I commissari parlano dei milioni distribuiti ai reparti garibaldini

I commissari parlano dei milioni distribuiti ai reparti garibaldini Depongono i capi della Resistenza al processo di Bongo I commissari parlano dei milioni distribuiti ai reparti garibaldini Delle spese per il mantenimento dei combattenti non esistono documentazioni - Un ex-agente segreto americano, detenuto per truffa, dice che voleva arrestare logliatti e Longo se il PCI non restituiva il tesoro (Dai nostro inviato speciale) Padova, 4 giugno La contabilità non documentata della Resistenza è stata ricostruita oggi attraverso la deposizione di oltre una ventina tra commissari politici e comandanti di formazioni garibaldine. Gli uni e gli altri si sono presentati per affermare che i fondi provenienti dal tesoro di Dongo sono stati legittimamente spesi per le necessità delle formazioni partigiane e per alleviare la miseria o la fame delle popolazioni. La lunga sfilata dei testimoni aveva lo scopo di convalidare la deposizione di Alessio Lamprati, vicecomandante delle brigate garibaldine di Milano e provincia. Due sèttimane fa egli aveva ammesso d'avere ricevuto una certa aliquota del tesoro, precisando di averla però spesa per sovvenzionare le formazioni. «Mi dica a chi ha dato i quattrini » gli chiese il presidente dottor Zen. Lamprati promise, e la settimana scorsa portò i nomi d'una diecina di capi partigiani, 1 quaii furono citati per la udienza di oggi. A quei dieci nomi di commissari politici che avevano ricevuto sovvenzioni per un totale di un'ottantina di milioni, il P. M. dott. Schivo volle aggiungere, per un equo controllo, la testimonianza dei comandanti , dèlie stesse formazioni. Inutile elencare i venti e più testimoni che si sono succeduti al pretorio. Si può semplificare dicendo che i commissari politici hanno ammesso .d'avere ricevuto i milioni menzionati da Lamprati, indicando, a giustificativo della loro entità, il numero di uomini al cui mantenimento hanno dovuto provvedere ; per circa un mese, da tre a quattromila per ogni divisione: e in più c'erano le varie migliaia di prigionieri tedeschi, i quali si erano arresi « ma mangiavano anche loro ». Si aggiungano i premi di smobilitazione versati ai partigiani; le cooperative di trasporti; le sovvenzioni erogate alle famiglie dei Caduti; i pacchi viveri distribuiti alle popolazioni; e perfino la costruzione di asili infantili nelle località dove non esistevano o erano stati distrutti. Naturalmente tutto ciò è avvenuto senza ricevute o una qualsiasi parvenza di documentazione amministrativa. « Il nostro era un movimento insurrezionale, non potevamo né chiedere né rilasciare alcuna documentazione t> ha affermato Lamprati. E l'intendente Aldo Ballardini ha incalzato: « Che valore aveva una ricevuta firmata con un nome di battaglia? » A loro volta, 1 comandanti dei reparti hanno dichiarato, in lìnea di massima, di non essere a conoscenza di movimenti di denaro, che erano di pertinenza dei commissari: il compito specifico del comandanti era di natura prettamente militare. L'udienza era stata aperta stamane dalla relazione della missione compiuta la settimana scorsa dal giudice a latere dott. Ambrogi, delegato dalla Corte a interrogare a domicilio alcuni testi ammalati. Venerdì è stato interrogato a Milano Oreste Gementi, e sabato a Dongo sono stati sentiti il dott. Giuseppe Rubini, la signora Bianca Bosìsio e il rag. Michele Finistauri. Gementi, già comandante della piazza di Como, ha deposto sulla nota riunione di Gravedona del 28 maggio '45. Bill e Pedro hanno già riferito che in quella riunione Giuseppe Ciappina, rappresentante del partito comunista nel CLN oomasco, disse, a proposito dei 33 milioni e dei 36 chili d'oro ritrovati nel torrente Mera e da Pedro consegnati a Michele Moretti, che quei valori dovevano andare al partito comunista, e aggiunse che chi avesse parlato sarebbe finito ih fondo al lago. Gementi ha detto al giudice Ambrogi di non aver sentito pronunziare le due frasi, ma di non esclu. dere che esse siano state dette in sua assenza. Bianca Bosisio, a suo tempo dattilografa al Municipio di Dongo, ha ricordato di avere aiutato < Gianna » a inventariare i valori, precisando però che essi non furono tutti inventariati: infatti vide due anelli con brillanti e alcune . diecine di monete d'oro che non figurarono nell'inventario. L'elenco fu da lei battuto a macchina sotto dettatura di Pedro, e consta di due fogli. Il dott. Rubini non sa nulla dei valori. Il 28 aprile ebbe uno scontro con Valerio a causa delle fucilazioni dei gerarchi, a indignatissimo si dimise immediatamente. Il rag. Finistauri ha riferito delle duecentomila lire che il 28 aprile il dott. Dario Giacobbe depo- sitò in banca e che la notte successiva furono ritirate da «Gianna» e «Neri». Tra i capi partigiani ai è inserita stamane la deposizione d'un teste in stato d'arresto: Stefano Rossi, già appartenente al servizio segreto americano, il quale ha scritto alla Corte chiedendo di essere Interrogato. Egli ha raccontato d'avere svolto indagini sulla fine del tesoro di Dongo Gli risultò che il tesoro — ammontante, secondo i suoi accertamenti, a oltre un miliardo e mezzo — ora andato al partito comunista. < Allora mi recai dal vicequestore politico di Como, che era il comunista Cappuccio, e gli dissi che se entro la mattina successiva alle nove non faceva restituire il tesoro, il comando americano avrebbe fatto arrestare tutti i capi comunisti italiani, compresi Togliatti e Lor.go, suscitando uno scandalo enorme ». « Peccato che l'ex-questore Cappuccio sia morto », ha commentato 11 presidente. Il Rossi, ha continuato dicendo ; di aver mandato un telegramma al- generale Clark, al comando militare alleato di Caserta, informandolo dei risultati della sua missione. La quale, se non ebbe l'esito sperato, ottenne almeno la restituzione del medagliere di Mussolini, consegnato da uno sconosciuto a una banca. «Non avendo il denaro, almeno hanno restituito il medagliere, che valeva un miliardo».. Il cèste ha aggiunto che sarebbe opportuno che la Corte insistesse per far venire a deporre Rachele Mussolini, la quale, secondo quanto a lui è risultato nelle sue indagini, quando venne fermata a Ponte Chiasso dalle autorità svizzere che la respinsero, cveva sei sacchetti pieni di brillanti sciolti, oltre a ingenti valori. « Mi sono occupato anche di falsari — ha detto il teste. —■ Ho scoperto una banda che lavorava in una tipografia di Torino e di Milano » L'avv. Bertasi ha chiesto per quale ragione fosse detenuto, e il Presidente si è rifiutato di precisarlo. « Lo dico io — ha dichiarato Stefano Rossi. — Sono stato arrestato perché condannato in contumacia per truffa. Ma sono innocente. Non è giusto che una persona possa essere'condannata senza essersi potuta difendere. Ho fatto ricorso, e ora la Cassazione dovrà decidere. Nonostante tutto, ho fiducia nella Giustizia italiana > ha concluso l'ex-agente segreto americano. L'udienza è stata chiusa questa sera da una deludente deposizione di tre partigiani. Ai- cune settimane fa, all'inizio del processo a Padova apparvero! dei manifesti nei quali si di-\ ceva che il vero mandatario del- i l'uccisione di «Neri» e «Gian-] na > non era Pietro Vergani, ma Luigi Longo. Il manifesto era firmato dai partigiani Ce-1 sare Bellini, Pietro Malinverni, Sandro Previdi e Cesare Carnevale. Indagini erano state svolte a Milano sul contenuto del manifesto, ed esse sì erano concluse con la citazione dei quattro firmatari. Ma oggi il Presidente, soffocando la loro polemica loquacità, li ha Interrogati soltanto su questioni di amministrazione partigiana, e Bellini, Malinverni e Previdi (Carnevale non si è presentato) hanno dato risposte di scar- so rilievo. Poteva nascerne una battaglia, ma essa forse è rimandata a quando si parlerà del delitti, cioè a cominciare dal 12 corrente. Giuseppe Faraci