Il parroco fu giustiziato "per dare un esempio di forza,,

Il parroco fu giustiziato "per dare un esempio di forza,, Colonnello fascista davanti al Tribunale Militare Il parroco fu giustiziato "per dare un esempio di forza,, 1 testimoni affermano che il sacerdote fu ucciso nonostante il parere contrario dei subalterni dell'imputato - L'ufficiale dice di avere eseguito un ordine (Dal nostro corrispondente) Napoli, 14 gennaio. . Si è iniziato stamani dinanzi al Tribunale Militare, il secondo processo al tenente colonnello degli alpini Benvenuto Pozzo, sessantacinquenne, da Desenzano sul Garda: egli è imputato, oltre ohe di < aiuto al nemico > per avere comandato nella repubblica di Salò il battaglione < Morbegno » della divisione c Monte Rosa>, anche della uccisione di don Emanuele Toso, parroco di Lavaggiorosso, frazione del comune di Levanto in provincia di La Spezia. Il sacerdote era stato ritenuto dai repubblichini colpevole di appoggiare gli uomini e gli ideali della Resistenza. Il tenente colonnello Pozzo, difeso dall'on. Italo Formichella, per quei reati fu già condannato dal Tribunale Millta- re di Roma, a 17 anni, ma In se guito al ricorso al Tribunale Supremo, venne annullata la sentenza e ordinato lo svolgimento di un secondo processo, Il presidente, generale Niccolò Cultrera, ha esposto i fatti ai giudici: tre colonnelli e un capitano di vascello. Il tenente colonnello Pozzo fu denunciato per quei reati Insieme ai colonnelli Mario Cartoni e Policarpo Clerici, comandanti rispettivamente della divisione « Monte Rosa > e di uno dei suol reggimenti, quello cui apparteneva il battaglione < Morbegno >. Il processo riguardante il Pozzo, fu stralciato. In quanto al Clerici, egli fu prosciolto in istruttoria. Il Pozzo, che era latitante, al tempo del primo processo si presentò In udienza e venne arrestato. Il parroco don Toso, fu fermato da una pattuglia il 9 agosto del '44 perché sorpreso a chiedere informazioni di carattere militare. Tradotto al comando di battaglione e perquisito, gli fu trovato un foglio con su delle annotazioni riguardanti il dislocamento dei reparti, il che provava la sua attività in favore dei partigiani. Primo ad essere interrogato è stato il tenente colonnello Pozzo, che, in base al decreto del 19 dicembre 1953 concernente la concessione di indulti e amnistie per reati politici, ebbe interamente condonata la pena e pertanto oggi è in libertà. Il suo scopo è però di ottenere una sentenza di piena assoluzione. TI tenente colonnello Pozzo nella sua deposizione riconferma quella precedente, egli afferma che, dopo avere informato dell'arresto del parroco il comandante del reggimento, colonnello Policarpo Clerici, ebbe da questi per telefono l'ordine di fucilare don Emanuele Toso. Il Clerici gli avrebbe poi ripetuto l'ordine, tramite due suoi ufficiali, il capitano Antonio Giacardi e il tenente Carlo Savoldelli. Il 10 agosto, una perquisizione fatta nella canonica di Lavaggiorosso, fece trovare nascosti tre fucili che il parroco disse appartenenti ai carabinieri della locale stazione. Il 12, in obbedienza agli ordini ricevuti, egli, respinto l'intervento di varie persone — fra cui la moglie del prefetto Bini — che chiedevano un gesto di clemenza per il sacerdote, dopo avere fatta radunare sul sagrato la popolazione, alla quale spiegò perché veniva eseguita « la sentenza >, assistè alla fucilazione, compiuta nella stessa piazza da un reparto comandato da un sottufficiale. Il parroco non mori subito, tanto che il sottufficiale gli si avvicinò, sparandogli un colpo di pistola alla tempia. Viene poi letta la deposizione di un testimone, il pittore Giuseppe Passuti, che, trovandosi a Lavaggiorosso per rifare la facciata della chiesa, fu presente alla drammatica scena. Secondo il Passuti, chi diede l'ordine di fare fuoco contro il sacerdote bendato non fu il sottufficiale — che successivamente esplose il colpo al ca]>o del parroco rantolante, — ma lo stesso tenente colonnello Pozzo. Il primo teste di questo nuovo dibattito è il medico Renzo Bardellini. Egli all'epoca dei fatti era commissario prefettizio di Levanto. Il Bardellini narra che il suo intervento telefonico presso il prefetto risultò inutile perché si sentì rispondere che la fucilazione era già avvenuta. Segue il capitano Antonio Giacardi. Nella sua deposizion« egli conferma che il tenente colonnello Pozzo disse a lui, ( e ad un altro ufficiale, il tenente Marcello Bonvecchio, che era « necessario dare un esemplo di forza e di intransigenza», ed espresse il parere che « vi fossero gli estremi per procedere >, nonostante < il parere contrarlo dei subalterni >. Terzo teste e il tenente Marcello Bonvecchio. Ricorda perfettamente che lui e il capitano Giacardi dissero al tenente colonnello Pozzo che sarebbe sta>to bene, anziché fucilare il parroco, trasmettere la pratica al comando dì reggimento o al tribunale militare di Chiavari <in quanto ritenevano che non vi fossero gli estremi per una esecuzione sommaria». Il tenente colonnello Pozzo obiettò invece < che secondo lui v'erano gli estremi per la fucilazione >. Quarto a salire sulla pedana è il tenente Giulio Garzonio, il quale fra l'altro narra che «degli interrogatori subiti dal sacerdote non fu redatto alcun verbale. Essi, invece, furono compilati a fucilazione avvenuta, sulla memoria del presenti, cioè lui, il tenente colonnello Pozzo e il tenente Sevoldelli >. Ultimo è il dott. Francesco Giura, allora medico del batta¬ nminiiimnmiiimiiniim Minili mi iiiiiMiiiiii glione col grado di tenente. Il Giura rievoca 11 fatto, precisando: « Il parroco non morì immediatamente, ma In seguito al cosiddetto colpo dì grazia sparatogli da un Bottufficiale. La salma fu composta nella canonica su un tavolo da me, dalla nrglie del nrefetto e da un pittore, Passuti >. Domani, dopo le arringhe del P. M. e dei difensori, si avi'à la sentenza. Crescenzo Guarino li ten. col. Pozzo (Telefoto)