Burocrazia e scarse attrezzature minacciano il porto di Genova

Burocrazia e scarse attrezzature minacciano il porto di Genova E9 in tifisi il maggiore sbocca sui mare dell'Italia del Nord? Burocrazia e scarse attrezzature minacciano il porto di Genova In cinque anni il volume dei traffici è raddoppiato, ma l'organizzazione è ancora quella del 1939 ■ Un grave ostacolo per le operazioni portuali: la dogana con il grò viglio di complicate procedure. - E i genovesi hanno perso l'audacia dei loro antenati (Nostro servizio particolare) Genova, 17 gennaio. Si va ripetendo che il porto di Genova è in crisi. Si è diffuso un senso di malessere e di disagio tra le città industriali del nord e il loro principale sbocco sul mare: il porto ili Genova è lento e caro, le merci impiegano troppo tempo e richiedono spese eccessive per l'imbarco e lo sbarco. Si è persino affacciata la possibilità che il nord industriale finisca col rivolgersi ai porti olandesi, come Rotterdam, collegati alla Svizzera per via fluviale, ricordando il caso di un importatore di arance che trovò la via del Reno più conveniente di quella di Genova e della valle del Po. Affermazioni del genere fanno sorridere i genovesi sicuri della prosperità del loro porto che. ha raddoppiato in cinque anni il volume dei suoi traffici: oltre 16 milioni di tonn. ' di merci nel 1957, il doppio del '52, che fu il primo anno ad uguagliare il massimo prebellico. Le apparenze sembrano confermare la prosperità e smentire la crisi. Ogni angolo del porto è affollato, in un giorno solo si contano più di duecento grosse navi, molte devono attendere in rada non trovando banchine libere per ormeggiarsi ; toccano Genova 15.000 navi all'anno, si scaricano e caricano merci per un valore di 1200 miliardi. Grandissima parte di questo traffico è diretto al Piemonte (20 per cento) e alla Lombardia (32 per cento) oppure ne proviene: il porto di Genova non può essere in crisi — si dice — finché le grandi industrie del nord lavorano. Eppure il malessere è vivo. Paradossalmente, è dovuto ad eccesso di prosperità. Il traffico è doppio di quello anteguerra, ma gli spazi, le attrezzature, i collegamenti stradali e ferroviari sono rimasti quasi immutati. Le banchine misurano oggi 20 km. in tutto, come nel 1939, si contano appena 300 gru contro le 275 di quell'anno; molte 3ono gru idrauliche vecchie di cinquantanni. La rete ferroviaria (oltre 1200 vagoni al giorno) non viene aggiornata radicalmente da almeno venticinque anni. I mille autocarri che entrano ed escono nelle ventiquattr'ore si assiepano ai varchi angusti e disordinati per confluire poi nella stretta e pericolosa camionale di 'Serravalle. Disordine, lentezza, eccessivi costi Bono ammessi da tutti. Ma se ne lamentano soprattutto i torinesi e i milanesi interessati direttamente al porto di Genova: il Consorzio che Io amministra è formato dallo Stato, dalle province e dai comuni di Genova, Torino e Milano. C'è chi dà la colpa al Consorzio del porto che non provvede a impiantare mezzi moderni nella zona di Sampierdarena, dove larghissimi spazi sono praticamente inutilizzati; chi la riversa sugli armatori i quali, smaniosi di utilizzare le navi al massimo, scaricano a tutta velocità creando ingorghi e confusione (un'ora di sosta può costare decine di milioni per noli perduti, uno spostamento da una banchina all'altra a distanza di duecento metri costa un milione e mezzo di solo rimorchiatore). Per altri, sono responsabili gli scaricatori, un esercito di seimila uomini specializzati, organizzati in una compagnia unica di natura corporativa, gelosissima dei propri privilegi a somiglianza di altre classi viventi sul porto: spedizionieri, imprenditori, armatori (la paga minima di uno scaricatore è di 1750 lire per otto óre, ma molti riescono a triplicarla grazie a doppi turni e premi straordinari). Tutti infine concordano nel prendersela con lo Stato per causa della dogana e per l'insufficienza ■ dei contributi e finanziamenti, confermando ancora una volta quel senso di insofferenza caratteristico dei genovesi che è avversione per la burocrazia. I mali in realtà sono molti e di natura cosi complessa da sembrare inafferrabili. Ma uno chiarissimo è davvero quello della dogana. La - dogana di Genova è un complesso asmatico che rende allò Stato la bella somma di 83 miliardi (quest'anno saranno novanta) per soli diritti: un terzo, di tutte le entrate doganali ita liane. La dogana è un gravissimo ostacolo per le operazioni portuali, non già per ecces so di fiscalismo ma per eccesso di incarichi e groviglio di procedure. E' di volta in volta un ministero, un istituto scientifico, una banca, un ente economico che lavora al ritmo di 1.300.000 « pratiche > all'anno; ogni « pratica » richiede l'intervento di ben quindici mani e cervelli diversi. E basti un esempio: un in dustriale di Biella importa 100 tonn. di lana dall'Australia paga all'entrata i diritti doga-nali in rapporto alla quantitàe qualità della lana, a Bieita ne fa tessuti che poi esporta in Sud-America sempre attraverso il porto di Genova; all'uscita avrà diritto a un parziale rimbórso di " diritti pagati. Per stabilire l'entità di tale rimborso la dogana deve accertare che il tessuto sia stato prodotto esattamente con quella lana: perciò analisi di laboratorio all'entrata e alla uscita. Si moltiplichi il caso dell'industriale biellese riportato qui genericamente a tito- lo indicativo per migliaia di casi quotidiani, ed ecco giacenti nel laboratorio della dogana tremila campioni di merci in attesa di analisi. La dogana deve in più accertare il valore delle merci, a volte con indagini sul mercato di origine e di destinazione, deve controllare infinite cose: che il petrolio in arrivo vada alle raffinerie, che i rottami di ferro finiscano realmente negli alti forni, che i grassi esotici non diventino olio d'oliva. Gli esempi possono dare un'idea della complessità del lavoro in un porto dove entrano o escono giornalmente 45.000 tonn. di merci, dal petrolio alle ossa, corna, unghie (1200 tonn. annue), dagli strumenti musicali al grano, dalla gomma arabica alle monete d'oro (una tonn. all'anno). Nel 1939 il personale della dogana era di 350 funzionari e subalterni: il porto aveva allora un traffico di 8 milioni di tonn.; oggi con le complicazioni burocratiche e con un traffico più che doppio il personale non arriva a 500 unità. L'elenco delle cause della « crisi », molte incerte, è interminabile; ma non si può fare a meno di rilevarne anche il fondo morale. I mali vengono in parte da una certa esitazione dei genovesi agli investimenti senza pubbliche garanzie, da una latente diffidenza e dal diminuito amore del rischio, dal prevalere del formalismo, accentuato fino a prevalere sulla vivacità e sull'audacia. Pochi genovesi potrebbero mutare da un giorno all'altro lo condizioni del porto di Genova, anticipando i miliardi occorrenti come fecero i loro avi. Uno di essi, confermandomi questa possibilità, mi diceva: «Ma chi mi garantirebbe in futuro almeno la riconoscenza? ». Mario Fazio tv il pagamento della sommaidi 5 milioni equivalente aliaivincita. La vertenza giudiziaria ha preso l'avvio il 13 scorso, quando il Mambelli si è presentato al giudice istruttore dott. Morflno della prima Sezione del Tribunale civile per reclamare i suoi diritti. L'esperto di calcio, infatti — che era stato già bocciato la settimana precedente e poi riammesso — era riuscito a rispondere ad una difficile domanda: per un banale equivoco cadde definitivamente e venne escluso dal gioco, nonostante il pubblico avesse apertamente parteggiato per lui. Levratto, Mambejli, col patrocinio dell'avv. Vincenzo Papazzo, sostiene che il provvedimento della sua eliminazione fu ingiusto in quanto è apparso evidente che egli non diede una risposta sbagliata, ma incappò in un banale lapsus j, che gli stessi giornali non mancarono di rilevare. L'esperto di calcio ha chiesto inoltre che i funzionari della Bai-tv .nettano a disposizione del giudice il nastro magnetico su cui è incisa la sua risposta. ■ìiiiiiJiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii ! loaff« -M<rK etinondi 1'* le8Se Stipendi di m?estri e professori Roma, 17 gennaio. Il presidente del Consiglio, sen. Zoli. ha ricevuto stasera al Viminale il ministro della P. I. on. Moro, con il quale si è intrattenuto sui vari provvedimenti che riguardano gli insegnanti di ogni ordine e grado I provvedimenti stessi saranno presi in esame alla Camera alla ripresa parlamentare. Secondo le tabelle allegate al disegno di legge gli stipendi annui lordi sono i seguenti: Personale insegnante delle scuole elementari: da L. 606.000 temnIFlatàgdinaaspdcapggper la prima classe a L. 975.000 _ dopo ventuno anni di ordina-1 nrio; personale insegnante degli Itistituti di istruzione seconda- j rria: da L. 606.000 per la prima! telasse a L. 1.500.000 dopo 18 an ni di ordinario nei professori di ruolo A. Personale direttivo ed insegnante degli istituti di Istruzione artistica: da L. 606.000 per la prima classe a L. 2 milioni 400.000 per i direttori. Direttori didattici 1.350.000. Ispettori scolastici 1.500.000. Presidi di prima categoria 2.010.000 dopo 6 anni; di seconda 1.500.000 dopo 6 anni. nGshdatcpGitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiJJ tiiiiitjiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

Persone citate: Levratto, Mambelli, Mario Fazio, Vincenzo Papazzo, Zoli