che viveva da solo, lontano dalla moglie, e usciva di notte più che di giorno. L'imputato ammise di averlo prelevato, portato al comando, dove fu giudicato a morte, condotto al luogo della esecuzione, ma negò di essere stato lui a sparare. « Si, abbiamo un grave indizio di prova, ma non abbiamo tutto quello che il giudice richiede per essere tranquillo nell'affermare una sentenza di condanna». Sono sufficienti questi due primi esami per dimostrare la serietà, la ponderatezza, la misura della requisitoria. Il Faletto ha negato anche di aver ucciso il Nebbia. Qui però il P. M. ha dichiarato che le prove sono sufficienti e tranquillanti. L'imputato disse di averlo prelevato perché sospettava che comunicasse con i tedeschi per mezzo di una radiotrasmittente — un povero contadino di oltre ottant'anni! — di averlo condotto in auto wcino ad un cimitero. Qui altri lo avrebbero uccìbo. Quali le prove che invece lo uccise il Faletto? Egli tornò a casa del Nebbia due volte dichiarando alla vedova immobile a letto: « Ho ucciso tuo marito, adesso faccio fuori anche te ». Ppi si limitò a frugare nel cassetti insistendo perché la donna gli dicesse dov'erano i denari. Tornò una seconda volta sempre per prendere i denari ed ai presenti ripetè minaccioso: <L'ho fatto fuori io. Adesso voglio i soldi ». In merito all' uccisione di Vittorio Franco ci sono le testimonianze delle due donne costrette a cucinare il pollo che il Faletto e due suoi amici mangiarono e vollero che mangiasse anche la vittima moritura. Dopo la colazione tutti uscirono dalla cascina. Al ritorno il Faletto disse alle donne: < Avete visto t Siamo usciti in quattro, e torniamo in tre ». L'imputato sempre ammise di aver ucciso la panettiera Giuseppina Bessone di Casslette ed il figlio Bruno Pasinetti di 19 anni, Angelo Maggi l'affittuario della cascina Saffarona, i due giovani universitari Ciro Catto ed Emanuele Bonisconti, Teresa Eringio, la madre del Trussoni. Sono episodi noti, più volte ripetuti, e ci affidiamo alla memoria del lettore. Per questi omicidi la questione da risolvere era se essi potevano apparire giustificati come azioni di guerra o almeno come delitti inerenti a fatti bellici. Il Faletto ricevette l'ordine di uccidere là panettiere di Caselette dall'imputato Valentino Chiarbonello. ptrcìié essa « aveva la lingua lungc » in qunnto si era lamentalo che aldini partigiani prendevano il pane senza lasciare i buoni di prelievo ed aveva espresso « la sua doglianza cristiana» rimproverando se stessa e gli abitanti di Caselette di non aver portato, per paura, neppure un bicchiere di acqua a due militi della g.n.r. che, feriti in uno scontro a fuoco, erano rimasti un giorno intero ad agonizzare nella piazza. Però il Faletto uccise anche il figlio. Perché? La spiegazione è date, dall'episodio della servetta che quel giorno era assento essendosi recata a Torino. Incontrandola al ballo le disse: < Sei stata fortunata; se c'eri, toccava anche a te ». Per il delitto Maggi neppure l'ombra di un movente politico. Secondo 11 P.M. 11 Faletto (fedele alle sue parole « uccido i fascisti, le spie e quelli che mi contrastano »), per mantenere il regno di terrore soppresse il Maggi soltanto perché non aveva potuto dargli la mucca richiesta. Il Catto ed il Bonisconti erano due universitari, sergenti dell'esercito della r.s.i. in convalescenza; l'imputato, se mai, avrebbe avuto l'obbligo di portarli al comando. Invece li uccise e li derubò di ogni avere. Desta orrore l'uccisione della Eringio Trussoni: aveva, osato chiedere al Briga di poter vedere il figlio prigioniero o di poter pregare sulla sua tomba. « Non hai tu una madre f» implorava a mani giunte ed il Briga per risposta sparò. « Di fronte alla condotta dell'imputato — ha detto il P.M. — un profondo sgomento ci deprime e ci lascia sfiduciati. Appartiene alla nostra specie: è un essere umano nella figura e nell'intelligenza. Eppure sentiamo che ci separa un incolmabile abisso. Egli si è in¬ tlllllllllIIIlHIlllMlllllllllIIIIIllllllIIIIIIIIIIIlllll dirizzato al male per libera elezione, seguendo le strade più nefande. Non fa il male perché travolto dall'ira, dalla cupidigia, dalla gelosia, da uno di quei tanti rivolgimenti dell'animo umano che possono spiegare un'azione illecita: fa il male perché ha perso l'animo e 11 cuore ». i Perché il Faletto uccise? Non fu mosso da un principio e tanto meno da un ideale. O, meglio, un principio lo ha sempre avuto: uccidere per incutere terrore ed avere quel che voleva da tutto e dappertutto. Gli si può riconoscere, in alcuni delitti, una scelta politica. Ma era una scelta obbligata : poteva forse uccidere dei partigiani? Sarebbe stato fatto fuori subito. A lui importava dar prova, impunemente, della facilità con cui uccideva». Il P.M. si è soffermato a lungo per chiarire se l'imputato merita 1 benefici disposti dal legislatore per chi appartenne alle formazioni armate: t Io non lo chiamerò mai partigiano, perché egli ha tradito il movimento di Liberazione facendone scudo per i suoi ©rimani. Però non si può negare ohe abbia fatto parte di formazioni armate. Non nel Canavese, dove aveva costituito una banda di grassatori e si ebbe una condanna a morte, ma nella bassa valle di Susa». Poiché i delitti del Faletto sono da considerarsi reati comuni, egli dovrebbe beneficiare del condono del 19 dicembre 1953 per il quale l'ergastolo scende a 20 anni. Però la legge esclude dal condono chi sia riconosciuto delinquente abituale o per tendenza e già abbia riportato una condanna superiore ai 4 anni. Il Faletto già si fece 4 anni e 8 mesi per raipina e, secondo di P.M., tutta la sua condotta lo conclama delinquente per tendenza. < Lo affermo con piena coscienza di fronte al numero delle sue vittime e di fronte al suo cinismo ». Ha ricordato a tal proposito il godimento del Faletto quando nelle cene di Druent parlava del padre del giovane Catto che gli chiedeva dov'era il figlio: « Che ridere! Cercava suo figlio ed io l'avevo già tronato ». Sul delitto Codecà, dopo lllllllllllllllllllllllIIIIItlllllIllllllllllllIIIIIIIIIlllll quanto era stato detto dagli avvocati Gillio e Quaglia, di parte civile, 11 P.M. si è limitato a trattare la questione sotto il profilo di diritto. Dell'ing. Codecà ha ricordato la figura: < Persona . che adempiva con scrupolo i suoi doveri ed accettava le sue responsabiiità. Per questo non permetteva che fosse disprezzata la disciplina del lavoro. E per questo aveva avuto contrasti con la parte meno nobile delle maest.-anze ». Le prove contro il Faletto si articolano sulle sue confessioni al Vinardi, al Camia, infine nel corso delle tre cene a Druent. « Dobbiamo credere alla confessione resa al Vinardi due giorni dopo il delitto, perché la narrazione ha tutti i crismi della verità ed è appoggiata dalla testimonianza della perizia, grafica». C'è un punto nero: la superperizia balistica. Il Vinardi disse di aver intravisto nella borsa del Faletto una pistola Beretta ed ora sappiamo che una pistola di altra casa sparò il colpo mortale per l'ing. Codecà. « L'esito della perizia è della superperizia nulla muta. Una cosa è la convinzione di aver visto, un'altra è la certezza. ..Vinardi ritenne di descrivere quello che credeva di aver visto. Vide male, tutto qui. Forse che non poteva sbagliarsi? Se leggiamo quanto disse in istruttoria sul modo che vide l'arma — ed allora non cerano dubbi di perizia o superperizia — comprendiamo la sua buona fede». Sulla modalità del delitto, il Faletto precisò nei collòqui a Druent il numero delle persone che vi presero parte (tre), il mezzo per raggiungere 11 luogo e poi fuggire (auto), le sue qualità di ottimo tiratore e di un complice, e precisò di essere sceso a terra dall'auto lui solo e di aver sparato lui solo. Quale il movente? «Poco importa se abbia ucciso di sua spontanea volontà o su indicazioni ». Sappiamo. — e lui lo ha detto — che uccise l'ing. Codecà «'perché era un "lajan" come l'altro » (il prof. Valletta, seconda vittima dà eliminare). « Il Faletto non poteva albergare nel suo tristo animo una aspirazione ad un nuovo ordine sociale: egli agivasoltanto per un bassissimo programma di odio». «Per averne pochi (di soldi) sono costretto a lavorare, e non mi piace » ebbe a dire. Dopo la guerra si era arruolato nella j polizia del popolo di Pianezza, ma subito abhandonò il Corpo perché v'era troppa disciplina. Per vivere non aveva che il dilemma, o lavorare o rapinare. E ci sì provò a rapinare. Ma il passar degli anni rendeva sempre più rischiosa la rapina. Ed ecco maturare l'odio verso chi, per merito proprio e per duro lavoro, si è fatta una posizione ed ha un tenor dì vita invidiabile. Ed il formarsi di ufmlSb«nudslqctseaVsebtneetansgTQppsdTaTtaCrlcsnncnrcdavninniiiiuniiiiuiiiiniii[[]uniiiiniitiiiiM!inni 1 uno stato d'animo che trasse fermento da una propaganda malsana. Il P.M. è convinto che nel delitto egli cercasse il compenso. Si lamentò di « essere stato bruciato l'altra volta », perché « gli avevano promesso molto e non gli avevano dato neppure una lira». Ma anche nelle cene di Druent venne fuori il suo desiderio. Se egli protestò di voler agire soltanto per l'idea, in quanto parlava con due amici che sapeva di fede comunista, tuttavia lanciò la sua richiesta sotto • sotto. Nella ipotesi che egli rimanesse ucciso mentre attentava alla vita del prof. Valletta, chiese qualcosa per sua madre che rimaneva sola e per sua moglie. Il Vinardi subito si preoccupò: «ma non troppo, ehi ». E Faletto: emà no, poca'roba, qualcosa*. Ecco la richiesta delle pene: ergastolo per il delitto Codecà, ergastolo per aver ucciso Catto e Bonisconti, ergastolo per aver ucciso Franco, trenta anni per ognuno dei seguenti episodi: Giuseppina Bessone e figlio; Angelo Maggi; Eringio Teresa, Domenico Nebbia. Quattro anni per la tentata rapina. Poi insufficienza di prove per l'episodio Tondolo, ed assolutoria completa dall'accusa di aver uccìbo Gianfranco Trussone. Il P, M. ha chiesto 7 anni per il Chìarbonella e il Di Telia, e 2 anni per il Mazzucato. Costui, Balilla dinamite, aveva concorso all'uccisione di Catto e Bonisconti e per tal reato la pena era dell'ergastolo. Tuttavia il P. M. gli ha concesso le attenuanti generiche e sulla pena cosi ridotta (24 ■ anni) il condono politico. Per Rinaldi e Serra, colpevoli di concorso in tentata rapina, 3 anni. Infine 4 anni per il Di Mauro, colpevole di calunnia perché durante le indagini per il delitto Codecà aveva indicato alla magistratura quale colpevole una persona innocente. Oggi pomeriggio incominciano le arringhe dei difensori. Giovanni Trovati

Luoghi citati: Caselette, Pianezza, Susa, Torino