Rischi d'una crisi di Ferdinando Di Fenizio

Rischi d'una crisi La situazione finanziaria francese Rischi d'una crisi La caduta del Ministero Mollet fu già discussa, in questi giorni, ponendo in luce le sue immediate cause politiche. Quanto alle remote cause economiche che hanno favorito codesta crisi (cioè il duro disavanzo nel bilancio statale ed il pericoloso deficit della bilancia dei pagamenti), esse rimangono immutate da mesi e non conviene discuterne di nuovo. E' invece indubbia l'opportunità di esaminare le conseguenze probabili della crisi governativa francese. Esse possono venir riassunte sotto due soli titoli: sviluppi della crisi del franco e sviluppi del Mercato comune europeo; pertanto, sotto questa forma, riguardano l'Italia da vicino. Oggi, un poco dovunque, si muovono vivaci rimproveri a Guy Mollet di non aver saputo affrontare la questione del franco mediante un coraggioso piano organico, ma di essersi sempre appagato di mezze misure. Ed e vero. Basterebbe la politica di strenua, quanto assurda difesa dell'indice del costo della vita, basato sui famosi 213 articoli (col bel risultato che si pubblicano oggi grafici con due curve: una relativa all'indi ce ufficiale, l'altra che reca la scritta « indice non sofisticato » ! ) ; oppure basterebbero le stesse proposte di nuovi tributi, sui quali cadde il Ministero. In tutto non avrebbero recato nuove entrate se non per un cen tinaio di miliardi, quando ne occorrevano almeno un terzo di più. Ma da ciò, cioè da questa evidente constatazione, discende che il nuovo governo — appena aseuprrddppneMffnesnitrtncelgtltpmazcvrzsstgtdcmgaleletto — dovrà riesaminare, la situazione della moneta; e se non deciderà di svalutare il franco, ciò che è improbabilissimo, sarà costretto ad una politica monetaria ben più organica, ma altresì ben più severa di quella che la Francia sinora non ebbe. Dove si andrà? Esclusa la eventualità remotissima che giungano aiuti dall'America, esclusi nuovi sostanziosi prestiti da parte del Fondo Monetario Internazionale, il nuovo governo dovrà prima di tutto riequilibrare la bilancia dei pagamenti. E poiché sino ad ora le misure di Mollet ebbero risultati insignificanti, si discorre di nuovi aiuti alle esportazioni; di più stretti freni alle importazioni, compresa forse una transitoria soppressione di ogni provvedimento liberatorio negli scambi con l'estero. Ci si riferisce infine alla compressione sia della domanda pubblica (superato il piano delle famose economie per 250 miliardi, proposto dal governo uscente) sia della domanda globale privata. Qui si avrebbero le più grosse novità: nuove imposte si affiancherebbero a quelle proposte da Mollet. Si considera poi, in aggiunta, l'opportunità di introdurre anche in Francia un meccanismo creditizio che già opera altrove, anche da noi. Le Banche di credito ordinario dovrebbero depositare obbligatoriamente una variabile quota delle loro disponibilità presso la Banca di Francia, non percependo alcun interesse. L'istituto d'emissione « renderà sterili » queste disponibilità; e, manovrando la percentuale delle riserve obbligatorie, avrebbe a sua disposizione uno strumento creditizio più flessibile dello sconto e persino delle ' tradizionali « operazioni di mercato aperto ». Non ci vuol nulla di più di queste discussioni per rendere le Banche francesi guardinghe, ili questo momento. Non occorrerebbe nemmeno la minaccia, che pur si profila, di accrescere la quota di titoli pubblici che esse deb- mbono sottoscrivere ad ogni nuova emissione. Il secondo campo in cui la caduta del governo francese potrà arrecare qualche novità riguarda il Mercato comune. In tutti i sei Paesi europei gli accordi siglati a Roma nel marzo scorso furono studiati e pubblicamente discussi, e forse non è difficile classificare ordinatamente le reazioni che ne derivarono. La Germania occidentale considera il Mercato comune con un certo ottimismo; con vigile ma favorevole interesse esso è discusso in Italia e nei tre Paesi del Benelux. Invece la Francia diffida. Si va colà ripetendo che soltanto la Germania occidentale potrà trarre profitto dai nuovi trattati, perché ha un sistema fiscale più flessibile di quello francese (i vari Lànder, infatti, hanno facoltà di larga manovra nel carico tributario, a vantaggio della produzione) ; perché possiede una mano d'opera più abile e più propensa a spostarsi da un luogo all'altro; ed infine perché dispone di una classe imprenditoriale più incline a decisioni coraggiose e soprattutto a rinnovare l'apparato produttivo, non appena esso si dimostri tecnicamente superate. Cosicché si ripete: perché dobbiamo aderire, noi francesi, senza ulteriore esame al Mercato comune? M'ingannerò, ma tengo per fermo che questi dubbi si faranno strada presso il nuovo governo francese; ed esso potrebbe mostrarsi assai meno disposto del Gabinetto Mollet ad una difesa in Parlamento dei nuovi trattati. Queste le incertezze generate dall'attuale crisi politica francese. Esse peseranno sull'Europa, e quindi anche su di noi, per parecchi e parecchi giorni. Ma se è lecito esprimere a loro riguardo un augurio, esso potrebbe manifestarsi così : l'Italia è pronta a sopportare volonterosamente le ripercussioni del risanamento monetario francese. Tanto, a più o meno lunga scadenza, esso è inevitabile e di comune vantaggio. Però, vivaddio, non si mutino le direttive in fatto di unificazione europea. In questa fase i dubbi sarebbero rovinosi, e forse renderebbero del tutto irrealizzabile un progetto che presenta un manto di ben studiate « clausole di salvaguardia » e che, più che dalle leggi dell'economia, è imposto da un travolgente progresso tecnico. Ogni bilancio, in dare o avere, si riferisce ad un solo momento. Supponiamo pure che, dopo il primo an no <ji unificazione, la Ger¬ mania abbia guadagnato più degli altri cinque Stati contraenti. Ma si potrà forse ripetere lo stesso fenomeno dopo un quinquennio? Non foss'altro, l'imitazione è una molla potente per modificare il comportamento collettivo. Ora, codeste modificazioni di certo in un anno non si ottengono; ma, in un quinquennio o in un decennio, si possono ben ottenere. Ferdinando di Fenizio

Persone citate: Guy Mollet, Mollet