Il bravo medico dovrebbe conoscere anche la statistica

Il bravo medico dovrebbe conoscere anche la statistica Il bravo medico dovrebbe conoscere anche la statistica E' giustamente insegnala nelle facoltà inglesi e americane: non guarisce i malati, ma serve a stabilire preziose regole di condotta - Gli ultimi rilevamenti dimostrano che in mezzo seroltt sono state debellate le malattie infettive e la l.b.c; ora fanno strage il cancro e le affezioni cardiache Tra gli articoli che mirano a diffondere alcune nozioni di carattere, statistico, non si inserisce, forse, male questo breve scritto che contiene qualche considerazione sulla statistica medica. Tale materia è ricca di dati ufficiali, per quanto concerne il numero dei morti distinti secondo le varie cause che hanno provocato il decesso; ma è, da noi, ai suoi primi inizi quando essa passi a studi particolari più dettagliati e precisi, o debba assumere una vera e propria dignità sclen tifica. Ciò avviene allorché lo studioso di medicina, provan do nuovi rimedi, nuove forme di cura, nuove possibilità ope ratorie, si trovi ad aver raccolto molti risultati numerici in base ai quali deve decidere se la innovazione apportata abbia o non abbia avuto un effetto determinante sull'esito delle sue esperienze. E quando il medico abbia raccolto i risultati numerici, non esiste nessun altro metodo, che non sia quello statistico, per elaborare i risultati stessi e per stabilire se essi siano o meno significativi. Larghissimo uso di metodi statistici nella medicina è fatto in tutti i Paesi anglosassoni, sicché non di raro ai nostri medici riesce difficile leggere i lavori dei loro colleghi d'oltremare, perché implicano una preparazione statistica oggi non acquisibile nelle nostre facoltà di medicina. Stupisce, perciò, il fatto che in esse non venga insegnata la statistica — che pure è prevista dalla legge come materia complementare — di fronte alla evidente necessità che il medico avrebbe di conoscere uno strumento scientifico tanto utile alla sua opera In tutte le facoltà mediche inglesi e nel 96 % di quelle americane, invece, viene insegnata la statistica. Non bisogna, naturalmente, confondere la statistica medica con la medicina vera e propria o dire, scherzando, che, con la statistica, si crede di poter guarire il malato. Il caso sin golo è sempre fuori della stati stica, perché ci si può trovare di fronte ad un soggetto normale od anormale; ma è solo la statistica che può dare le linee di condotta nei riguardi della massa dei malati. Ad esempio, con il vaccino antipoliomielitico, alcuni bambini sono morti, ma i 600.000 vaccinati hanno dimostrato che la cura era valida. Premessa l'importanza che potrebbero avere, vaste, indagini di statistica medica, sia per la politica sanitaria di un paese, sia per più approfonditi studi da parte dei singoli medici, porterà una spiacevole impressione il sapere che, da noi ed in quasi tutti i Paesi, non si hanno notizie sulla diffusione delle varie malattie, che non siano quelle infettive per le quali la denuncia è obbligatoria. Quanto si è detto per le malattie n genere vale anche per le stesse grandi malattie sociali: si ignora quanti siano i malati di cancro o di malattie di cuore ed arterie che costituiscono, oggi, le due cause di molte più frequenti. Si ignora pure il numero preciso dei tubercolotici, circa 1 quali esiste qualche notizia in più solo in merito all'attività dei sanatori e dei preventori. Di fronte a questa assenza di rilevazioni sulle malattie,! esiste, invece, una grande ab-1 bondanza di dati statistici sulle cause di morte. I dati ufficiali in merito non sono perfettamente confrontabili nel tempo per due ragioni: il cambiamento delle voci di classifica e il miglioramento delle diagnosi. L'invenzione dei raggi Roentgen e moltissime altre scoperte permettono oggi, infatti, diagnosi che mezzo secolo fa non erano nemmeno pensabili: alcune malattie, perciò, come ad esempio il cancro, hanno un .ncremento dovuto anche al miglioramento delle possibilità diagnostiche. Ma se, nel singoli dettagli, la statistica delle morti non è confrontabile, essa lo è, invece, pei quanto si riferisce alle grandi linee che sono le seguenti; dal 1901 ad oggi 1 morti per cancro hanno più che raddoppiato la loro percentuale; i morti per malattie del sistema circolatorio (cuore, arterie, ecc ) sono percentualmente aumentati di circa un ! 1 quarto; ambedue tali malattie dimostrano un continuo incremento dovuto, come si diceva, anche alle diagnosi ed al fatto che, essendo esse caratteristiche della vecchiaia, se non si muore prima per altre cause, si muore, da vecchi, per queste due. Si può dire, per contro, che moltissime altre malattie siano state veramente debellate dai sulfamidici, dagli antì biotici ed analoghi rimedi. Prova ne dà l'ostetricia, la quale non riscontra ormai, in pratica, che rarissime morti per infezioni puerperali, ma vede aumentare tutte le altre cause di morte. Prova ulteriore si trova nel fatto che i morti per malattie infettive e parassitarie si sono ridotti a meno di un quinto (sempre percentualmente); a meno di un quarto i mo-ti per malattie dell'apparato respiratorio e dell'apparato digerente ed a meno di metà i deceduti per malattie della prima infanzia. Se a queste percentuali si sostituiscono le cifre assolute si può, però, constatare più chiaramente la strage che, oggi ancora, alcune malattie fanno e la quasi completa sparizione di altre. Nel 1954 (ultimi dati completi disponibili) 6 persone erano morte di tifo e 28 di mr-.laria; ma 62.220 erano state uccise dal cancro e 118.928 da malattie del cuore, delle arterie e analoghe. La tubercolosi — piaga sociale del secolo scorso e dei primi decenni di questo — ha portato alla tomba soltanto 10.961 persone. Quando il cancro sarà vinto e cuore ed arterie avranno trovato aiuto valido nelle medicine, la nostra mortalità verrà subito ridotta di circa un terzo Diego De Castro

Persone citate: Diego De Castro, Roentgen