Il "peso,, della rivalità Gaul-Bobet sul meritato trionfo di Gastone Nencini

Il "peso,, della rivalità Gaul-Bobet sul meritato trionfo di Gastone Nencini Il "peso,, della rivalità Gaul-Bobet sul meritato trionfo di Gastone Nencini MILANO, lunedi mattina. Secondo la tradizione, e In un ambiente e con un calore visibilmente più entusiastico dell'anno scorso, il Giro d'Italia ha avuto l'epilogo trionfale che meritava, non soltanto perché la manifestazione si è svolta mantenendo continuamente alto il ritmo della lotta nelle tappe che, per ostacoli naturali o per volontà degli uomini (salvo quelle delle Dolomiti) ne favorivano lo sviluppo, ma soprattutto perché a vincerla è stata un Italiano. Per comprendere il giubilo popolare per la vittoria di Gastone Nencini è appena necessario riandare alla viglila che il Giro muovesse da Milano — quando le unanimi previsioni, tutt'altro che avventate come 1 fatti successivamente in gran parte confermarono, erano che ben difficilmente un corridore italiano avrebbe potuto conquistare la maglia rosa fino a portarla nel giro d'onore all'Arena. Due stranieri, Gaul e Bobet, chiudevano la strada ad ogni speranza de' nostri. Tutte le «chance*» erano a favore o dell'uno o dell'altro. Le cose, come si sa, si sono svolte altrimenti, é ter' dorante le ultime tre ore di corsa da Brescia in avanti una moltitu¬ dine enorme di spettatori assiepata sul percorso ha gioito per salutare nella Maglia rosa un nostro connazionale, anticipando il trionfo che di 11 a poco all'Arena ne avrebbe coronato la vittoria. Questa vittoria viene a confermare la classe d'un corridore le cui qualità atletiche da tempo erano mature per il raggiungimento d'un risultato di valore e di risonanza internazionale. Ssgnandk il proprio nome sotto quello del « grandi » che via via in un quarantennio occupano il posto d'onore nella storia della bella, anche a noi cara competizione organizzata dalla « Gazzetta dello Sport », Nencini ha chiaramente provato coi fatti che nessun altro italiano — dei pochissimi, tre o quattro in tntto, che nutrivano l'ardita speranza di potersi validamente opporrò alla superiorità di Bobet o di Gaul — ne aveva il diritto come lui. E' inutile fare del nomi, neanche Baldini — che pur rappresenta, assieme a quella remotissima di Girardengo nel '13 la più notevole rivelazione d'un debuttante nel Giro, astrazion fatta, s'Intende, di Coppi nel '40 che addirittura arrivò primo —, neanche Baldini ha meritato quanto il ragazzone del Mugello di salvare quello che per il popolo semplice e ingenuo era diventato addirittura <t l'onore dell'Italia », Che Nencini sia alla fine risultato primo senza neppur avere vinto una tappa, è un fatto che va considerato come una conseguenza del sistema col quale egli ha disputato il Giro e della classe di cui dispone. Egli avrebbe anche potuto battere Bobet nella volata terminale della tappa del Gran San Bernardo, ma io penso che questo non avrebbe ugualmente influenza sul giudizio che si deve esprimere su di lui — e che si riassume nella constatazione ch'egli essendo sempre stato presente nei momenti risolutivi della corsa col mostrarsi tanto eccellente come scalatore (vedi Gran San Bernardo e Bondone), tanto veloce come passista (vedi la prova a cronometro e l'Inseguimento dopo 1 tre cambi di ruota nella tappa dolomitica), tale costanza, tale continuità, tale progressione meritavano nn premio. Si deve convenire che Nencini, almeno com'è apparso in questo Giro, è un Magni minore, con -la stessa irrnenza nelle riprese, ma meno brillante e combattivo di lui come temperamento. Notevoli 1 suol inseguimenti giù dal Gran S. Bernardo e dal Bolle, ma le energie che egli ha profuso In due tali risolutivi episodi, sarebbe stato bello vederle anche impegnate in qualche iniziativa d'attacco, non dico alla Coppi o alla Bartali, ma almeno alla Valettl, tanto per citare un vincitore di Giro, che ha parecchi punti di rassomiglianza con lui. E' risultato evidente che, anziché quella di attaccante, egli preferisce la posizione di difesa, per « partire », ma non sempre a fondo, sull'azione dell'avversarlo, per contenerla e neutralizzarla in seguito. Un tipo da Giro di Francia, insomma, adesso che il Tour non ha più la fisionomia degli anni in cui si illustravano 1 « grandi » con atti eccezionali. Inoltre, Nencini ha avuto, fra le varie fortune che gli hanno spianato la via al successo, quella di avere avuto in Fiorenzo Magni un consigliere, .impareggiabile. SI potrà discutere .all'infinito, In sede polemica, che senza il litigio Gaul-Bobet e le sue note conseguenze, Nencini non avrebbe indossato la maglia rosa al Bondone o avrebbe potuto conservarla all'arrivo a Levlco,. ma senza riserve si deve affermare che la continua presenza di Magni al suo fianco. In corsa e dopo corsa, ha rappresentato l'elemento indispensabile perché il cervello, e I riflessi, del JIIIIIinilllllllllllllllllllllMIIIIIIIIIIIIIIINIIIIIII toscano agissero con la necessaria rapidità e lucidità per risolvere situazioni cho altrimenti chissà per quale strada si sarebbero avviate. L'obiettività con la quale cerchiamo ogni volta in occasioni del genere di giudicare uomini e fatti che commuovono l'opinione del pubblico sportivo e ne accendono in varia guisa 1 sentimenti più diversi, c'Impone tuttavia 11 dovere di non passare sotto silenzio, pur nella soddisfazione generale di aver salutato la vittoria d'un nostro connazionale, gl'imprevisti elementi che questo successo hanno favorito nel modo troppo noto perché qui, in questa rapida sintesi conclusiva del Giro, si debbano minutamente rievocare. Senza soffermarsi sui « fatti » del Campo del Fiori sulla cuigravità, d'altronde, siamo stati fra i pochi ad esprimere un pensiero che rifiutava d'incanalarsi nella corrente comoda e conformista del più deleterio del nazionalismi, arrivato a chiedere alla giuria <-. indulgenza plenaria » per 1 profittatori della a compagnia della spinta », ci sembrerebbe di mancare al più elementare dei nostri doveri di Informatori, che nel caso significa formatori, creatori dell'opinione pubblica, se non ripetessimo che Nencini ha anche goduto di varie fortune, la più determinante delle quali prende nome dalla coppia Bobet-Gaul. Alla luce del fatti che si sono svolti in pubblico, non credo sia peccato di lesa patria dire che Nencini ha vinto perché Bobet non ha voluto che vincesse Gaul, e perché Gaul non ha voluto che vincesse Bobet. SI potrà anche dire che Gaul ha mostrato corno non sempre sia vero che la vendetta è un piatto che va mangiato freddo per gustarlo appieno; 11 maligno (arlotto non ha aspettato neanche 24 ore, lo ha mangiato caldo, e senta che l'oste che gliel'ha cucinato gli presentasse il conto. Tutt'altro. Affari suol, affari loro — ohe tuttavia lasciano perplessi sulla moralità (sempre che ve ne sia) delle corse professionistiche,, e di quelle a tappe In particolare. Comunque, rimanga ben chiaro che su questo terreno, cioè sul piano sportivo e morale, il no stro giudizio è che fra 11 coni portamento di Bobet il giorno . dell'aperto. e regolare attacco a Gaul; «' quello di Gaul 11 giorno della volontaria rinuncia alle proprie « chances » e'è differenza, e questa i netta » favore di « Louison », VITTOBIO VABALB IIIIIIIÌIIIIIIIIllllllllllllllllllllllllllllllllHIIIIIIIIID

Luoghi citati: Brescia, Francia, Italia, Milano