Inserita nel sistema sovietico la Siria dà fastidi anche a Masser di Francesco Rosso

Inserita nel sistema sovietico la Siria dà fastidi anche a Masser E' COMPROMESSO L'INTERO EQUILIBRIO DEL MEDIO ORIENTE Inserita nel sistema sovietico la Siria dà fastidi anche a Masser Nessun siriano pensa che sia possibile un riaccostamento all'Occidente - Il potere è in mano ad una classe giovanile, aggressiva, fanaticamente anti-occidentale - Il dittatore dell'Egitto, dopo aver socchiuso la porta all'invadenza di Mosca, vorrebbe ora arginare il comunismo dilagante Egli è restio ad una unione con la Siria che lo metterebbe totalmente nelle mani dell'URSS E la prospettiva di consegnare olla Russia i petroli dell'Irak, dell'Arabia Saudita e magari della Persia, non gli arride (Dal nostro inviato speciale) Damasco, 01 .inaiò, II I giorno in cui arriva* a Damasco vidi archi di trionfo all'inizio di ogni via e trofei di bandiere schioccanti al freddo vento che tirava ga-. gliardo dal monte Kermon incappucciato di neve. Proprio quei mattino doveva giungere in visita ufficiale alla progressista Siria un ospite greve di titoli e cariche, l'emiro Seif El Islam El Badr, principe ereditario, vice primo ministro, ministro degli esteri e della difesa dello Yemen, Archi e bandiere attesero liiliniiilllfllliilllltitlillttlllliilllillllltlllHlllli invano la sfilata del corteo principesco, l'emiro yemenita non arrivò quel mattino,, né l'indomani, né il giorno successivo. Come accade net paesi totalitari., non fu data alcuna spiegazione della mancata visita, ma non fu difficile scoprirne la causa. Il ministro siriano degli esteri Salah Bìtar, che doveva ricevere a Damasco ti principe da lui invitato, era precipitosamente partito per II Cairo il giorno precedente, Sr disse che Salah Bitar era andato a discutere con Nasser l'unione fra Egitto e Sìria, ma non è pensabile che un iiiiiitiiiiiiiiiiiililiilllliftiiililiiiiiiiilliiiiiiillllii ministro compia un simile atto di scortesia verso wn ospite per andare a discutere un argomento che poteva essere differito senza danno. La sua tnop nata corsa al Cairo, inoltre, seguiva di un giorno quella altrettanto improvvisa del gen. Afit El Bizri, capo supremo dell'esercito siriano, andato anche lui, si affermò, a confabulare con Nasser sulla fusione tra Sina ed Egitto. Dell'unone fra 1 due paesi si parta in Stria da mattina a sera in toni di esaltato lirismo, come di avvenimento che imprimerà un nuovo corso alla storia e 1 profeti del no Aonalvtmo islamico vtdono già tutti yl< Stati arabi del T'Tiitio Oriente gravitare neìl'ort'.ia siro-egziana. Ma per quanto p^isa sembrare inverosimile, il pia restio a muovciar " questa direzione v proprio l'Egitto. In qualunque modo si giudichi la sua politica, non si può negare a Nasser l'intenzione, non realizzata, di rimanere equidistante tra il blocco sovietico e quello occidentale. L'eccessiva fiducia nella propria abilità manovriera lo ha accecato al punto che la Russia ha potuto giocarlo rome ha voluto. Ora che si rende conto di aver socchiuso la porta del Medio Oriente alla invadenza di Mosca, egli tenta di arginare il comunismi dilagante in Siria e vn Egitto con tardivi atteggiamenti machiavellici. L'autunno scorso, rM momento più teso della ctsi sireturca, eg1 mandò soldati egiziani in Strie, e il suo gesto fu intrrpretato come un segno di solidarietà fra 1 due paesi. In reailò; Tìasser sapeva che non vi era pericolo di guerra, ma approfittò della occasione per inviare le sue truppe, far sentire la sua presenza e tentare di ristabilire un equilibrio arabo seriamente compromesso dalla profonda penetrazione russa in Siria. Che il suo tentativo abbia avuto successo non. oserei dire. Più nessuno, e tanto meno .Nasser, può arrestare l'avanzato processo di sovietizzazione della Siria. Al Cairo ' mi aveva impressionato il lavoro in profondità compiuto dalla Russia in poco più di un anno, ma avevo ancora sentito circolare idee liberali anche tra uomini' responsabili e la preoccupazione di tenere aperto il colloquio con tutti, persino con Francia e Inghilterra, m'era sembrata sincera. A Damasco questi problemi non esistono più, i siriani hanno decisamente saltato il fosso e non lo negano. Ho domandato ad alcuni esponenti di varie tendenze politiche se ritengono ancora possibile il riaccostamento della Siria all'Occidente. Con lodevole franchezza tutti mi hanno risposto negativamente. Le ragioni di una frattura così netta sono di varia natura, ma la determinante, e non solo per impressione mia, è stata la fisionomia sociale della Siria, che ha reso facile il suo inserimento nello schema sovietico. Contro una classe dirigente borghese, occidentalizzata e parlamentare, si è schierata una nuova classe giovanile, aggressiva, fanaticamente anti-occidentale che è riuscita ad impadronirsi del potere senza rivoluzioni sanguinose ed ha avviato il paese verso un socialismo nazionalista che ha per traguar^.c l'egemonia della Siria su tutto il Medio Oriente Lo scopo recondito è ili controllo dei petroli saudiani e iracheni, ma nelle conversazioni con i siriani è consiSliabile evitare questo argomento se non si vuole essere messi alla porta come < spore/ti colonialisti e imperialisti ». Sono giovani provenienti dalla buona borghesia levantina arricchitasi nei commerci con l'Occidente, quasi tutti educati a Londra o Parigi, con una preparazione politica non trascurabile. Il loro traguardo più immediato era lo smantellamento delte strutture feudali che ancora sopravvivono in alcuni paesi arabi, compito lodevolissimo se per attuarlo non avessero adottato i metodi che condannano a parole. Un apparato poliziesco onnipresente controlla la vita pubblica e privata. L'esercito, saldamente tenuto da ufficiali < progressisti >, ha il compito di difendere i confini, valicarli se capiterà la occasione, e nel frattempo di imporre il nuovo regime ai siriani recalcitranti, che non sono pochi. Arrivati a Damasco, i russi hanno trovato già in funzione i loro schemi, i giovani dirigenti ed i generali parlavano correntemente il linguaggio dell'Internazionale comunista come se avessero studiato a Mosca in una scuola di partito. Non hanno avuto, perciò, la necessità di ostentare la loro presenza, come hanno fatto in Egitto: la Siria era già matura per diventare un prezioso satellite dello schieramento sovietico in un punto strategico vitale per l'Occidente. La struttura politica Siria-, na, comunistoide più che marxista, era però ancora gracile e il gioco parlamentare troppo aperto per assicurare la Russia sulla vitalità del nuovo regime. Per rinsaldarlo, i russi cercarono di conquistare la fiducia delle classi sociali siriane ancora diffidenti lusingando il loro nazionalismo esasperato, sfruttando i molti errori psicologici commessi dagli occidentali, largheggiando in aiuti. Accordarono crediti senza porre condizioni, organizzarono l'esercito dotandolo delle armi più moderne, crearono dal nulla la aviazione militare, ed anche quella civile, a cui affidarono 35 caccia a reazione Mig che, secondo alcuni, furono gentilmente regalati. Anche se parecchio costoso, fu un regalo fruttifero. Oggi la Russia può contare sulla devozione assoluta della Siria, dove non c'è uomo politico, tranne forse il malinconico presidente Chukri Quatly, ultimo e sempre meno autorevole rappresentante della borghesia in liquidazione, che non parli della .Russia come della buona mamma sollecita del benessere e della pace per tutti i popoli arabi. Leggendo i giornali siriani, per i quali è indispensabile l'interprete, essendo tutti in arabo (in Egitto se ne stampano ancora due in francese e uno in inglese) si ritrova il frasario a cui ci ha abituati la propaganda sovietica. Credo però che nemmeno i giornali russi abbiano mai usato il linguaggio brutale di quelli siriani per condannare il' presunto imperialismo americano. Con affliggente monofonia le radio urlano ed i piomaji scrivono triviali contumelie all'indirtelo di Eisenhower e di Poster Dulles, di re Hussein, di re Feisal, del presidente libanese Chamoun che quel piano hanno accettato. Gli ottimisti ad oltranza osservano che il partito comunista siriano è una minoranza assoluta, con due soli deputati in Parlamento, e traggono la speranza che il gioco delle influenze sia ancora aperto. Anche tn Ungheria, Polonia, Cecoslovacchia il partito comunista è una minoranza, ma non credo che gli occidentali si facciano qualche illusioneIn Siria la situazione è pressoché identica a quella dei Paesi d'oltre c'ortina. I tre partiti rappresentati in Parlamento, socialista, comunista e indipendente, sono uniti nel fronte popolare dominato dal primo vice ministro Kalehd Azem, comunista. Fra i tre partiti non esiste buona armonia, anzi, combattono una lotta sotterranea a cui partecipa anche l'esercito, cioè i grossi generali, ma è una lotta di fazioni, per la conquista totale, esclusiva del potere da parte di una sola. Però, vincano gli uni o gli altri, la Siria non muterà indirtelo, come non lo ha mutato la Russia dopo che Kruscev ha liquidato i suoi avversari. . Anche coloro che sono fuori dal gioco politico, e quindi indipendenti nel giudizio, escludono che sotto la dittatura militare, o quella ■ socialista, la Siria possa staccarsi dalla Russia e riaccostarsi all'Occidente. E' ormai entrata in uno schema dal quale, anche se lo volesse, e non lo vuole, non può più uscire. Il primo ad esserne convinto è Nasser, che si lascia corteggiare, ma non adescare dalle proposte siriane di fare il presidente unico dei due Paesi fusi in uno solo. Per quanto vanitoso, egli comprende che accettare l'offerta significherebbe favorire l'inquieta, dinamica Siria nella rapida sovietizzazione di tutto il Medio Oriente e, quindi, dare alla Russia la chiave dei pozzi petroliferi di Irak, Arabia Saudita, Kuweit, Barehin e, a breve scadenza, della Persia. Una prospettiva poco allettante per lui che ha sognato di irrigare l'Egitto con quel gran fiume di ■ oro nero. Non rifiuta, ma tergiversa e fa il difficile sperando che i siriani si impegnino, speranza assurda, a svolgere una politica estera più indipendente dalla Russia e meno comunista all'interno. E' però difficile che possa resistere all'azione combinata dei due insistenti amici. La Russia vuole stringere i tempi e agganciare più saldamente il sorridente colonnello egiziano che si è messo .a fare l'anguilla e si divincola per sfuggire alla tenaglia in cui si è cacciato. Per vincere la resistenza di Nasser, è partito da Damasco il gen. Afif El Bizri. Subito dopo, anche il ministro degli esteri Salah Bitar si è precipitato al Cairo trascurando l'ospite principesco per cui av'iva fatto erigere arohi di trionfo. Il titolato emiro si roda e aitenda. Per la Russia^ il canale di Suez vale assai più, del lontano Yemen, sperduto in fondo alla deserta penisola arabica. Francesco Rosso