Immunità parlamentare di Francesco Argenta

Immunità parlamentare —— DA UNA LEGISLATURA ALL'ALTRA =— Immunità parlamentare Come sono esercitati i diritti della Camera - Norme e consuetudini francesi - Statistiche italiane: le domande di autorizzazione a procedere accolte, quelle respinte o decadute - Nonostante l'ampiezza delle facoltà concesse al Parlamento non si sono verificati contrasti tra il potere legislativo e quello giudiziario Roma, dicembre. In tema di immunità i nostri parlamentari sono ben più fortunati dei loro colleghi di oltr'Alpe. Statuisce l'art. 68 della Costituzione che senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a procedimento penale: né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, salvo che_ sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è obbligatorio il mandato o l'ordine di cattura. Ma in un comma finale, un codicillo di due righe, apparentemente privo di richiamo e colmo, invece', di una sostanziale portata estensiva, l'art. 68 della Costituzione aggiunge: « Uguale autorizzazione é richiesta per trarre in arresto o mantenere in detenzione un membro del Parlamento in esecuzione di una sentenza anche irrevocabile ». Non occorrono complicati sforzi di ermeneutica per individuare le situazioni che possono presentarsi in cospetto del combinato, ma anche conlraddittorio, disposto di IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII queste norme. E trascuriamo, pure, i casi-limite: il oaso, ad esempio, di un eletto dal popolo che si trovi in carcere al momento della elezione ed al quale la Camera, solo che lo voglia, potrebbe far riacquistare la libertà, ancorché la sentenza di condanna che lo ha colpito sia passata in giudicato e appaia irrevocabile; fermiamoci, soltanto, ai casi correnti, le ipotesi più piane e verosimili. Ebbene, è chiaro che in tutti questi casi la maestà della giustizia deve inchinarsi, arrestarsi e segnare il passo, dinanzi alla volontà espressa dal Parlamento. Il Senato e la Camera sono gli arbitri dei destini giudiziari dei loro componenti; arbitri in via assoluta, che la Costituzione è larga di alternative a favore dei parlamentari alle prese con la giustizia, dischiude loro innumeri e miracolose vie di uscita, se non di salvezza. La Camera, infatti, può concedere o negare l'autorizzazione a procedere, ma, concedendola, può opporsi, (anche se il provvedimento è tassativamente imposto dalla legge, e trova un'applicazio- IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII immilli ne severo e fulminea nei confronti di tutti gli altri cittadini) all'arresto del giudicabile; se poi, per avventura, si è lasciata indurre ad autorizzare anche l'emissione del mandato di cattura e l'arresto, la Camera è sempre in tempo per tornare sui suoi passi, per rimangiarsi la decisione, per intervenire, magari, in extremis, e far interrompere '■ lo stato di detenzione, rendere ineseguibile la sentenza, anche se irrevocabile. Non è chi non veda come dalla latitudine delle facoltà che i costituenti han voluto accordare alle Camere possono sgorgare conseguenze capaci di tradursi in occasioni di patente mortificazione 'per il corso della 'giustizia, ma anche di aperti e pericolosi conflitti fra i due poteri dello stato. Fortunatamente, né nella prima, né nella seconda legislatura repubblicana, questa deprecabilissima eventualità si è verificata. Se si fosse verificata, la nostra vita politica, già cosi accidentata e avvelenata da tanti contrasti, sarebbe andata incontro ad una turbativa supplementare. In Francia, comunque, l'istituto dell'autorizzazione a procedere ha una disciplina diversa, improntata a ben altro rigore. Con una legge del 7 dicembre '5J,, modificatrice dell'art. 22 della Costituzione promulgata il 27 ottobre '46, la giustizia è stata svincolata dall'obbligo di richiedere l'autorizzazione a procedere penalmente contro un parlamentare allorché l'assemblea cui egli appartiene ha sospeso i lavori. Nel cosiddetto période de intersession, vale a dire dalla data del decreto di chiusura dell'assemblea sino al giorno della ripresa dei lavori, l'immunità parlamentare non ha più gioco: anche il parlamentare, quando è in vacanza, e còme tutti gli altri mortali. La normafreno è stata adottata sotto la spinta dell'indirizzo giurisprudenziale che si era venuto formando sotto l'impero della costituzione del 1875 e l'on. Berthommier, deputato all'assemblea nazionale, che era stato mandato al giudizio del tribunale di Corbeil e che è comparso nei giorni scorsi, quale appellante, dinanzi alla Corte di Parigi non ha nemanco tentato di discutere ed invalidare la norma che l'ha sospinto sul banco degli accusati. Egli ha fatto, soltanto, una questione di date; i fatti delittuosi che gli erano addebitati risalivano all'8 giugno '56, vale a dire durante la sessione chiusa il 3 agosto '56; la requisitoria del P.M. che ne chiedeva il rinvio a giudizio recava la data del 28 agosto, una data anteriore di un mese e più all'apertura della sessione parlamentare, iniziatasi il 2 ottobre. Ma, alla stregua della legge, come data per l'inizio della procedura doveva considerarsi valida quella della requisitoria o quella del decreto di citazione, notificato il 10 luglio '57, vale a dire mentre il deputato sedeva a Palazzo Borbone ed era impegnato nei laxiori della sessione aperta il 2 ottobre '56 e chiusa, soltanto, la vigilia di ferragosto del '57 f La Corte di Parigi ha fugato tutti i dubbi che potevano essere sollevati in proposito, sentenziando che la procedura penale ha infoio con la richiesta del P.M. e non con l'atto di citazione. Ha dato .orto, in sostanza, al parlamentare, confermando la sentenza pronunciata nei suoi confronti dal tribunale di C'orbeil. La sentenza non è irrevocabile, giacché' può interloquire ancora la Cassazione, ma, anche se lo fosse, l'assemblea naziona le — a differenza di quel che accade da noi — non avrebbe nulla da eccepire o da op¬ porre. Se il deputato ha da andare tn < arcere, i colleghi non possono evitargli questa fatale fattura. Ebbene, alla stregua della disciplina che i nostri costituenti han dato all'istituto delle autorizzazioni a procedere, tutto questo che si va dibattendo oltr'Alpe può sembrare ai nostri parlamentari una questione improponibile, quasi un bizantinismo. Del resto, per essi, la sovranità del Parlamento, anche nei confronti della giustizia, non può essere discussa, non può subire offuscamenti, tanto meno eccezioni. E si che, da noi, il movimento delle domande di autorizzazione a procedere è nutrito: nella prima legislatura ne sono state presentate alla Camera 601. Quelle accolte sono state 67; quelle negate 239, quelle ritirate 7. Le residue — ben 188! — sono decadute per la fine della legislatura. In questa seconda legislatura, il volume delle richieste risulterebbe sensibilmente inferiore: 383 domande presentate sinora; ifl accolte, 77 negate, mentre per altre i.',i; domande è intervenuto il seppellimento, sotto motivi diversi. All'esame della commissione rimangono 119 domande. E si tratta, forse, dei casi più imbarazzanti e spinosi, dove lo schieramento politico che di solito regola e determina la decisione per i casi correnti avrebbe scarsi motivi per riprodursi in seno all'assemblea. E' da prevedere che il grosso delle domande lasciate in sospeso, ma che ufficialmente si dichiara ancora all'esame della commissione, finirà col decadere per la fine imminente della legislatura, così come finiranno per decadere le migliaia di proposte di legge, di iniziativa governativa e parlamentare, che vagolano da anni per gli uffici o giacciono, in polverosi fascicoli, dinanzi alle commissioni. Ma non tutte queste domande, per cui si ha il timore di pronunciarsi, di prendere una decisione, cosi come va accadendo alla commissione finanze del Senato per la spinosa questione dell'art. 17, hanno uno sfondo politico, rientrano fra quelle per cui dovrebbe intervenire come criterio discretivo nella valutazione da darsi al fondamento della domanda ed alla legittimità dell' azione, quéll' esclusivo criterio che può essere suggerito dal buon senso ed è tramandato dalla prassi, anche se i costituenti non ne han fatto cenno nella lettera della legge: l'opportunità di salvaguardare il parlamentare dalle aggressioni dei querulomani, dal pericolo delle denunce che mirano, capziosamente, a demolirne il prestigio e la figura: a intaccare, per obliqui fini, il prestigio stesso dell'istituto parlamentare. Richiamandosi a questi concetti, che sono otnni, def resto, la dottrina prevalente sostiene che il Parlamento non ha veste e poteri, decidendo su una domanda di autorizzazione a procedere, per entrare nel merito deliaquestione, per anticipare un giudizio che deve essere riservato' alla magistratura, per pronunciarsi ante litteram sull'incolpevolezza dell'accusato. Ma è una tesi che non riesce a prevalere in seno alle commissioni. -L'orientamento e di sovrapporsi alla giustizia, magari senza prendere una decisione, semplicemente accantonando le pratiche, come avviene nel caso di un parlamentare inseguito da un nugolo di denunce per emissione di assegni a vuoto (invano, l'autorità giudiziaria da cui promanano le domande di autorizzazione a procedere insistono nell'apporre al documento lo stereotipato codicillo: « Con la recidiva specifica, reiterata infraquinquennale, prevista dall'articolo 99 Cod. Pen. >). Anche al Senato, del resto, la cosiddetta Camera alta, dove agli eletti, non solo ptr loro maggiore età, ma anche per la maggiore età degli elettori che li hanno investiti del mandato, si attribuisce, con una capacità raziocinante più sperimentata o pacata, anche un senso di equilibrio più consapevole e pronunciato, l'orientamento è analogo. E, pur convenendo che i senatori sono piùinclini dei deputati alle soluzioni bonarie, il fenomeno è documentato, senza che si abbia bisognò di avventurarsi in analisi, dall'epilogo che offre il movimento delle domande . di autorizzazione a procedere inoltrate contro i senatori in questa seconda legislatura: 90 domande presentate, 35 restituite al Ministro della giustizia, 16 respinte; le altre all'esame della commissione: neppure una domanda accolta, neppure un'autorizzazione accordata. Francesco Argenta

Luoghi citati: Francia, Parigi, Roma