Nessun viaggiatore ha mai visio così bene gli sfavillanti mosaici della «Basilica d'oro»
Nessun viaggiatore ha mai visio così bene gli sfavillanti mosaici della «Basilica d'oro» Nessun viaggiatore ha mai visio così bene gli sfavillanti mosaici della «Basilica d'oro» Chi visita San Marco è quasi smarrito tra tanti colori, simboli, d segni - Ora quei superbi documenti pittorici sono riprodotti in quaranta ottime tavole, di facile e utile «lettura» Il tanto che fu scritto sul San Marco di Venezia non vieta d'accogliere con sempre nuovo interesse ogni testo che perfezioni la conoscenza del tempio forse più visitato e ammirato del mondo: proprio perché essa è spesso fallace anche per gli Innamorati della Basilica d'oro. Un esempio. Da Raffaele Cattaneo ai recenti storici convintamente si sostenne che la primitiva chiesa, anzi cappella privata dogale, sorta intorno l'830 sotto il governo di Giovanni Partecipazio per accogliere la trafugata salma dell'Evangelista (ricordate, a Brera e alle Gallerie dell'Accademia, le due famose tele del Tintcretto?) fosse di pianta basilicale a tre navate, e che soltanto verso il 1070, modificata per la terza volta, assumesse l'attuale pianta con cinque cupole a croce, esemplata dall'archetipo della chiesa degli Apostoli a Costantinopeli, quasi in omaggio a un neo-bizantinismo architettonico. Orbene, gli ultimi assaggi dell'architetto Ferdinando Forteti, proto dei lavori della Basilica, han dimostrato che non v'è traccia In San Marce di antecedente costruzione basilicale, e che 11 favoloso scrigno musivario rlvaleggiante con quelli di Ravenna e di Monreale nacque, come struttura, a parte l'incognita delle cupole, quale oggi nei lo vediamo in concordanza, del resto, con l'ambizione del doge Giovanni Partecipazio di emulare, venendo da Bisanzio, « le magnificenze solenni e sfavillanti di Santa Sofia e dell'Apostoleion > per eccitare la fede del suo popolo con un sacro edificio che si staccasse dalle consuete forme già sfruttate nella vetusta cattedrale di Torcello; onde forse si valse anche dell'opera d'architetti bizantini. Ciò ci conferma ora il Follati stesso facendo seguire uno studio sulle vicende costruttive del capolavoro veneziano ri masto inalterato nell'aspetto generale dalla fine del Quattrocento — come risulta dalla immensa Processione in Piazza San Marco (1496) di Gentile Bellini — all'ampio analitico saggio che Pietro Toesca, venerando maestro di dottrina artistica nel quale gli ottamt'anni adesso compiuti non affievoliscono né il vigore della erudizione né la lucidità del giudizio critico, ha premesso alla quarantina di superbe tavole del volume dedicato dalla « Silvana Editoriale d'Arte » ai Mosaici di San Marco: un libro che testimonia l'altissimo livello raggiunto dalla tecnica italiana nella riproduzione fotomeccanica a colori. E se parlavamo d'un perfezionamento di conoscenza è perché, isolati sulle vaste pagine i particolari delle rappresentazioni musive, forse per la prima volta vi si può veramente «vedere» nella sua eccitante varietà stilistica quanto viceversa sotto gli archi e le cupole del- t-err.pio, avanti e dopo la celeberrima iconostasi ch'è il cruccio del Patriarca di Venezia, dopo brevi momenti di contemplazione anche nell'occhio più attento e capace si confonde smarrendosi in una sfavillante indistinta cromìa, intorpidendo e quasi soffocando l'osservatore con la greve opulenza dei compatti ori, con la molteplicità delle simbolistiche figurazioni, con l'arcano astrattismo, tipicamente bizantino del repertorio iconografico. Meglio infatti su queste pagine perfette che su quei millenari muri per la conservazione dei quali da secoli si lotta (e già il Sansovino 11 lega va di ferri, cingeva di cerchiature le cupole), noi «leggiamo» J la personalità dei maestri — o dell'Ascensione, j della Passione, o della Discesa al Limbo, o dell'Orazione nel Gethsemani, o del Ritrovamento delle Reliquie, o delle Storie della Creazione derivate iconografi¬ camente dalle miniature della « Bibbia di Cotton », o della Traslazione del corpo di San Marco, e via dicendo — che fra il XI ed il XIII secolo, fondendo la tradizione bizantineggiante coi caratteri della rigogliosa scuola locale, coprirono l'intero interno della Basilica col meraviglioso parato delle vitree tessere incastrate nell'intonaco ancor tenero su cui prima era stata stesa a pieno colore (ed anche della scoperta di codesta antica tecnica ci avverte il Forlatl) la scena da raffigurare: un vero e proprio affresco, dunque, che sul posto, direttamente, il mosaicista coi suoi aiuti trasformava in smaltata superficie, sfavillante trionfo di mistica luce sul pio raccoglimento della preghiera'. mar, ber. niiiiiuiiìiiiiiiiiuiiiiiiiiuiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Persone citate: Brera, Cotton, Gentile Bellini, Giovanni Partecipazio, Patriarca, Pietro Toesca, Raffaele Cattaneo, Torcello
Luoghi citati: Monreale, Ravenna, Santa Sofia, Venezia
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