Come fu distrutta e ricostruita la città di Lodi, 8 secoli or sono

Come fu distrutta e ricostruita la città di Lodi, 8 secoli or sono IL "BUON" BARBAROSSA E LE LOTTE DEI COMUNI Come fu distrutta e ricostruita la città di Lodi, 8 secoli or sono Nella prossima notte tutte le campane annunceranno ai cittadini di Lodi, e delle terre intorno, che ha inizio il 1958, anno giubilare e di celebrazioni • Un aspetto "magnanimo,, del fiero imperatore: una lapide sulla facciata della cattedrale lo chiama "Padre della Patria,, - L'ammaestramento delle storie antiche Milano, dicembre. La botte di Capodanno « salve d'artiglieria e suono a distesa di tutte le campane », annunzieranno ai cittadini di Lodi e delle terre intorno che si inizia il 1958, anno giubilare per la città che festeggerà l'ottavo centenario della sua fondazione, dovuta a Federico Barbarossa, imperatore. Cosi avverte ufficialmente il bollettino del Comune della gentile città lombarda, unica città italiana che abbia ben visibile sulla facciata della sua superba cattedrale, una lapide in cui Federico 1° di Hohenstaufen, detto il Barbarossa, è chiamato «padre della Patria». I molti che in Italia conoscono la storia sui ricordi dei libri scolastici stupiranno, come si sono stupiti e arrovellati tanti commentatori di fronte al verso, dantesco, l'unico che accenni al grande imperatore svevo, là dove è designato con l'aggettivo di «buono», aggettivo al quale si è perfino tentato di attribuirle un significato ironico clip non ha mai avuto. Il Barbarossa, il distruttore di Milano, colui che si disse avesse fatto seminare il sale sui campi dei milanesi affinché non potessero essere mai più coltivati, quegli che aveva ordinato che gli ostaggi fossero legati alle macchine da guerra assediasti la città di Crema, cosi che i difensori dovessero colpire 1 loro figli e fratelli per tentar di arrestare la marcia degli assedtanti; il Barbarossa della Canzone di Legnano, quegli che un favoloso Alberto da Giussano aveva giurato di sterminare, sarà celebralo nel prossimo anno a Lodi, con una rievocazione che non mancherà di solennità se, come è certo, l'intelligente ed audace programma predisposto avrà la sua attuazione. La bella città lombarda che si eleva su un tenue rilievo sulla riva destra di quell'Acida, che ispirò Carducci, che vide la fulminea vittoria napoleonica che apriva al ventiseienne generale la via della conquista dell'Italia, non è per nulla imbarazzata dalla secolare tradizione che fa del Barbarossa il nemico tradizionale e si prepara a"a rievocazione senza preoccuparsi del guerriero di Legnano che nella stessa tèrra lombarda eleva la sua simbolica vittoriosa spada a ricordo della lotta della Lega Lombarda contro l'imperatore tedesco; a Lodi si conosce la storia assai bene e senza avere pretesa di postuma riabilitazione, si celebrerà il grande lottatore ghibellino cui gli italiani suoi nemici, i Papi suoi acerrimi avversari hanno dovuto rendere giustizia. Come spesso avviene il Barbarossa fu rievocato dalla romantica storiografia del secolo XIX come il tipico tiranno barbaro, il tedesco che scende dalle Alpi alla conquista dell'Italia, e gli italiani di quel tempo lontano furono rievocati come 1 precursori dei popolani delle Cinque Giornate del 1848. Si dimenticò che italiani erano i comaschi, i pavesi, i lodigiani che erano fedeli al Barbarossa. La Lodi del secolo XII, libero comune che rivendicava antiche origini galle e la nobiltà della cittadinanza romana riconosciuta da Pom peo, era la vittima delle prepotenze di Milano che voleva vietarle di tenere mercato e di commerciare liberamente! prodotti delle sue pingui e fertili campagne. La lotta fra le due città durava da decenni allorché il Barbarossa nel 1153 ave va posto la sua sede a Costanza. Là giunsero due messagge ri lodigiani, Albermanno Alemanno e Mastro Omobono che ricevuti dE.ll'imperatore, gli raccontarono tutte le angherie subite dai milanesi; la distruzione della loro città subita nei 1111 con la deportazione in schiavitù di tutti gli uomini validi, e poi dopo il tentativo di riedificazione, le nuove persecuzioni; le strade sbarrate da armati milanesi che vietavano ai mercanti di accedere a Lodi, sotto minaccia di massacro e molte altre piccole e grosse angherie. L'imperatore ascoltava compiaciuto di avere un motivo di più per schiacciare la superbia di Milano che non nascondeva anzi ostentava il disprezzo pe; il sovrano. Così Lodi entra nella lotta a fianco dei Barbarossa, con Como, con Pavia contro Milano e contro tutti i suoi alleati di parte guelfa. Ma la lotta ha vicende alterne e nel 1157, quando l'imperatore è lontano, i milanesi non risparmiano le loro persecuzioni contro Lodi, che non poteva far conto sulla protezione delle forze imperlali. Persecuzione spietata. Nessun dominatore barbaro era stato cosi feroce quanto lo furono i consoli milanesi contro il piccolo comune vicino. Con una serie di de¬ cpddszv e e e creti che le cronache del tempo ci hanno tramandato, ai lodigiani è fatto divieto di vendere beni immobili o mobili senza la preventiva approvazione del governo comunale di Milano; ogni tentativo di eludere la norma è considerato ribellione e punito con il bando. Neppure era permesso esportare da Lodi beni mobili di qualsiasi genere. I delatori erano premiati con il dono dei beni del colpevole. Alla fine del 1157 un prelievo su tutti i patrimoni dei lodigiani venne ordinato dal comune di Milano e ai renitenti a pagare, il prelievo veniva fatto con la forza da bande armate che entravano nelle case dei disgraziati. Finalmente fu imposto a tutti gli Uomini lodigiani dai quindici anni in più, di prestare solenne giuramento di obbedienza agli ordini di Milano. Era in sostanza una violenta annessione della città ribelle. I lodigiani tentarono di tergiversare, chiedendo di far seguire al giuramento una formula che ne annullava di fatto il contenuto, e cioè «fatta salva la fedeltà all'imperatore». I milanesi rifiutarono e ricominciarono spaventose rappresaglie. La tragedia giungeva alla fine; invano il vescovo di Lodi, accompagnato da altri prelati, e dai più insigni cittadini, si recò a invocare pietà gettandosi disperato e piangente ai piedi dell'Arcivescovo di Milano. Non ottenne nulla; neppu re servì l'intercessione di due Cardinali, Arderico di Rivol tella e Ottone di Brescia, che in nome di Dio e del Papa chiesero ai milanesi di lasciare in pace i lodigiani. Il giorno dei Morti del 1157 giunse a Lodi l'intimazione di allearsi a Milano e di rinunziare alla promessa fatta di fedeltà all'imperatore, pena lo sterminio; 11 termine scadeva all'Epitania. Nell'alba invernale del 7 gennaio 1158 gli armati milanesi giunsero a Lodi, invasero le case, asportarono le masserizie. Poi si ordinò alla popolazione di uscire dalla città, e gli sventurati, seminudi, si avviarono al di là dell'Adda fra il pianto delle donne e dei fanciulli che il freddo decimava; «Non bastavano i cimiteri a raccogliere i morti». I mila nesi sgombrate le case del poco che rimaneva, divelti gli alberi, appiccarono il fuoco e ritornarono a Milano mentre di qclsdcbelgcrrnlp«rsu a a i i i quella che era stata la tenace città di Lodi non rimaneva che la chiesa lombarda di San Bassi aro sola dominante un mare di ceneri e di rovine senza traccia di vita. Passarono pochi mesi; il Barbarossa ritornò in Italia con un esercito. I milanesi e 1 loro alleati non accettarono la battaglia in campo aperto e si chiusero nelle mura della città. Al campo del Barbarossa giunsero i lodigiani dispersi e chiesero « in nome del suoi morti, in nome di Dio, per la gloria dell'Impero » di dar loro una terra per ricostruire la loro città, « ove 1 figli, sperduti potessero ritrovarsi e vivere in pace »; essi stessi indicarono il luogo, una piccola altura denominata Colle Eghezzone sulla riva destra dell'Adda, a quattro miglia distante dalla vecchia Lodi distrutta. Il Barbarossa volle vedere il luogo e il 3 di agosto 1158 vi si recò; erano ad attenderlo molti fra i più insigni lodigiani superstiti. L'imperatore chiamò a sé i vecchi consoli Ramfo, Morena, Arcimbaldo Sommariva, Lozio degli Amboni, che tutto avevano subito pur di non mancare alla fede giurata, e piantato egli stesso in terra il vessillo con l'Aquila imperiale, li investì del dominio della terra dove la nuova città doveva sorgere. Così sorse la nuova Lodi; la vecchia distrutta risorse pure come un piccolo borgo ed ebbe nome Lodivecchio, mentre la nuova diventava una nobile elegante città ricca di preziosi gioielli d'arte e di fervidi ingegni. Questi sono gli eventi che Lodi si accinge a celebrare Hanno promesso di assistere alla cerimonia i discendenti de gli elettori imperiali, i borgomastri di Magonza e di Treviri forse i prelati che coprono ora le cattedre di quelli che accanto all'imperatore portarono dalla chiesa di Lodivecchio alla nuova cattedrale di Lodi, le reliquie di San Bassiano primo vescovo, e si festeggeranno in pace gli odi antichi da tanti secoli spenti. La singolarità di questa rievocazione storica non manca di qualche ammaestramento: starà a dimostrare la futilità delle lotte che divisero un giorno i comuni, poi le regioni e le nazioni e la possibilità che esse siano superate e dimenticate, per sempre. Eucardio Momigliano Iddsdfd. [nilMHIMIllHIllllllHIIIIMIIIlllllllIllllllinillllll