Ufficio di &**ilo&um&nto

Ufficio di &**ilo&um&nto Ufficio di &**ilo&um&nto L'orecchio aiuta; moiri snel segno, evitano quei italianissime, danno all'eLo studio che tutti quanti mettiamo nel collocare monete false e figliuole da marito non si estende né alle parti del discorso, né agli elementi della proposizione, né alle proposizioni fra loro; alle quali generalmente si dice: fate vobis, disponetevi un po' come vi pare. E fino a un certo punto questa trascurataggine è da approvare: perché se alla difficoltà dello scegliere parole e frasi italiane si deve aggiungere quella del collocarle in maniera italiana, accidenti all'Italia, lingue e penne si fermerebbero. «Par di stare a Salonicco! », « Ecco tornata l'età dei Berengari », < Italiano di Attila e di Genserico », sono epifonemi del purista Giuseppe Romanelli nel bel libro, da gran tempo esaurito, Linoua e dialetti; e gli sono strappati a viva forza (che per iuel che si sa, era d'indole gentile e mite), sapete da che? dal modo ancora una volta (cncore une fois), che cominciavasi a usare in cambio degli italiani Una volta ancora, Una volta di più, Un'altra volta, Un'ultima volta, Da capo! e simili. Altri tempi, altri orecchi. Og gi i nostri sono siffattamente smaltati, che essendosi allo stadio di Firenze, per la passione di vedere la Juventus, piegato il ferro e rovinato il cemento, si lesse il domani nel giornale fondato da Bettino Ricasol ch'erano stati ordinati accertamenti sulla agiblità di detto stadio e poiché né allora né poi, né a Firenze né altrove, nessun pompiere della lingua è corso ai ripari e anzi quel termine ha fatto tranquillamente il giro di altri giornali, si deve concludere ch'esso è universalmente inteso e accettato per buono. Non vi sapremmo però dire che cosa significhi. Ma circa la collocazione sant'orecchio aiuta anche oprgi in parecchi casi; e sono moltissimi che senza aver studiato , noi tiattati di rettorica, col i gono nel segno per Ja 8empilce senza aver studialo nei tra giri che anche quando le pespressione un colorito di intercessione di lui. A un dìscorso che ci capacita nella sostanza, qualcosa ci fa rispondere: Bun detto. Ma di un complimento girato con beill'arfiflcio, vien più spontaneo l'inverso: Detto bene. Per contro, di un'opera meccanica che si facoia ammirare per la precisione del lavoro, si dice quasi da tutt' che è Fatta bene; ma Ben fatta, se ci piace invece per la sua vaghezza. Sappiamo quante cose appaiono ben fatte, che poi non riescono fatte btne. E anche di donna, Ben fatta e Fatta bene serbano nell'uso una certa differenza, che si lascia al lettore di fermare, per eserctoio. La signora dalla sarta, sentendo che non può respirare: E' ben stretto quest'abito! (cioè strettissimo); ma la sarta che sa quel che ha fatto: No, è stretto bene (cioè Il giusto). Eppure non avranno mai visto in faccia il Tommaseo. Impossibile poi anche ai più ignoranti sarebbe di confondere i modi Pover uomo e Uomo povero, Buona donna e Donna buona, Una certa notizia e Una notizia certa, Il solo figlio e II figlio solo e così via; e c'è come una grammatica dell'istinto che ci fa dire secondo i casi ora Mio caro (affettuoso), ora Caro mio (leggermente ironico), senza scambiarli. Purtroppo là legge del collocare non si restringe a questi pochi e facili casi, ma involge tutti i discorsi composti di almeno due parole. Lasciamo dell'eleganza a cui non siamo tenuti, ma evidenza efficacia e precisione dipendono in gran parte dalle giaciture. < Umana cosa è l'avere compassione agli afflitti ». Scomponete e ricomponete in tutti i modi possibili, ma quel concetto non sarà mai espresso così bene, con quel po' di solennità che ci voleva, come nella forma trovatagli dal Boccaccio. Per noial'ri niccoli collocare br i vorrà dire soltanto evitare quei giri che anche quando le parole, prese per sé, sono italianiBsi- ttari di rettorica, colgono arole, prese per sé, sono foresteria o di dialetto me, vengono a dare all'espressione un colorito o di foresteria o di dialetto. A sciolta briglia, A gonfie vele, Tambur battente, Ben portante, Ventanni dopo (Dopo vent'anni), Tale una cosa (Una tal cosa), Piacendo a Dio (A Dio piacendo), Un giorno di questi (Uno di questi giorni) e via dicendo, che gli esempi sono a migliaia. Dopo la famosa risciacquatura in Arno i Promessi Sposi portano circa una novantina di trasposizioni, diverse da quelle della prima stesura del romanzo; e poiché lo studiare nelle correzioni fatte alle cose proprie dagli scrittori grandi, è la più utile delle scuole, ne ricordiamo qui alcune, non potendo purtroppo riferirle tutte. Avuva scritto: della sua casa, a voi tocca, a mia voglia, al mio caso. Corresse: Di casa sua, Tocca a voi, A piacer mìo. Al caso mio. Quest'uomo benedetto fu raddrizzato In Questo benedett'uomo, per la mia parte in Per parte mia, mia colpa in Colpa mia, sentite i mici signori in Sentite signori miei, signor si signor no in Si signo re no signore: ognuno sente come l'italianità ci abbia guadagnato. Soltanto non si spiega un ' Vecchia amica ' della prima edizione, mutato a sproposito in un amica vecchia. Talvolta la yariante è suggerita dall'arte. Il frate cappuccino del cap. XI dice a Renzo, modestamente (in fondo non gl'importa troppo): «Fate a mio modo>; il notaio, modesto per la gran paura (cap. XV), anche lui scivola: «Fate a mio modo >; e così Agnese, sul punto di mandare Renzo dal dottor Azzecca-garbugli, con una certa esitazione: «Fate a mio modo >. Ma don Abbondio che sulla paura non vacilla mal, a Renzo tornatogli tra i piedi: < Fate a modo mio... tornate ecc. >. Del resto don Abbondio è sempre tanto fine in queste mezzetinte grammaticali, che meriterebbe uno studio tutto per sé. Leo pe8telU

Persone citate: Bettino Ricasol, Detto, Fatta, Giuseppe Romanelli, Tommaseo, Umana

Luoghi citati: Firenze, Italia, Salonicco