Per sei ore Giuseppe Montesi interrogato in carcere dai magistrati di Guido Guidi

Per sei ore Giuseppe Montesi interrogato in carcere dai magistrati IL NUOVO CAPITOLO DELLA V1CEXOA Ol TOH VA1AX1CA Per sei ore Giuseppe Montesi interrogato in carcere dai magistrati Il giudice istruttore ed il sostituto Procuratore della Repubblica dopo avergli contestato ì quattro distinti reati di calunnia nei confronti dei suoi ex-colleghi, avrebbero affrontato la questione del secondo alibi fornito dal giovane ai giudici veneziani - Allora l'imputato ammise di essere uscito dalla tipografia quasi alla stessa ora in cui Wilma si allontanava da casa, ma per incontrarsi con Rossana Spissu - Questa circostanza fu però smentita da una teste amica della Spissu - Non si esclude che l'indagine giudiziaria sul secondo alibi possa portare a risultati importanti e clamorosi Dichiarazioni dei difensori dello zio Giuseppe e dell'avvocato Cassinelli che è tuttora il legale della famiglia Montesi Nostro servizio particolare Roma, lunedi mattina. Giuseppe Moritesi, ieri mattina, stava appena tentando di dare un certo ordine ai suoi pensieri, ancora frastornati per quel che era accaduto da neanche dodici ore, sforzandosi di esaminare con calma la situazione, più di quanto non avesse potuto fare durante la notte trascorsa con gli occhi perennemente sbarrati nel buio, quando un agente di cu stodia si affacciò sulla, soglia della cella. Qualcuno desiderava parlargli. Erano il giudice istruttore dott. Gattucci e il sostituto Procuratore della Repubblica dott. Mirabile che, appena fatto giorno, s'erano preoccupati di andargli a chiedere dei chiarimenti. Una curiosità, quella dei magistrati, che doveva protrarsi per l'intera giornata, con una brevissima interruzione per il pranzo: quattro ore al mattino e un paio di ore al pomeriggio. < Per fortuna, si sono decisi ad interrogarmi subito » ha commentato a mezza voce lo zio di Wilma, tirandosi su dala brandina sulla quale era rimasto immobile dal momento n cui, ieri sera, aveva varcao, stordito per questo suo passaggio improvviso dalla libertà alla reclusione, la soglia della cella. « Non avrò da faticare molto, per convincere il giudice che sono innocente e che sono soprattutto vittima di una surn-.stione collettiva». L'agenti di custodia si limitò semplicemente a rivolgergli uno sguardo: affermazioni del genere ne aveva sentite ormai tante, da' giorno in cui era entrato in servizio, che francamente questa di Giuseppe Montesi lo lasciava del tutto indifferente. Quanto lo stesso agente, quattro ore dopo, accompagnò di nuovo nella sua cella lo zio di Wilma, si guar dò bene dal chiedergli come fosse andata, tanto più che sa peva del ritorno nel pomeriggio dei magistrati per continuare l'interrogatorio. Il giovanotto appariva, però, molto meno sicuro di quanto non lo fosse al mattino. Che cosa hanno avuto da chiedere al neo detenuto, di tanto importante, il giudice istruttore e il sostituto Procuratore della Repubblica, per sacrificare l'intera giornata festivaf E' facile intuirlo, anche se nulla di quanto è accaduto nell'ufficio di Regina Coeli, tra Giuseppe Montesi, il dott. Gattucci e il dott. Mirabile, sia trapelato. Innanzi tutto è stato contestato all'imputato il contenuto del mandato di cattura: i quattro distinti reati di calunnia, che hanno indotto i magistrati a prendere il più, severo dei provvedimenti. Poi si è voluto sapere come e perché vi stano dei contrasti fra le sue dichiarazioni e quelle di coloro che così categoricamente lo smentiscono. E cosi, di discorso in discorso, si è finiti per affrontare il problema connesso con il secondo alibi che, fornito da Giuseppe Montesi a Venezia, dopo avere ammesso di essere uscito dalla tipografia Casciani nel pomeriggio del 9 aprile 1953, quasi alla medesima ora in cui Wilma Montesi si allontanava, da casa, i rimasto improvvisamente scoperto dopo la smentita della signora Piastra. Un problema, questo del secondo alibi, importante, la cui soluzione potrebbe anche dare, almeno secondo taluni, dei risultati importanti e clamorosi. D'altra parte, che l'indagine per il reato di calunnia sia soltanto il pretesto ufficioso e formale, per vagliare a fondo la posizione di Giuseppe Montesi, è una interpretazione che, forse, può essere ritenuta anche poco corretta nei confronti della Magistratura, ma non vi è dubbio che sia quella più vicina alla realtà, almeno sotto il profilo psicologico. Quali rischi, in questo momento, e con l'imputazione che gli è stata contestata, Giuseppe Montesi corre* Numerosi e gravi. Gli sono stati attribuiti quattro reati distinti che comportano altrettante distinte condanne, da sommarsi l'una all'altra (la calunnia prevede una pena da e a 6 anni di reclusione) ed egli non ha potuto giovarsi della figura giuridica della « continuazione prevista dalla seconda parte dell'art. SI del Codice Penale. Questo perché Giuseppe Montesi nel 1955 presentò una sola denuncia (che è risultata poi, secondo l'accusa, senza fondamento) contro i suoi ex-colleghi di tipografia: se avesse presentato, invece, quattro distinte denunce per la falsa testimonianza avrebbe usufruito della disposizione a lui più favorevole. < E' una anomalia del Codice — commentava ieri il prof. Remo Pannain, che insieme all'avv. Alfonso Favino si è assunto l'incarico di assistere Giuseppe Montesi in questo frangente — ma purtroppo la legge è quella che è. Insomma, si verifica questo assurdo: se io, con un colpo di fucile, uccido due persone, rispondo di due omicidi distinti; se io, in vece, sparo due colpi e ucci do due persone, praticamente è come se dovessi rispondere di un solo omicidio, sia puri con una aggravante- In ogni modo — ha aggiunto il prof. PsttptnpdbdtzgctrgcppssdslcmsfiCGteddmndCLdbizndalcsnddlasWcmsdovqgeqsspzufidssrTAo Pannain — l'arresto di Giuseppe Montesi ci lascia perfettamente sereni. Un solo aspetto della situazione ci ha sorpreso: per la calunnia, su cento mila casi, novantanove mila noveccntonavantanove volte si procede con un semplice mandato di comparizione. Cosa abbia indotto a tanta severità è difficile spiegarselo. Comunque, tutto questo ci pone in condi zioni di affrontare la batta glia con la massima decisione, certi come siamo che * • verità finisca sempre per trionfare. A Giuseppe Montesi i magistrati possono chiedere tutto ciò che desiderano: egli è pronto a chiarire tutto, tanto più che non ha nulla da nascondere ». E l'avv- Alfonso Favino è stato presso a poco della me desima opinione, anche nella severità di taluni giudizi sul l'intera situazione: < E' chiaro che — ha presso a poco commentato quel che sabato sera si è verificato quasi sotto le finestre del suo studio, in via Cola di Rienzo — l'arresto di Giuseppe Montesi sia stato determinato dalla speranza che egli, isolato dai suoi amici e dai testimoni a lui favorevoli, dica qualcosa. Ma ci si è dimenticati che in fondo egli nel 1955 fu indotta a denun dare i suoi colleghi di lavo ro perché con quelle tali rivelazioni sulla sua uscita dalla tipografia Casciani, nel pomeriggio del nove aprile 195S, si intendeva soprattutto raggiungere uno scopo: sostituirlo a Piero Piccioni, che in quel momento era stato arrestato, e attribuirgli la responsabilità della morte di Wilma Montesi. E questo, non rispondendo al vero, costrinse Giuseppe Montesi a reagire per difendersi ». Pia, severo ancora, poi, è stato l'avv. Bruno Cassinelli, che della famiglia di Wilma Montesi è ancora il legale: « Il mio pensiero l'ho già espresso a Venezia e, credo, in modo sufficientemente chiaro. Allora definii la denuncia per falsa testimonianza, presentata da Giuseppe Montesi contro Lia Brusin, Leo Leonelli, Franco Biagetti e Mario Garzoli, tipicamente fraudolenta: tutto ciò ha una rilevanza sintomatica per sottolineare la gravità del crollo dell'alibi, che io stesso ho determinato efficacemente. Però, dal punto di vista giuridico, la fraudolenza di quella denuncia approda a questa constatazione: che difettano, cioè, gli estremi reclamati dalle esigenze della legge. Infatti, Giuseppe Montesi ha investito con la sua denuncia i quattro suoi ex-compagni di lavoro, non perché essi avessero affermato, secondo verità, che il nove aprile 195S egli si era assentato dalla tipografia alle n, bensì perché essi dichiararono che egli si era allontanato dall'ufficio dicendo che sarebbe andar to ad Ostia per raggiungere la nipote Wilma. Questa è la finalità artatamente esplicita contenuta nell'esposto di denuncia presentato da Giuseppe Montesi contro i suoi quattro colleghi. Da tutto ciò deriva la conseguenza che il reato è inesistente: o perché taluno dei denunciati non ha mai espresso la convinzione che Giuseppe Montesi sia andato ad Ostia per incontrarsi con la nipote, o perché di quella convinzione espressa essi non sono mai riusciti a fornire una prova». Quali fftrtfuppi avrà la situazione t Per ora, in linea di massima, non dovrebbe accadere nulla, nel senso, cioè, che i due magistrati dedicheranno tre o quattro giorni per concludere gli interrogatori di Giuseppe Montesi, dei suoi accusatori e di coloro che lo zio di Wilvna indicherà per potere provare che il pomeriggio del nove aprile 1953, pur essendo uscito dalla tipografia Casciani, non andò ad Ostia, ma — come egli sostenne a Venezia — coti Rossana Spissu sulla Via Flaminia. Guido Guidi Arrestato sabato pomeriggio, Zio Giuseppe si trova ora in una cella di Regina Coeli

Luoghi citati: Ostia, Roma, Venezia