L'idea della libertà in Russia

L'idea della libertà in Russia SENTIMENTI E TENDENZE DELLA SOCIETÀ" SOVIETICA L'idea della libertà in Russia // russo medio rivela notevole diffidenza per la parole e per la cosa • Gli hanno insegnato che il liberalismo vigeva solo per sfruttatori e affaristi - Abituate da sempre a se) "'re, larghe masse vivono oggi in una specie di "qualunquismo sovietico,, L'ansia veramente diffusa è quella del benessere ticonomico - Mentre lo spirito rivoluzionario declina, si accentua quello borghese - E la battaglia per la cultura illuminò un vasto strato insofferente della dittatura del partito Come sia compresa, Immaginata, intuita l'idea di libertà nella Rustia sovietica, 6 argomento di estremo interesse. E' un sentimento base di ogni possibile futuro sviluppo dcll'U.R.S.S. Alfredo Todisco, che in Russia visse a lungo quale corrispondente de « La Slampa », ne trotta in questo articolo con 11 contributo del suol vivi ricordi. In questo ultime settimane molti.amici mi domandaito se la Russia è matura per l'idea della libertà. Ed èipCccgsmlp è ovviamente una domanda importante. La dittatura del partito, anzi degli Undici del Cremlino, avrebbe i giorni contati se le masse sovietiche, durante il travaglio degli ultimi quarant'anni, fossero diventate adulte e cominciassero ad accarezzare la prospettiva della emancipazione politica. Bisogna dire che, nel complesso, non siamo ancora a questo punto. L'idea che il popolo debba controllare il iiiiiiiin i ooia a omet o e o oe ti nin e e ngoverno è ancora lontana dalla mente del russo medio. Non potrebbe essere altrimenti. Durante tutta la sua lunga storia, il popolo russo ha sempre obbedito, senza discutere, al potere centrale, né ha mai conosciuto gli istituti attraverso t quali si esercita la democrazia politica. Un paravento di ferro, prima e dopo la rivoluzione, ha sempre tenuto al dt fuori della Russia gli esempi « pericolosi» del liberalismo europeo. Al giorno d'oggi il russo medio rivela una notevole diffidenza per la parola libertà. Gli hanno insegnato che si tratta di una trappola borghese. Il regime è riuscito ad inculcare nella testa della gente comune un certo numero di idee che scattano meccanicamente. Se interrogate dieci russi, nove rispondono press'a poco nello stesso modo. Nei Paesi occidentali, essi ribattono, vige la libertà per gli sfruttatori, per gli affaristi, per i ceti dominanti. Noi ci siamo sbarazzati volentieri di una simile libertà. Durante il mio soggiorno in URSS, mi sono sentito rispondere a questo modo centinaia di volte, quasi con gli stessi giri di frase. Il russo medio porta con sé un piccolo bagaglio ideologico che gli è stato inculcato dalla scuola, dal comsomol, dal giornale, dalla radio. La sua visione delle cose è semplice. Il mondo capitalista è diviso in due classi contrastanti, gli sfruttatori e gli sfruttati. La rivoluzione di ottobre ha spazzato via gli sfruttatori, ha redento gli sfruttati che; se continuano a fare dei sacrifici, è a vantaggio dell'intera collettività. Niente è più facile che mettere i russi in imbarazzo. Il loro castello di idee vacilla sempre davanti a ragionamenti, per noi ovvii, ma che li colgono di sorpresa. Quando gli dite, per esempio: il regime bolscevico ha tolto la libertà agli sfruttatori, come voi affermate, e sta bene. Ma perché l'ha tolta anche al popolo T Voi sostenete che, in una società senza classi, basta un solo partito. E sta bene. Ma perché all'interno del partito manca qualsiasi opposizione? Si può capire, dal vostro punto di vista, la idea che la classe lavoratrice imponga la dittatura ai borghesi. Ma in .Russia borghesi e classi nemiche non ve ne sono più e la dittatura proletaria non ha più ragione d'essere. Perché non viene smantellatat Non vi accorgete che la dittatura del proletariato significa m pratica dittatura sul proletariatof A queste e ad altre simili domande il russo medio non sa cosa rispondere. Il meccanismo delle sue idee non funziona più. Al giorno d'oggi, larghe masse della società sovietica non escono, ideolpgicamente, da una sorta dt « qualunquismo sovietico », fatto di formule schematiche e superficiali. I dirigenti del Cremlino si fidano così poco della robustezza ideologica delle masse che sbarrano la porta ai libri, ai giornali, alle riviste, insomma alle idee provenienti dall'Ovest. Si tratta di una prova squillante di debolezza. Coloro che dovrebbero essere i portatori di un verbo irresistibile, destinato a vincere iiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiitiiiiiiiiiiiiriiiiirtiiiiiiiiiiti il mondo, vengono protetti com minorenni dalle idee degli avversari. Al presente, i sovietici non hanno alcuna conoscenza precisa della democrazia occidentale. Essi, nell'insieme, accettano abbastanza naturalmente il paternalismo, non aspirano a controllare il governo attraverso un effettivo parlamento, e davanti ai capi provano un sentimento di timore reverenziale, quali fossero burberi genitori che in fondo pensano al bene dei figli. Nella Russia d'oggi, prima dell'aspirazione alla libertà politica, si coglie un'ansia di benessere economico. Esiste, indubbiamente, una certa tensione: il popolo domanda più di quanto il governo non sia disposto a concedere. Ma sarebbe sbagliato aspettarsi una rottura. Il Cremlino non ignora le aspirazioni generali, e cerca di soddisfarle almeno in parte. La corsa ai beni di consumo si accompagna ad un sentimento fondamentale nel sovietico medio d'oggi: l'isolazionismo. L'idea di salvare il mondo è lontanissima dalla sua mente. Più in generale, si coglie nella Russia dei nostri tempi un decimo dello spirito riuolusionarto. Il popolo sovietico, nel suo complesso, è troppo stanco di sacrifici, troppo avido di miglioramenti, per coltivare propositi avventurosi e mire di espansione. Vuole, invece, godere il principio di benessere che, dopo tanti anni difficili, si può cogliere sull'albero dell'URSS. 8i può dire che la falce e il martello, che nello stemma dell'Unione Sovietica appaiono spavaldamente sovraimpressi al globo terrestre, a significare le aspirazioni universali del comunismo, sono un simbolo invecchiato che non corrisponde più all'animo delle moltitudini. Quando Stalin nel 199$ inventò lo slogan « Socialismo in un Paese solo», intui bene il sentimento isolazioì: sta verso il quale inclinano un popolo già duramente provato e psicologicamente contrario alle suggestioni avventurose della ^rivoluzione permanente ». Al giorno d'oggi il russo qualunque non scommetterebbe un rublo sulla vittoria dei partiti comunisti nell'Occidente europeo e anche se non lo dice apertamente, sa benissimo che i <70t;erm /ìiosoviefici sono stati portati nei satelliti sulla punta delle baionette. Al declino delle aspirazioni universali che accompagnarono t primi annt della rivoluzione, subentra, con l'isolazionismo, ti diffondersi d'uno spinto piccolo borghese. Il sovietico medio non sente fermentare nel suo petto la missione di salvare i fratelli « oppressi dal giogo capitalista ». Egli aspira invece ad un appartamento gradevole, alla televisione, alla moskvich (automobile utilitaria). Lo spirito piccolo borghese ha caratteri spiccati. Notiamo m primo luogo il desiderio di rispettabilità, il gusto sempre allargantesi delle buone maniere, il puritanesimo. L'occidentale in URSS non trova davanti a sé un popolo in giacca di cuoio e stivaloni che lo disprezza, ma della gente che si sforza di dimostrargli che è uguale MiiiiitiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiitiiB a lui. Si tratta di una preoccupazione che ha lati patetici. Le volte che alcuni conoscenti russi mi invitarono a pranzo, ho sempre colto, specie nella padrona di casa, il timore di non essere comme il faut. Nella Russia d'oggi, ciò che potrebbe apparire come stilb proletario, non privo di una sua rude civiltà, viene semplicemente giudicato cafone. Ci troviamo davanti, dunque, ad un isolazionismo che non è affatto anti-occidentale, anzi si colora di imitazione borghese. Per dire fino a che punto si sono spinte le cose, ricorderò un piccolo episodio. Una volta mi trovai a pranzo con un gruppo di sovietici che si sforzavano di mangiare in punta di coltello. Allo champagne, per tscherzo, citai alcuni versi del poeta Bloch, così come li ricordavo: <Non ci sono più sentinelle lungo le torri della Nieva, diamoci alla pazza gioia, impicchiamo i borghesi ai fanali...». Questi versi che infiammarono una generazione di rivoluzionari, caddero in un vuoto gelido. Notai intorno a me facce severe, corrucciate, come se avessi pronunciato parole sconvenienti. Alcuni avevano l'aria contrita, come chi domandi scusa per un passato poco rispettabile, che improvvisamente venga rinfacciato. Salendo più in alto nella scala sovietica, il paesaggio morale cambia sensibilmente. L'intellighenzia (non alludo a quella statale e burocratica), rivela un notevole grado di maturità. Gli uomini che la rappresentano sembrano spesso vicini all'idea della emancipazione politica. Essi sono cauti, usano quella che Lenin, ai tempi della censura zarista, chiamò la < maledetta lingua di Esopo >, una lingua cioè allusiva, dove il pensiero viene mascherato con un apologo. Fu all'indomani del XX Congresso che questo strato intellettuale mostrò la sua incredibile ampiezza. Sotto termini apparentemente bizantini, esso combatté una coraggiosa battaglia intesa ad ottenere la emancipazione della cultura dalla direzione e dal controllo del partito. Il Cremlino se no accorse, e specie dopo la rivolta ungherese, mise mano ai freni. Le condanne di eresie, le minacce, ridussero gli intellettuali «ribelli» al silenzio. Ora la inquietudine sembra placata, ma quel lampo estivo illuminò un vasto strato della superficie sovietica insofferente della tutela del partito. Poco prima di partire parlai con uno scrittore di Mosca, e gli dissi che, secondo me, le idee di Dimitri Scepilov sulla cultura occidentale, che egli definisce « putrefatta », non sembrano rispondere al minimo spirito di equità. Egli mi rispose: «Si fratta di opinioni sue. Poi ve ne sono anche delle altre ». .Restai francamente sorpreso. Ecco, visti di scorcio, alcuni sentimenti fondamentali della società sovietica d'oggi. Essi aiutano a capire in quale direzione tende a muoversi il Paese che suscita tante apprensioni, e scatena tante passioni contrastanti nel mondo intero. Alfredo Todisco in Italia ogni mese 36 mila apparecchi televisivi Roma, 1 giugno. Il maggior numero di televisori, in Europa, è in funzione in Inghilterra con 6 milioni e mezzo di apparecchi. In Germania ne esiste già un milione, e le vendite proseguono al ritmo di 30 mila apparecchi al mese. In Francia sono in funzione 700 mila televisori. Nell'Unione Sovietica già dovrebbero essere in attività 31 trasmittenti ed altrettante in progetto. Gli altri Paesi dell'area sovietica hanno in tutto 17 stazioni e soltanto 200 mila televisori, mentre in Russia sarebbero già in funzione un milione 300 mila apparecchi. In Italia il numero degli abbonati supera attualmente 1 500 mila, con un aumento rispetto alla fine del '56 di 140 mila unità, pari ad un incremento medio mensile di 36 mila apparecchi.

Persone citate: Alfredo Todisco, Bloch, Dimitri Scepilov, Lenin, Nieva, Stalin