Urla e svenimenti in aunla alla sentenza per il clamoroso "colpo" di 170 milioni

Urla e svenimenti in aunla alla sentenza per il clamoroso "colpo" di 170 milioni A^raverso le fogne di JVovi nasalirono una banca Urla e svenimenti in aunla alla sentenza per il clamoroso "colpo" di 170 milioni In Appello ia banda del settantenne Porchetto: 6 condannati a 7 anni, 1 assolte • Dopo 60 mesi di scavi raggiunsero la "camera dei tesori» - Ua'aitra impresa nel 1924 a Genova: fruttò 150 milioni di allora La notte di Natale di due anni fa a Novi Ligure veniva compiuto uno dei furti più clamorosi del dopoguerra: 1 ladri, dopo avere scavato una lunga galleria, avevano forzato il pavimento della Banca Popolare di Novara e da due casseforti avevano asportato un bottino di 170 milioni (la maggior parte in titoli e solo 3 milioni e mezzo in contanti) ed (una bustina di punte di diamante per 70 mila lire. Le indagini dei carabinieri impiegarono sei mesi ' per scoprire gli autori e li indicarono alla Magistratura nelle persone di Eugenio Porchetto del 1887, Giuseppe Ghiggi del 1895. Cinzio Rabotti del 1901, Silvio Cavalli del 1910, Aldo Bernocco del 1923, Giuseppe Bogliolo del 1909 e Giovanni Marsano del 1889. Tutti furono arrestati, meno il Marsano. I! Tribunale di Alessandria nel luglio scorso condannò il Bogliolo a 5 anni di carcere, gli altri a 7 anni. Ieri sì è ripetuto il processo a Torino in Corte di appello. I difensori hanno sostenuto che la sentenza di rinvio a giudizio della Magistratura alessandrina do-, veva considerarsi nulla per un er-j rore di procedura. Se la Certe avesse accettato questa tosi avrebbe dovuto scarcerare, per decorrenza di termini,-gli autori del furto clamoroso. La Corte Invece ha respinto la richiesta. Ha assolto per insufficienza di prove il Bogliolo ed ha confermato invece la condanna per gli altri. La figura più importante tra gli imputati è quella di Eugenio Por lllllltlllllllllllllllllflllllttlllllltllltlltllllltlllisill chetto. Hà 70 anni, i capelli bianchi, il volto colorito. E' genovese, come genovesi sono i complici. Da ragazzo incominciò a lavorare nel por' ?, ma la sua passione erano le fognature, le interminabili gallerie che solcano il sottosuolo di Genova. Le conosceva tutte, aveva la capacità di saperci orientare come se camminasse sulla via. Nel 1924 condusse a compimento una impresa straordinaria ai danni della Banca Popolare di Novara in piazza Bianchi a Genova. Affittò un magazzino, abbatté il muro della cantina ed entrò in una fogna. Con un lavoro di sei mesi, alutato da altri complici, scavò una galleria che dalla fogna portava alila sala blindata della banca. Fece saltare la boletta di cemento armato alta due metri e con la fiamma ossidrica aperse 32 cassette: il bottino fu di 150 milioni. Almeno così si disse, perché la somma esatta non fu mai denunciata. Grosso modo oltre 10 miliardi al valore attuale della moneta. Egli si tenne una cassetta di perle del valore di 70 milioni e la nascose dentro una nicchia in una fogna. Fu arrestato su delazione, scontò sei anni di carcere, usci nel 1931. Andò alla ricerca della cassetta: ma il tratto di fogna dove l'aveva nascosta era difeso da una insuperabile muraglia di cemento e acciaio fatta costruire a protezione della B. P. N. La cassetta è ancora là nascosta. Eugenio Porchetto nel 1932 pensò ad un altro furto. Ne parlò all'amico Giuseppe Ghiggi. Passarono gli anni. Venne la guerra. Soltanto nel 1950 fu iniziata l'opera. Avevano scelto la filiale della Banca Popolare di Novara in Novi Ligure. Il Porchette ed il Ghiggi si scelsero i collaboratori. Cinque anni di lavoro, quasi venti milioni per pagare gli scavatori ed acquistare il' materiale necessario, dagli scafandri alle incastellature per puntellare le gallerie. Per raggiungere ti luogo di stei-ro entravano nella fogna vicino al cimitero. L'umidità, l'esalazioni mefitiche, da fatica, erano gli ostacoli maggiori. L'impresa ebbe i suoi morti, — Serafino Machiatcllo, Emilio Zal, Giacomo Bisio — e gli infortunati. Silvio Cavalli ancora non può reggersi in. piedi e* ieri ha assistito ad processo steso su una barella. Si lavorava soltanto di notte: al mattino un'auto portava gli scavatori a Genova, e li riportava a Novi alla sera. Entrarono nella banca la notte di Natale. Come già nel 1924. Perché sapevano di aver due giorni a disposizione. Il loro punto di arrivo era una cassaforte con 800 milioni: ma la blindatura resistette alla fiamma ossidrica e a tutti gli attrezzi, i più moderni, per lo scasso. Lo altre due casseforti diedero il bottino di 170 milioni. Dopo sei mesi, nel giugno del 1956, i carabinieri seppero che a Rapallo il dirigente di un'agenzia di spedizione di Genova, Cinzie Rabotti, avrebbe dovuto concludere una operazione di riporto per 160 milioni di titoli. Arrestato, il Rabotti ammise di aver avuto i titoli da «Beppe» non meglio identificato. « Beppe » era il Ghiggi. Costui fini per confessare Pose una sola condizione: che sua moglie, inferma di mente, fosse messa in una casa di cura. Accontentato Indicò i nonni dei complici. Al processo soltanto il Ghiggi ammise la sua partecipazione al furto: gli altri negarono ostinatamente, ma troppo evidenti erano le prove a loro carico. Di tutto il bottino è rimasto loro in' mano poco più di 3 milioni di lire. Troppo poco per un'impresa dì cinque anni. Alda lettura della sentenza Cinzio Rabotti è svenuto, per contro il Bogliolo, udita l'assoluzione, si è messo a gridare per la felicità. Presiedeva !a Corte il dott. Perottino, P. G. il dott. Vacca, cancelliere 11 dott. Palazzi. Difensori gli avvocati Bozzola, Garbarino, Pagliano, Rabotti, Testa di Alessandria; Fatila, Furnò e Ricci di Genova; Dagasso, Demarchi e Fiasconaro del nostro Foro. L'imputato Cinzio Rabotti si accascia privo di sensi