I dissensi tra Londra e Parigi sulla zona di libero scambio

I dissensi tra Londra e Parigi sulla zona di libero scambio I dissensi tra Londra e Parigi sulla zona di libero scambio li ministro Carli si dice convinto in un accordo ■ L'Italia è favorevole al mercato più vasto possibile I timori degli industriali francesi deWauto (Nostro servizio particolare) Parigi, 17 gennaio. L'Italia è favorevole alla realizzazione di una zona di libero scambio fra i diciassette Paesi dell'OECE e perciò si sforzerà di appianare i dissensi sorti tra la Francia e l'Inghilterra, e le indubbie difficoltà attuali e future. Lo ha dichiarato il miniistro italiano del Commercio } Estero prof. Guido Carli in una conferenza-stampa tenuta sta¬ 1 mane * Parigi. Egli si è detto I convinto che si giungerà a una | soluzione soddisfacente, in ciò 'confermando l'opinione espres- sa ieri sera dal ministro britan nico Reginald Maudling. E' evidente tuttavia che qualche concessione reciproca dovrà essere fatta e a ciò sembrano avviarsi sia Londra che Parigi. Gl'inglesi infatti ammettono che il loro piano sul problema dell'agricoltura — argo- 1 mento sul quale sono concen a! trati Per ora i maggiori coniiiiiMlllitliiiiiiiiiiiiiiiiitiiititiiiitllllliiltiilltiiin trasti — ha bisogno di essere chiarito; i francesi riconoscono che i sei della « Piccola Europa > non devono isolarsi dagli altri Paesi dell'OECE. Lo ha affermato proprio oggi il ministro Maurice Faure prendendo la parola al Consiglio Economico, il quale deve esaminare la questione della zona di libero scambio e dare il suo parere. Maurice Faure è quindi d'accordo col ministro Carli, con l'inglese Maudling e anche col rappresentante tedesco, secondo cui un insuccesso dei negoziati per la realizzazione della zona di libero scambio sarebbe un colpo duro per la politica di unificazione europea alla quale tutti hanno interesse: l'Inghilterra per non perdere il mercato continentale; i Paesi europei per evitare che la Gran Bretagna ritorni all'isolazionismo e alla politica delle preferenze imperiali, facendo chiudere ai prodotti europei le frontiere dei Paesi del Commonwealth. Per quanto riguarda l'agricoltura, l'Italia desidera che essa venga inclusa nella zona di libero scambio, ma ammette che l'Inghilterra ottenga certe garanzie, così come ne dovranno ottenere altri Paesi ed anche il nostro, per la protezione di certi prodotti. In genere il punto di vista italiano è chiaro e si riassume in una frase: più il mercato è vasto e meglio è, poiché la nostra economia è in piena fase di espansione, i suoi prezzi sono diventati competitivi e più sbocchi ci sono più esporteremo. La Francia invece appare più prudente. Gli industriali francesi sono ostili alla zona di libero scambio, particolarmente i produttori di automobili, i quali hanno diffuso proprio oggi un comunicato per precisare che sono contrari ai negoziati: 1) perché, escludendo il Commonwealth dalla zona di libero scambio, l'Inghilterra si trova in condizione di vincere sulle due scacchiere; 2i perché l'assenza di tariffe doganali comuni fra la « Piccola Europa » e gli altri Paesi dell'OECE provocherà inevitabilmente grosse speculazioni nonostante le cautele che potranno essere deci se; 3) perché non esiste ancora una politica comune che permetta di realizzare l'eguaglianza delle condizioni di concorrenza. Gii ostacoli da superare, come si vede, sono numerosi. I negoziati del resto assumeran- no un nuovo aspetto fin dalla prossima seduta, fissata al 17 febbraio, perché ad essa sarà presente anche il tedesco Hall Stein in qualità di commissario del Mercato comune europeo, al quale spetterà il compito |di difendere le posizioni dei « sei > (Francia, Italia, Germania, Belgio, Olanda, Lussemburgo) e definire la loro politica nel quadro della zona di libero scambio. Il problema della mano d'opera è stato nuovamente esami nato stamane dai ministro Car-li in un colloquio coi colleglli di Gran Bretagna, Grecia, Svizzera e Svezia. Occorre infatti che vengano modificati i princìpi stabiliti a suo tempo dall'OECE, secondo i quali ogni Paese dovrebbe prima di tutto assicurare il pieno impiego ai lavoratori nazionali e dovrebbe aprire le frontiere a quelli degli altri Paesi soltanto nella misura in cui lo permette il proprio mercato di lavoro. La nuova situazione richiede che la libertà di circolazione della mano d'opera sia analoga a quella delle merci e che tutti i Paesi siano solidali nel creare possibilità d'impiego anche agli operai degli altri Paesi. Occorre inoltre che il lavoratore emigrato con la propria famiglia abbia la certezza di poter rimanere nel Paese dove si trova e di essere trattato alla stessa stregua dei nazionali, anche se dovesse prodursi un periodo di disoccupazione. Questi concetti nuovi sarebbero ormai accettati dai Paesi dell'OECE. . 1. m.

Persone citate: Carli, Guido Carli, Hall Stein, Maurice Faure, Reginald Maudling