Gli abbracci degli imputati dopo la lunga attesa mentre nell'aula il pubblico tenta un applauso

Gli abbracci degli imputati dopo la lunga attesa mentre nell'aula il pubblico tenta un applauso Ij 9 a sso Imzion e di Piedoni, Montagna e Polito ni Tribunale di Venezia Gli abbracci degli imputati dopo la lunga attesa mentre nell'aula il pubblico tenta un applauso Scene di entusiasmo nell'emiciclo - Le ultime appassionate arringhe dei difensori e il vivace attacco dell'avv. Carnelutti all'istruttoria del giudice Sepe - Le tesi del suicidio, dell'omicidio e della disgrazia discusse ancora una volta per tentare di spiegare la misteriosa morte di Wilma Montesi • Il pianto di Polito e di Leone Piccioni durante le arringhe defensionali, mentre Piero Piccioni è rimasto imperturbabile (Dal nostro inviato speciale) Venezia, 27 maggio. Sette ore e mezzo di attesa tediosa e densa d'incognite sorte all'ultimo istante, hanno fatto da epilogo alla più complessa e torbida vicenda di questo mezzo secolo. I fantasmi d'infiniti personaggi erano tornati in aula, dove erano Anna Maria Caglio, Natalino Del Duca, don Tonino Onnis, il mago Orio, mentre in Camera di consiglio i giudici discutevano e preparavano la sentenza. I loro nomi, le loro deposizioni sono stati evocati più d'una volta durante l'ultima udienza di questo processo che rimarrà memorabile. Dopo le stanche udienze dei giorni scorsi, l'atmosfera si è d'improvviso riaccesa, nell'aula si notava il fervore polemico dei momenti più arroventati di questo processo. Colmi i banchi degli avvocati, stracolmi quelli dei giornalisti invasi da una vera folla di eleganti signore. I soli vuoti si notavano nello spazio riservato al pubblico comune, ma anche quella parte di platea occupata ospitava spettatori d'indole assai diversa da quelli che eravamo abituati a vedere nei giorni in cui comparirono la Caglio e don Tonino Onnis, era un pubblico disposto ad elargire applausi anche ai difensori. Così, a questo punto, non sapremmo essere fedeli cronisti, non siamo riusciti a comprendere se siano mutati gli umori nei confronti degli imputati o se ci sia stato soltanto un cambio tra gli spettatori, se ai colpevolisti, proprio all'ultimo istante, si siano sostituiti, ma soltanto nell'aula, i convinti che Piccioni, Montagna e Polito siano stati vittime di una spregevole e colossale speculazione politica. In questa atmosfera, l'aula del Tribunale pareva trasformata nella scena da gran finale di uno spettacolo. I tre imputati erano al loro posto tutti gli avvocati erano pronti, chi a discutere e chi ad ascoltare. Mancavano alcune comparse, e non tutte inutili. Michele Simola è partito nei giorni scorsi per il suo carcere nei dintorni di Lucca, i guardiani di Capocotta hanno continuato ad attendere alle loro fatiche quotidiane, Adriana Bisaccia e Mercedes Borgatti hanno persistito nella contumacia, numerosi patroni degli imputati minori sono rimasti lontani, quasi a vendicarsi dell'indifferenza che i più famosi ed anziani colleghi hanno dimostrato alle loro esibizioni. Si sapeva fin da ieri che oggi avrebbero parlato tre avvocati, uno per ciascuno dei tre imputati di primo piano, ma non si sapeva ancora chi avrebbe preso la parola. Pare che ci sia stata una fase alquanto delicata nelle trattative, essendo ognuno dei difensori impegnato per prestigio e per autorevolezza a non passare in seconda linea. Alla fine è stato raggiunto l'accordo, chi si sarebbe dedicato alla più oscura, ma certo più decisiva fatica di stendere e motivare le memorie scritte da presentare al Tribunale, avrebbe ceduto ad un collega l'esibizione al microfono. Di mano in mano che i tre oratori si alternavano ad esporre le loro convinzioni, mutava l'atteggiamento dei tre imputati. Il solo a rimanere impenetrabile è stato Piccioni, pareva che nulla potesse turbarlo. Il più emotivo è apparso Saverio Polito a cui i qua- gssdmtMqsi 80 anni e le fasi alterne di questo procedimento hanno certo scosso i nervi. Talvolta lo vinceva la stanchezza e chiudeva gli occhi come non potesse reggere al sonno, tal altra piangeva, con un tono sommesso e infantile. Più partecipe all'ultima fase della vicenda è apparso Montagna, che ha saputo esprimere sde- e d e , - gno, accoratezza, commozione > seguendo in perfetto sincronismo il tono oratorio del suo difensore. Era toccato all'avv. Gerolamo Bellavista il compito di tracciare un profilo di Ugo Montagna meno sgradevole di quello che finora ci avevano messo sotto gli occhi. Non è stato un compito facile, ma l'ex parlamentare siciliano, con foga e colorita polemica ha trovato l'angolazione esatta per piazzare il suo cliente. Lo sforzo dei tre oratori che stamane sì sono succeduti alla tribuna era diretto a un identico fine, alla riabilitazione morale degl'imputati attraverso la demolizione di coloro che, a torto o a ragione, erano considerati gli artefici dell'accusa. L'avv. Bellavista si è lungamente battuto per dimostrare che la tesi di un omicidio sostenuto dal P.M. non è più valida e persuasiva della disgrazia e del suicidio, ed ha concluso chiedendo l'assoluzione di Montagna non per non aver commesso il fatto, ma perché il fatto non sussiste. Polemizzando a distanza con il dott. Sepe, ed anche con il dott. Palminteri, il difensore ha sostenuto che il metodo con cui essi giungono a sostenere la tesi dell'omicidio è per lo meno arbitraria. Wilma Montesi è stata uccisa, essi sostengono, perché la disgrazia e il suicidio non sono possibili, ma si guardano dal portare prove ed argomentazioni che suicidio e disgrazia sono impossibili. A questo punto occorre notare che più nessuno, in aula, facendo riferimento alla tesi della disgrazia, parla di pediluvio; gli avvocati preferiscono le perifrasi tecniche, parlano di « collasso istaminico ». Montagna stava ad ascoltare un po' stranito. Quando, per essere stato arrestatq,. fu in qualche modo accostato dal 'suo patrono a Severino Boezio senza il conforto della filosofia, il marchese di S. Bartolomeo corrugò la fronte, quel nome gli riusciva totalmente nuovo, come nuovi e sconosciuti dovettero riuscirgli quello dello stagirita e di Cartesio. La parte centrale dell'arringa, l'avv. Bellavista l'ha dedicata alla discussione sul come, dove e quando è morta Wilma Montesi. Fatte proprie le conclusioni a cui sono giunti i periti, egli ha sostenuto che esiste una sola certezza, la povera figliuola è morta annegata lentamente, in un periodo di tempo che si può stabilire fra i dieci e i venti minuti. Sul luogo in cui la ragazza sarebbe morta, l'avvocato Bellavista ha profondamente dissentito dalle conclusioni a cui è giunto il P. M.: la sabbia trovata nei polmoni della povera"'vittima ha le caratteristiche più simili ai campioni rilevati sulla spiaggia di Ostia che non di quella di Tor Vaianica. Non basta poi la perizia oceanografica per escludere che il moto ondoso abbia potuto trasportare il cadavere da Ostia a Tor Vaianica; il caso del giovinetto Ettore Vari, annegato per disgrazia il 9 luglio ad Ostia e ritrovato due giorni dopo a Tor Vaianica è la prova che un corpo in balìa delle onde può essere trasportato anche per una distanza ragguardevole. Ma Wilma è morta per disgrazia, per suicidio, per delitto? Le tre ipotesi, secondo il difensore sono ugualmente valide. Contro la tesi del pediluvio, o collasso istaminico, c'è la deposizione della porti- i naia la quale afferma che Wilo | ma è uscita di casa tra le a e n l o , - ore 17,15 e le 17,20 e non avrebbe quindi potuto prendere il treno per Ostia delle 17,30 dove la dottoressa Passarelli afferma di averla veduta. Negando che la testimonianza della portinaia abbia un valore assoluto, l'avv. Bellavista ha sostenuto che la dottoressa Passarelli, testimone volontaria, non aveva alcun interesse a mentire, o ad inventare la circostanza e l'ha paragonata a Carlotta Corday con la famosa frase: «Tu sola fosti un uomo », giocando sottilmente sul significato delle parole. Passando alla tesi del suicidio, egli ha discusso per sostenere che più di un elemento rende verosimile una tale versione. La nonna di Wilma ha tentato di uccidersi proprio sui vent'annì, un cugino di Wilma è stato internato in manicomio sui vent'anni. Wilma non amava certo il fidanzato occasionale, tanto che si spalmava abbondante rossetto per non farsi baciare da lui. Nella fiorita elocuzione dell'avv. Bellavista, quel rossetto spalmato in densi strati è diventato < la linea Maginot contro gli assalti d'amore ». Per lui, quindi, il suicidio ha diritto di essere preso in considerazione esattamente come la disgrazia e il delitto. Passando ad illustrare l'atmosfera in cui è maturata questa colossale vicenda giudiziaria egli si è scagliato contro il costume di uccidere un individuo con la vociferazione e l'anonimo, contro la Caglio che morde e avvelena, contro tutti coloro che hanno contribuito a istruire la causa. Rivolgendosi a Montagna ha gridato: < Ho visto quest'uomo in ginocchio davanti a me piangere e gridare: " Tf giuro, nulla è vero ". Come Paolo di Tarso egli ha subito il martirio della verità, ma ora alza la fronte dinanzi alla maestà della Giustizia e dice: "Ecco i miei giudici, i giudici del mio Paese, ecco coloro che uccideranno il linciaggio morale che appesta la nostra civiltà giuridica "». Ugo Montagna aveva, è vero, alzato la fronte, ma per guardare il suo difensore con un'espressione che potrebbe essere attribuita al cardinale d'Este, quando domandava ad Ariosto: < Ma ser Ludovico, dove le va a trovare? ». Il microfono è stato spostato dinanzi alle labbra dell'avv. Filippo- Ungaro il quale, con sobria oratòria, e consumata malizia è riuscito a tracciare un lusinghiero ritratto di Saverio Polito, accusare il metodo seguito dagli ufficiali di polizia giudiziaria nello svolgere le indagini, e dal dottor Sepe nel condurre l'Istruttoria senza provocare risentimenti, anzi, facendosi calorosamente applaudire dal pubblico della platea e del parterre. Come già aveva fatto il difensore di Montagna, anche l'avv. Ungaro ha concluso chiedendo l'assoluzione di Polito perché il fatto non sussi- tPmtrrrdste. Proclamata, infatti, l'in-1 snocenza di Piccioni come si potrebbe assumere che l'exquestore di Roma l'ha favorito intervenendo per deviare il corso della giustizia? Saverio Polito, ch'era rimasto a sonnecchiare persino durante i più enfatici e clamorosi anatemi scagliati dall'avv. Bellavista, si è ridestato di colpo ha seguito l'arringa del difensore con interesse centrato, talvolta borbottando qualche frase. Quando l'avvocato Ungaro è giunto a descrivere la triste vecchiaia di quest'uomo che ha visto crollare cinquant'anni di carriera spesa al servizio dello Stato sotto il cumulo di immonde calunnie, l'ex-questore di Roma si è messo a piangere, e poi, per non disturbare l'udienza è andato a sfogare l'ondata di commozione nello stanzino alle spalle dei giudici, dove l'hanno raggiunto per consolarlo suo figlio e l'avv. De Luca, altro suo difensore. Per l'avv. Ungaro, l'ex-questore è stato implicato in questa faccenda per speculazione, attraverso lui si è voluto colpire tutto il Corpo di polizia. Così il generale Pompei, quando svolse le sue indagini, andò a raccogliere voci e rapporti che si riferivano al 1942, quando Polito era sospettato di antifascismo, e non ha tenuto conto delle infinite benemerenze, concretate in lettere dell'on. Fanfani e dell'ex-capo della polizia dott. Ferrari, guadagnate in cinquant'anni di servizio. « Rialzate il suo decoro, il suo prestigio — ha concluso l'avv. Ungaro — non ci basta l'assoluzione, bisogna che sia riconosciuto questo: che un'atroce ingiustizia ha colpito Saverio Polito». Al termine dell'arringa, il pubblico ha applaudito, e questo è il fatto più singolare dell'udienza di oggi. Contro quest'uomo si era chiesto da più di una parte: «Bisogna trovare un articolo del Codice per condannarlo », ed ora, attraverso il suo abile difensore, per l'insondabile mutevolezza dei gusti e dei sentimenti umani, la gente lo applaudiva. Il Tribunale ha sospeso l'udienza per un breve riposo, ma nessuno si è mosso dal posto faticosamente conquistato. Risentita, movimentata da punte polemiche, è stata l'arringa pronunciata dall'avvocato Carnelutti. Per lunga consuetudine, egli sa come parlare nel microfono, tenere il lucido ordigno a distanza esatta, in modo che la voce non ne risulti alterata. Durante una fase particolarmente accesa del processo, l'aw. Cassinelli, che tutelava gl'interessi della famiglia Montesi, ebbe a scagliarsi contro la < dittatura spirituale » che Francesco Carnelutti avrebbe esercitato :n questo processo. Il grande vecchio non si adontò, né allora né ad altri ironici attacchi, -a pronunciato la sua arringa rimanendo seduto, soltanto ,1 suo solido capo dai candidi capelli e le sue mani si scuotevano nell'impeto del discorso. Gli oratori che lo avevano preceduto non gli avevano lesinato elogi ed attestazioni di sommessa devozione. Terminata l'arringa, egli è rimasto ad attendere; un avvocato, poi' Saverio Polito, complimentandolo, si sono chinati a baciargli la mano. Citando più d'una volta i propri scritti e discorsi, l'avv. Carnelutti ha tenuto una ampia e approfondita lezione di diritto per controbatterà non le conclusioni, ma le motivazioni del Pubblico Ministero, il quale ha negato un significato sociale a questo processo. « No — ha detto l'ora- auo1 con-!| tore — qui finisce il processo rPiccioni, Montagna e Polito, ma non finisce l'affare Montesi ». Egli ha articolato la sua requisitoria in tre punti: giuridico, sociale e morale. Riferendosi all'aspetto giuridico della causa, ha polemizzato sull'assoluzione per insufflcien- za di prove, considerata uno scandalo che trasferisce sulle spalle degli imputati il Àeso dell'insuccesso della giustizia. Il Pubblico Ministero non ha portato la prova che Piccioni è colpevole, ma l'imputato ha, invece, portato la prova della sua innocenza con l'alibi indi scutibile. « Con tutte le men1 zogne che ha riscontrato, il !dott. Sepe ha riconosciuto attendibile la Caglio e ha invece dichiarato inattendibile il rrof. Filino», ha esclamato con sdegno l'avv. Carnelutti, sostenendo la necessità di valutare la personalità dei testimoni. Esaminando l'aspetto sociale di questa vicenda, egli ha bollato gli anonimi calunniatori e gli speculatori, e qui è entrata in scena la Caglio col suo fitto corteo di amici e consiglieri. Con sottigliezza dialettica, l'oratore ha centrato sotto la sua lente spietata gii strani rapporti tra la Caglio e Silvano Muto, tra la Caglio e padre Dall'Olio, tra la Caglio e padre Filipetto, uno strano giro di conoscenze e rapporti non sempre lìmpidi. Egli ha voluto chiarire che con le sue parole non intendeva attaccare l'Ordine a cui appartiene padre Dall'Olio, in ogni comunità c'è sempre almeno una pecora nera. Con lo stesso sistema egli ha analizzato l'opera svolta dal generale Pompei, concludendo che, con questo, egli non intendeva criticare l'Arma dei carabinieri. ntslMicdrrcintampsCvsctnllltoTsrapsat«gsz«sonolpsNiente di strano, ha soste-ìnnuto l'oratore, che il dott. Se-!g| pe abbia creduto attendibile la j pCaglio che si presentava con j cravano dei gesuiti e del ge- rnerale dei carabinieri. Niente!ddi strano che si sia lasciato i i"oimpressionare dall'ondata di scandalo sollevata da tutta la stampa nazionale su questa lamentevole vicenda. Mentre per le altre categorie l'avv. Carnelutti ha fatto precise distinzioni tra le singole pecore ne re e il gregge candido, i gior a l e . a e i e o o i a e e a , , e nalisti sono stati considerati tutti pecore nere e ha riversato su di loro la responsabilità di aver creato « il caso Montesi » gonfiando le notizie, inventandole più d'una volta, corrompendo con promesse di denaro alle quali non seppero resistere nemmeno i familiari di Wilma Montesi. Ha concluso che se nella sentenza istruttoria vi sono anomalie, non si debbono attribuire interamente al dott. Sepe, ma all'atmosfera inquinata dai miasmi e dalla speculazione politica, giornalistica e privata. Nel terzo punto della discussione, quello morale, l'avv, Carnelutti ha parlato esclusivamente dell'opera del difensore, esaltando le doti di sacrificio che animano l'avvocato quando assume il patrocinio, l'amore che egli nutre per l'imputato. Erano le 14 passate quando l'avv. Carnelutti ha terminato la sua arringa e il Presidente ha rinviato l'udienza a due ore dopo per consentire al Tribunale un periodo di riposo por la colazione. E' stata ripresa poco dopo le 17, in una aula affollatissima. I tre imputati erano seduti ai loro posti e sono scattati in piedi non appena il Presidente ha rivolto loro la domanda di rito: « Non avete nulla da aggiungere? ». Hanno risposto con sincronismo perfetto, abbozzando un mezzo inchino: « Nulla, signor Presidente ». Poi è cominciata l'attesa, sui banchi e nell'emiciclo le ondate dei curiosi si susseguono ponendosi la consueta e ormai oziosa domanda: assoluzione per insufficienr.a di prove, per non aver commes so il fatto, o perché il fatto -ìnon sussiste? Si sapeva che i -!giudici avrebbero dedicato una a j parte del tempo in camera di n j consiglio a leggere le memo- rie scritte presentate stamane e!dai difensori, ma nessuno era o i in grado di prevedere quante "ore essi avrebbero trascorso di là, oltre quell'uscio ben guardato dai carabinieri. Le pagine da smaltire non erano poche: gli avvocati Dentala e Augenti, hanno riversato in 53 cartelle tutte le ar- i a r i o , , i o a e, a i e a. sv, inaair o o e l a a n : n : a, e e i o i a di oe a e o n n err- tgomentazioni che il P. M. ha I trascurato durante la requisitoria, attaccando, soprattutto, l'istruttoria Sepe nei punti dedicati alla Caglio. Le numerose e complesse deposizioni della figlia del notaio milanese sono state dilaniate dai due difensori di Piccioni. Per la riabilitazione morale e giuridica di Ugo Montagna, gli avvocati Vassalli e Lupis hanno riempito 106 cartelle: più contenuti sono gli avvocati Pericone e De Luca che in sole dieci cartelle hanno esaurito gli argomenti in difesa di Saverio Polito. Le ore passavano lente, esasperanti, in un'aria resa calda e irrespirabile dalla folle Alle 22,30 il pubblico era più fitto che all'inizio' dell'udienza, dopo oltre cinque ore -li attesa la curiosità di sentire la sentenza era rimasta intatta. Piccioni, Montagna e Polito per quanto stanchi e tediati, cercavano di mantenere intatta l'espressione di ilare sicurezza che accompagna i loro gesti e parole dal giorno in cui hanno sentito il P. M. chiedere la loro assoluzione. Essi non celavano più, ormai, la convinzione che il Tribunale avrebbe dichiarato la loro innocenza con la formula più ampia. Ma il tarlo del dubbio incominciò a roderli a mano a mano che il tempo passava. Il più patito dei tre appariva Polito che, stanco ed affranto, stava abbandonato su una sedia e volgeva intorno sguardi dai quali l'apprensione traspariva sempre più intensa. Trascorse ancora mezz'ora, erano ormai le 23 e nessun segno veniva dalla Camera di consiglio che preludesse a un rientro prossimo del Tribunale. Anzi, circolò la voce che i giudici avessero ordinato ad un vicino bar una piccola provvista di panini e birra. Un'altra ora sgocciolò lentissima, a mezzanotte il volto dei protagonisti appariva contratto nello sforzo di non lasciarsi sopraffare dal pessimismo. « Incomincio a sentirmi inquieto », disse l'avv. Carnelutti. Leone Piccioni, che durante l'arringa in difesa di suo fratello aveva pianto con sincero accoramento, appariva abbat tuto. « Questa lunga discussione non prelude a nulla di buono », diceva agli amici con voce in cui risuonava la paura, ma poi si riaccostava al fratello e discorreva con lui con tono quasi gaio per non comunicargli i suoi .timori. Senza tradire emozioni, Ugo Montagna si accostava a un gruppo, ascoltava sorridendo le conversazioni, poi, mani in tasca, puntava verso un altro gruppo di curiosi. Dietro la transenna il pubblico continuava a rinnovarsi. A mezzanotte incominciarono ad affluire quelli che, solitamente, fanno le ore piccole sotto i portici di piazza San Marco. Poi è entrato il Tribunale, il Presidente ha letto il dispositivo di sentenza e gl'incubi si sono dissolti. Appena la voce del dott. Tiberi ha dichiarato: « L'udienza =• tolta », alcuni del pubblico hanno tentato un applauso, subito spento. Nell'emiciclo si svolgevano scene d'en tusiasmo. Piccioni sorrideva Montagna e Polito abbracciavano i loro avvocati, mentre i fotografi, finalmente liberi di operare, esplodevano i loro flashes. Terminate le scene di entusiasmo l'aula si è vuotata lentamente, ultimi ad uscire sono stati i tre assolti accompagnati dai loro patroni. Cadeva una pioggia sottile e monotona, ma nemmeno 11 vecchio Polito pareva sentire quel battere rapido e freddo delle gocce scompaginate dal vento Francesco Rosso Dopo sette ore e mezzo di Camera di consiglio, il Tribunale è rientrato nell'aula. Il presidente legge la sentenza. (Tel.) I/ex-questore Saverlo Polito fotografato dopo la sentenza di assoluzione. (Telefato)