L'arte non è soltanto sensazione di Marziano Bernardi

L'arte non è soltanto sensazione LA POLEMICA DEI "PITTORI D'OGGI,, L'arte non è soltanto sensazione La Mostra trancia-Italia al Valentino ■ Non tutto il pubblico è convinto, e di fronte a questa difficile, spesso enigmatica sfilata di tele molti recalcitrano • Ma gli artisti sanno che chi più /"osa,, nel mostrarsi "di punta „ più è applaudito in certi ambienti intellettuali Parrebbe superfluo sottolineare ancora una volta a proposito della quinta edizione di «Francia-Italia. Pittori di oggi » apertasi domenica nel palazzo della Promotrice al Valentino, 1 meriti culturali di quest'istituzione torinese, se proprio a Torino la periodica mostra fin dal suo nascere non avesse incontrato nel pubblico diffidenze e resistenze che durano tuttora. I meriti consistono in una informazione — che non dovrebbe tornare a nessuno sgradita — delle posizioni estreme, delle « diverse vie aperte sull'avvenire » della pittura, come scriveva già nel '51 Raymond Cognlat, uno degli allestitori della sezione francese; e nel contribuire a far di Torino un punto di unione spirituale fra i due vicini Paesi. Qual più nobile ' programma? Ne dobbiamo da sei anni lo svolgimento, sotto la presidenza prima della signora Umberta Nasi poi del professore Giuseppe Grosso, presidente della Provincia, e col patrocinio dell'Amministrazione municipale, all'entusiasmo ed alla convinzione di Vittorio Viale, che in questi ultimi tempi s'è principalmente valso, fra 1 vari commissari italiani, della collaborazione di Luigi Carluccio, mentre al settore francese provvedevano in modo particolare il Cognlat e Jacques Lassr'gne. Ma il pubblico non è convinto, nella sua maggioranze, dell'utilità di questa mostra; e qui sbaglia, perché ai priva d'una conoscenza interessante ed importante. Non crede, in genere, al proclamato valore artistico delle Immagini che gli vengono proposte. Stupisce che vecchi e illustri professori usino per questi espositori aggettivi che si confanno ai grandi pittori collaudati dall'universale giudizio. Si sorprende anche di più che nelle passate mostre di € Francia-Italia > si siano acquistate parecchie opere per la Galleria d'Arte Moderna di Torino (ed ora potrà vederle raccolte in appendice di questa esposizione). Non riesce a scorgere nella sfilata di tele, quasi tutte grandissime, altro che macchie e croste di colore, ghirigori, confusi arabeschi, arbitrari impasti di densa materia cromatica simile a una raschiatura di tavolozza sporca; e di fronte a uno spettacolo che gli pare di una monotonia disperante, sentendo dire dagli organizzatori e dai critici avveduti ■ bello, bellissimo », tace esterrefatto, umiliato della sua Incapacità di comprensione (talvolta invece s'infuria credendosi beffato, esclama «sono una manica d'incapaci imbroglioni »). Siamo dunque alla solita avventura del gusto nuovo, della poetica nuova, della nuova visione della vita e dell'arte — e quindi dei nuovi mezzi per la loro espressione plastica — che affiorano irresistibili dall'intuizione degli artisti, e a cui contrastano la lentezza intellettuale, l'ostinazione conservatrice delle masse? L'avventura del famosi Impressionisti (precedente trionfalmente Invocato da tutte le « avanguardie », ma non sempre con appropriata storicità) che, disprezzati e de risi non furono capiti e poi conquistarono il mondo? Allora ci si domanda: da che lato sta la ragione? Dal lato degli spettatori, nove su dieci recalcitranti (e non saranno poi sempre tutti e nove retrogradi, ottusi ed ignoranti) o del pittori i quali sanno benissimo adesso che chi più « osa » nel mostrarsi « di punta » più è applaudito in certi ambienti, e anzi gode ormai — contrariamente a quanto avveniva nel passato — dei riconoscimenti « ufficiali »? Ecco qui in proposito, per far due soli esempi, il notissimo Burri coi suoi stracci di juta e di veli carbonosi grossolanamente cuciti incollati accomodati entro quattro listelli di cornice; e il ventiduenne Marotta che espone i suoi Piomf>osfa.gni, cioè dei pannelli nerastri con sopra dei pezzi di materiale amorfo saldato, appunto come può fare uno stagnaio. Una volta gli si sarebbe detto: «Questa è una mostra di pittura; i vostri sono dei curiosi oggetti, magari pieni d'estro, ma non dei qua¬ dri: portateli altrove». Oggi li si espone per invito, li si studia attentamente per il « gusto della materia ». Il che vedendo e udendo lo spettatore schiuma di rabbia. Ingenuo. Ma questo è niente, sono untorelli, ben altro si fa e si dice e si scrive in tutto il mondo. Aiutiamolo a raccapezzarsi un poco. Per cominciare'si convinca che qui, almeno per la metà, si trova davanti a fior di pittori. Se dipingono macchie e ghirigori non e perché non sappiano dipingere egregiamente un nudo di donna, un paesaggio, un piatto di pere. E' perché, proprio come gli Impressionisti ai loro tempi, la coscienza artistica gl'lmpone, spesso a prezzo di duri e quasi eroici sacrifici, di dipingere cosi. Del resto, chiunque abbia occhio intende in questa mostra, pur nella pressoché abolita « figuratività» realistica, la finezza, il sottile lirismo, la castità, lo stile — che se non sarà proprio « leopardiano », come scrive nella presentazione il Carluccio, è tuttavia toccante — di Osvaldo Licinl, un parente italiano di Klee, una delle presenze più notevoli a «FranciaItalia». Intende, palesata non con riconoscibili Immagini ma con inventate forme, l'energia di un Hartung, la dinamica spaziale e tonale di un Soulages, l'aggressività truce e grottesca di un Dova, il calcolo decorativo di un Le Moal e di un Manessler, le subcoscienze che inquietano 1 giovani Saronl, Ruggeri, Francesco Casorati, il tentativo di monumentalltà di Scroppo, 1 rimpianti e i desideri «naturalistici» di Morlottl, le aspirazioni a Pollok di Cinghine, le suggestioni dei gialli di Pirandello su Petrillo. 1 rammarichi di non essersi deciso prima per l'astrattismo del vecchio e patetico Corsi, le delicatezze d'impasti di Licata, Spinosa, Breddo, la cauta e paziente meditazione di Davico, 11 « romanticismo » di Pignon, la nervosa sensibilità di Frassinos, la molle musicalità di Music (non è un gioco di parole), la squisitezza dell'anziano Masson sospeso fra la nostalgia di Turner e le preziosità delle lacche cinesi. E citiamo ancora, per la cronaca, il defunto Chapoval, Van Velde, Reichel, Boissonnet, Vulliamy, Asse, Raspi, Pulga, Bendini, Brunorl, Zotti, Rama, Dorazio, Parzini, Frunzo, Scanavino. Mentre a parte, « figurativi » o quasi, stanno Chiti, Calllaud, Marzelle, Ferroni, Arbas, Clave. Pagava. Ciascuno dunque, con l'intensità graduata d'una macchia, con la sinuosità o rigidezza* o scatto d'una campitura, e con le loro combinazioni formali e cromatiche, cerca di esprimere una sua propria sensazione, di conquistare un personale linguaggio plastico. E spesso vi riesce. Ma sempre nell'ambito di un privato caso pittorico, intraducibile come vocabolario e incomunicabile come contenuto spirituale. E tutti insieme a che cosa pervengono se non ad un mero effetto ottico, sensuale, decorativo? Quindi, di che cosa tutto ciò arricchisce la nostra vita Intellettuale e morale, la nostra umanità, il nostro spirito? Ahimè, la risposta, nei confronti di tanto lavoro, è scoraggiante. E questo è il dramma di tre quarti dell'arte attuale, dell'arte astratta in particolare, reso più evidente da questa mostra. A variarne lo' spettacolo c'è la « postuma » di Fernand Léger, ci sono le « personali » di Giacomo Balla e di Amédée Ozenfant. Ma se si pone la celebrità del primo in rapporto con la sua pittura greve e massiccia, meccanicamente artigianale; e 11 nome del secon do, nei fasti del Futurismo, con la mediocrità quasi dilettantesca d'una figura come l'Autoritratto, che non riuscendo ad essere un Seurat sbagliato non è nemmeno un mal riuscito Pellizza o Morbelli; e il gran teorizzare del terzo, assieme a Le Corbusler, con la modestia dei suoi quadri; si finisce a restar perplessi, molto perplessi, circa i miti che da cinquant'anni sono andati creandosi nei vari settori della produzione artistica Marziano Bernardi

Luoghi citati: Licata, Torino