"Paletto non ha alcun titolo

"Paletto non ha alcun titolo "Paletto non ha alcun titolo per appartenere alla Resistenza,, Oggi parla l'avvocato che ra Per ti processo contro Giuseppe Faletto alla Corte di Assise di Torino ieri si è tenuto udienza soltanto nel pomeriggio. Hanno parlato due patroni di parte civile, l'avv. Dagasso per l'episodio di Vittorio Franco e l'avv. Geo Dal Fiume ancora per l'episodio di Emanuele Bonlsconti. L'uno e l'altro episodio rientrano nelle imputazioni che si riferiscono ai periodo di guerra 1944-'45. Vittorio Franco aveva 24 anni ed era arruolato nella contraerea. Il 12 aprile 1945, in bicicletta si recò a prendere del latte, come di consueto, in una cascina nei pressi 'di Collegno. Lo catturò il Faletto, il quale gli disse che lo avrebbe ucciso, poi lo costrinse a scrivere una lettera ai genitori pregando di fargli avere indumenti e la fisarmonica, Io obbligò a mangiare con lui un pollo, lo condusse^ vicino alla Dora e lo crivellò con colpi di arma da fuoco alle spalle e lo finì con coltellate alla gola. L'aw. Dagasso ha chiesto aila Corte di condannare il Faletto perché uccidendo quel giovane inerme violò ogni legge e non agì come partigiano, ma si comportò da assassino. Con la sua condotta egli infangò il movimento delle forze di liberazione cui diceva di appartenere. L'avv. Dagasso ha ricordato che nell'aula accanto a quella dove si sta discutendo il processo egli difese il 2 ed il 3 aprile 1944 il generale Giuseppe Perotti di 48 anni che era stato sorpreso con altri membri del C.L.N. piemontese nella sacrestia del Duomo. Al presidente del Tribunale speciale che gli chiedeva che cosa avesse da aggiungere a sua difesa, il generale Perotti, alzandosi in piedi e rivolto ai suoi amici, disse a voce sicura: «Ufficiali, attenti: viva l'Italia libera». E quegli imputati in attesa della condanna risposero: «Viva l'Italia libera ». L'avvocato ha letto alcuni brani dell'ultima lettera che il generale inviò alla moglie: «Io mi considero un morto in guerra, perché guerra è stata la nostra. E in guerra la morte è un rischio comune. Non di¬ ppresenta la vedova Codecà scuto se chi me la darà ha colpito giusto o meno: si muore in tanti ogni giorno ed i più innocentemente; io almeno ho combattuto ». Nello stesso processo fu condannato a morte Franco Balbis di 32 anni. Eglj scrisse al padre: «Non avrei mai creduto che fosse così facile morire. Davanti alla mia ultima ora mi sento sereno e tranquillo e se, sul mio ciglio brilla una lacrima, è perché penso allo strazio dei miei. E' questa la. tragedia mia nel presentarmi a Dio ». Questi erano i partigiani onesti e coraggiosi, ha concluso l'avv, Dagasso, non il vile Faletto rapinatore ed assassino che mai fu mosso da un ideale. Per l'universitario Emanue le Bonisconti ha parlato l'avv. Geo Dal Fiume. Il Bonisconti e Ciro Catto vennero catturati dal Faletto in una cascina presso Collegno ed uccisi alle spalle. L'avvocato era stato compagno di liceo, al Cavour, dei Bonisconti e tale circostanza può concorrere a spiegare il calore della sua arringa, la convinzione, la passionalità. Rifacendosi a molta giurisprudenaa egli ha insistito perché non soltanto sia negata al Faletto la qualifica di appartenente alle formazioni armate (in quanto mai prese parte ad azione di guerra), ma non gli sia concesso neppure il condono previsto dalla legge 19 dicembre 1953 perché in quella legge si parla di reati politici, mentre l'imputato si rese colpevole di reati comuni. Non basta che egli cerchi di mettere in relazione i suoi omicidi le sue rapine con la situazione politica creata dalla dominazione tedesca — ha detto l'avv. Dal Fiume —: per meritare di quel condono egli avrebbe dovuto dimostrare che i suoi reati furono commessi al fine di ridare la libertà al popolo italiano. Il che non è vero. Oggi parlerà l'avv. Gillio, patrono di parte civile per il delitto Codecà. L'imputato con tinua a rimanere assente. R. tr.

Luoghi citati: Collegno, Italia, Torino