Il Turco in Italia di Rossini

Il Turco in Italia di Rossini INAUGURATA LA STAGIONE LIRICA AL "CARIGJNANO Il Turco in Italia di Rossini Soltanto un maniaco della grandezza di Rossini, e più di uno fu tale ai suoi tempi, vorrebbe noverare II Turco in Italia fra le più felici opere di lui; e ..'.'altra parte soltanto qualche furente odiatore del melodramma ottocentesco, e più d'un avanguardista s'è dichiarato tale ai nostri giorni, osteggerebbe l'iniziativa, che e soprattutto culturale, di far conoscere alcuni aspetti minori del creatore del Barbiere di Siviglia e del Guglielmo Teli, per citare i due fùlgidi culmini. Questa conoscenza è difatti un'iniziativa analoga a quella delle edizioni degli Opera omnia, e a quella delle così dette mostre retrospettive, che ottengono il consenso e l'interessamento anche dei più semplici fra gli amatori dell'arte. Il Turco in Italia non è da esaltare, e neppure da gettar via. Formato secondo il gusto teatrale, che Rossini aveva seguito e rinnovò, circa centocinquant'ann! or sono, riesce, com'era nel proponimento, a divertire, e pur sflora quella zona del patetico, che Rossini raramente toccò nei melodrammi giocosi, o, come si diceva, buffi; zona, s'avverta, che solitamente è espunta nelle riproduzioni contemporanee. Anche iersera furono purtroppo soppresse le scene XIV-XVII alla fine della partitura. Non che l'episodicità patetica sia necessaria al pregio di una commedia, la quale può riuscir sufficiente e piacevole con l'inventiva, con la lirica spensieratezza e con l'amenità del soggetto. Ma se tali episodi ci sono, bisogna pur osservarne la presenza e le relazioni. Rossini, che soleva intonare ogni sorta di libretti, e non ne considerava prima l'eventuale potenza suggestiva, (neppural suo genio riusciva di « mettere in musica anche la lista della lavandaia»!), opportunamente accolse da Felice Romani un garbuglio, la cui facile stesura s'addiceva al suo operare, e in più recava un curioso personaggio insolito, non saprei dire se immaginato dal librettista o ricalcato da qualche altrui commedia: il personaggio di Prosdocimo, < poeta teatrale » a Napoli, che, a corto di intrecci comici, annota isodi deUa vita di ogni giorn0i e> inseritosi in una strana vicenda, la guida al lietó flne Zalda) una g|0Va- ne turca, gli narra d'esser di¬ venuta zingara per sfuggire alla morte, cui, per una falsa accusa, era stata condannata in patria. Un principe turco, che sta per sbarcare, potrebbe aiutarla. Ma non alla zìngara si volge l'attenzione dell'augusto Selim, bensì a Fio-, rilla, la bella, capricciosa, prepotente moglie di Don Geronio, e tanto se ne invaghisce da volerla acquistare. Tremebondo e sdegnato, li marito rifiuta: Zaida si stima perduta. Durante una festa mascherata il factotum librettista scambia le donne; Fiorilla, dolente e pentita, torna al vecchio, la zingara, felice, rimpatria con Selim. Incuriosisce innanzi tutto il tratteggio rossiniano di Prosdocimo. Questi non ha da cantare neanche una breve arietta. Partecipa, si, melodìando, ai dialoghi e agli insieme; ma il solisnio è tutto nel modo recitativo, di cui la declamazione, giustamente accentata, procede sulle consuete forinole del periodare armonistlco. Così fatto, il suo intervento non è inutile; spettatore, argutamente commenta i casi della vita; librettista, guida gli eventi come in una commedia; e a lui tocca congedare il pubblico, allorché il lieto flne conclude la serata.. Seguace della retorica dei generi, Rossini distinse tecnicamente gli altri personaggi. La vocalità di Fiorilla è quella d'una soprano da « parte seria», con parecchie agilità, non ardue, né nuovamente stese, spesso raggruppate in quartine. La cantabilità è più spesso affettuosa, come nell'aria • • Non si dà follia maggiore », come nel duetto con Selim, « Tu m'ami », nell'inizio del duetto con Geronio «No, mia vita », e più cordiale, allorché, scacciata dì casa dal marito, sola, rammaricata, intona elegiacamente, e quasi funebremente, « Squallida veste bruna d'affanno e pentimento». (Questo episodio fu soppresso). Dov'è dunque la donna capricciosa? Da parte i recitativi, nei quali prevalgono le parole mordaci, pochissimi passi canori, il bisticcio con Geronio, e l'accapigliatura con Zaida, recano un che di sfrontato, d'audace, di pettegolo. Non virtuosistica, ma lineare, morbida, è la vocalità di Zaida, improntata spesso di malinconia, nelle canzoni, e di ingenuità, nell'amoroso incontro con Selim. La zuffa con Fiorilla non è uno scatto da gelosa, ma un trascendere Improvviso dalla compostezza alla volgarità, e lo scopo è meramente teatrale. Selim è manierato, nelle cantilene enfatiche, e si riscatta con arguzie prettamente rossiniane, quali sì ascoltano nelle opere preclari, quando Impone al tremante Geronio di inginocchiarsi e baciargli il mantello, o gli propone, «un bell'uso di Turchia >, di vendergli la bella moglie. Geronio pòi è uno dei tanti bassi « buffi >, e Narciso uno dei tanti tenorlnl di grazia, che in romanze e con vocalizzi, anch'essi disposti per lo più in quartine, sospirano fle-i burnente. Passati cosi in veloce rassegna 1 personaggi, generici più che specifici, poco resta a dire, dell'ouverture, poverina, in cui emergono, chi sa perché, un corno e una tromba, de! grazioso valzer, dei sestetti e quintetti, non mossi da spunti marcati, e perciò il congegno ne è stanco, nel quali ora sei, ora una ventina di battute a cappella determinano una varietà fonica; e neppure occorre ricordare che i crescendo tornano frequenti, e con effetto specialmente dinamico. Insomma, una composizione divertente, cui non mancano tocchi sentimentali. Un intrattenimento gradito. Sul palcoscenico erano riuniti iersera alcuni fra i cantanti più stimati in Italia, e già eBpertl delle singole partì: la vivace, comunicante, precìsa, graziosa Eugenia Ratti ; la versatile, sicura e gradevole Jolanda Cardino: garbato nel dongiovannesimo e nell'ira grottesca, e ben melodizzante, Nicola Rossi Lemeni, protagonista; elegante e vezzoso Don Narciso, Agostino Lazzari. Prosdocimo era quell'insigne attore tanto pregiato in ogni occasione, Mariano Stabile, che declamò com'egli sa, e s'atteggiò come a un esàusto e infatuato cercatore di intrecci e di rime s'addice. Completavano l'elenco Melchiorre Luise e Renato Ercolani. Dirìgeva bravamente il maestro Oliviero de Fabritiis, che ha già presentato altrove questa opera. Regista Enrico Frigerio, lo spettacolo risultò quale può attuarsi in un palco angusto e male attrezzato. Due scene soltanto e la commedia ne richiede invece parecchie, non favoriscono l'illusione e l'interesso vìbìvo. Il pubblico non foltissimo, purtroppo, accolse l'opera ignota e l'esecuzione con. calorosi battimani nel corso e alla flne degli -d>

Luoghi citati: Italia, Napoli, Siviglia, Turchia