I giudici sperano ancora che Vinardi si presenti

I giudici sperano ancora che Vinardi si presenti Riprende alle Assise di Torino il processo Faletto I giudici sperano ancora che Vinardi si presenti Se non compare, oggi cominciano le arringhe di parte civile Dopo la lettura fatta nell'aula della Corte di Assise di Torino della traduzione dai nastri magnetici dei colloqui avvenuti a Druent tra Giuseppe Faletto ed i suoi due amici Angelo Carola e Michele Vinardi, da più parti abbiamo udito domandare: perché non si è sottoposto a perizia psichiatrica l'imputato? Le sue parole, i suoi atteggiamenti lo indicano come un paranoico. Un paranoico criminale. Egli si sente il giustiziere di una classe. Tutti i dirigenti, soltanto perché dirigenti, figurano ai suoi occhi come assaoslnì, nemici da eliminare. Ricordiamo una frase. Quando i due commensali gli chiedono se fu lui a scrivere su un muro della Fiat « E uno », dopo l'uccisione dell'lng. Codecà, egli risponde di no. Insistono: perché? Precisa: «Io avrei scelto un bel muro bianco di una casa di campagna e vi avrei scritto: ncn è l'ultimo ». Le due frasi possono equivalersi, ma nella mente del Faletto la seconda, la sua, è più chiara, più espositiva della sua convinzione: riprendere l'opera di « pulizia » interrotta dopo la Liberazione. Per i vivi, per I morti nessun sentimento di umanità. Ha parole di commozione soltanto per il padre, che fu ucciso dal calcio di una mucca, e per la madre, rimasta sola ed ammalata. Poi, terza in ordine, per la moglie. Tuttavia di fronte al delitto politico egli si esalta e spegne ogni affetto per i familiari. Dal delitto non vuole compenso. I colloqui di Druent si 6ono svolti in piemontese con ricchezza di gergo. L'esperto, che con lavoro da certosino ha saputo trarre dai nastri mal usati quel poco o tanto che è affidato alla perizia, è il dctt. Teresio Mittone. Abita a Torino e lavora a Milano. Suo padre fu il fondatore, Insieme a Gigi Michelotti, del Cavai 'd brons. Il padre si era appassionato del gergo ed il dctt. Teresio ha continuato gli studi e per conoscere tutte le sfumature per due anni andò a far scuola ai detenuti alle « Nuove ». Certe frasi le potè udire soltanto in carcere. Come nd esemplo questa, tra le tante: a l'à 15 barette, che vuol dire « ha fatto 15 anni di prigione ». Egli trascrisse ì cclloqui in piemontese, poi il rag. Francesco De Maria, appassionato cultore del dialetto e poeta, ha tradotto in italiano. Questa mattina riprende la udienza dopo la pausa di ieri Il Presidente dott. Carron Ceva ha conservato sino all'ultimo la speranza di vedere in volto e di sentir parlare Miche¬ le Vinardi. La sua deposizione potrebbe avere grande interesse per la causa. Temiamo però che il desiderio del Presidente rimanga insoddisfatto. Quando, parlando per telefono, gli abbiamo ripetuto che la sua presenza in aula era stata richiesta dalla difesa e dall'accusa, egli ha risposto che già fu costretto a cambiar di casa due volte e non intende trovare un altro rifugio ed ha commentato: « Io divento matto. Ma lo sa, che divento matto? ». Forse questa mattina parlerà l'avv. Chauvelot dando inizio alla discussione Diale dei processo. g, t.

Luoghi citati: Druent, Milano, Torino